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sabato 29 dicembre 2012

CONTRO I SINDACATI CORPORATIVI DEI DIRIGENTI STATALI SIAMO DALLA PARTE DI GIAVAZZI,ALESINA E DI COLORO CHE, SE DIRIGENTI, SERVANO IL PAESE E NON SE' STESSI E I LORO PADRINI

Levata di scudi dei sindacati corporativi della dirigenza statale contro l'articolo di Giavazzi e Alesina intitolato: “I distruttori delle riforme”
Per chi non ricordasse, clicchi sul seguente link:
Si esordisce con banalità belle e buone, dichiarando di rappresentare la dirigenza che vuole le riforme. Ma tutti in Italia vogliono le riforme. Solo con un piccolo particolare: che nessuno precisa quali siano le riforme che si vogliono, quindi è sottinteso che, dato che nel mondo del lavoro nessuno è masochista, il criterio sia quello “purchè non vengano lesi i nostri interessi” (e questi, invece, ogni categoria sa benissimo quali siano).Altra ipocrisia, quella di presumere che la dirigenza sia abituata a rispettare le leggi, quando è ormai comunemente acquisita la convinzione che in Italia (Giovanni Giolitti) “Per i cittadini le leggi si applicano, per gli amici si interpretano, per alcuni si eludono “. E poiché il politico si occupa di politica e di farle, le leggi, e l'impiegato dipende dal dirigente, ormai dovrebbe essere scontato che sia quella del dirigente la figura più rilevante di quella delicata fase.
Che certa dirigenza non voglia essere eletta, lo sapevamo. Ovvio: per non dover rendere conto a nessuno dei propri abusi . Ma nessuno ha mai chiesto questo (l'elettività). Quel che si pretende è che la dirigenza faccia funzionare lo Stato al meglio, coordinandosi e non remando contro dei politici che siano eletti dal popolo.Se il dirigente, come avviene ora, ha la libertà di ostacolare l'esplicarsi della volontà popolare è come se si inserisse della sabbia in un motore. Se la maggioranza dell'elettorato dà fiducia a una determinata coalizione è giusto che alla stessa venga messa a disposizione la macchina migliore possibile, scegliendosene gli uomini che la compongono, in modo da non avere alibi in caso di fallimento, pagando l'incapacità con la mancata rielezione.E se un dirigente dimostra capacità e applicazione in un quinquennio perchè non potrebbe vedersi riconfermato nell'incarico? Quale politico, anche di parte avversa, avrebbe interesse a non farlo? Questa storia poi che i dirigenti non possano operare perchè i politici non sanno fare le leggi non la beve più nessuno.Tutti sanno ad esempio che la Fornero ha toppato sulla vicenda esodati non perchè era con la testa fra le nuvole ma perchè tradita dai dirigenti del suo Ministero cui aveva affidato, giustamente, l'elaborazione della riforma dal punto di vista tecnico.Chi ha pagato per questo svarione che ha rovinato la vita a migliaia di persone? Ancora stiamo aspettando che in quel Dicastero qualcuno venga avvicendato da gente più preparata colpevole solo di non far parte di cordate di padrini presenti e passati (ma ancora presenti...).Potremmo fare decine di altri esempi come questo.Lo Spoils System istituzionalizzerebbe questa sana pulizia periodica, liberando la PA da dirigenti incapaci che tolgono lavoro ad altri dirigenti più preparati e bravi.Quelli che “adattano” le proposte di efficientamento della PA non sono i politici i quali vanno e vengono e spesso non sanno neppure come è fatta l'amministrazione di cui vengono nominati ministri (tanto sanno che stando così le cose, sarebbe fatica sprecata cercare di apprendere e quindi si affidano al capo di gabinetto o a referenti interni magari conosciuti in passato) ma i padrini, quelli che vogliono mantenere i posti inutili per gli amici incapaci o peggio.
Altra perla è quella di rivendicare maggiore attendibilità per il solo fatto di essere riusciti a essere ricompresi nelle OO.SS. Rappresentative in alcune aree della dirigenza.Ma come? Non avevamo detto che la dirigenza è al servizio dello Stato, quindi dei cittadini? E si ha presente cosa pensano i cittadini della Pubblica Amministrazione diretta, in ogni ramo, da anni, da chi ha vinto un concorso ed è stato nominato con i meccanismi che tutti conosciamo?Cerchiamo quindi innanzitutto di ripristinare livelli minimi di decenza nei comportamenti di fronte all'opinione pubblica (esempio: perchè i dirigenti del Ministero del Lavoro non restituiscono i premi di recente elargiti a pioggia, senza effettivi criteri meritocratici dalla Fornero,
chiedendo innanzitutto che siano rideterminati , rendendo pubblici non solo le somme ma soprattutto quali obbiettivi si sarebbero raggiunti da ognuno tali da giustificare l'eventuale premio?E restituendo ciò che avanza allo Stato?) dopo, ma solo dopo, una categoria di lavoratori potrà dire la sua su un problema (l'eventuale adozione di un sistema di spoils system) che , ovviamente, è soprattutto di interesse generale e solo di riflesso categoriale. Non c'è di peggio, per ogni Casta, che le proprie questioni vengano portate in piazza da chi, per giunta, come gli illustri professori, non può venir colpito dalle ritorsioni di una Pubblica Amministrazione che al suo interno, ci risulta, non a caso, sia divenuta molto più spietata nell'utilizzo dello strumento disciplinare finalizzato a non far trapelare verità scomode. E chi è deputato ad avviare l'azione disciplinare?Guarda caso: il dirigente.
La reazione scomposta della dirigenza a questi rilievi di Giavazzi e Alesina si sta quindi trasformando in un boomerang per la Casta dirigenziale rivelando all'opinione pubblica che esiste da anni una questione di democrazia e di limitazione di diritti che va risolta (è noto che per il dipendente pubblico, in conflitto col dirigente, l'attuale normativa preveda una tutela giurisdizionale pressochè inesistente).
E' addirittura comico che dirigenti sindacali pubblici abbiano elaborato un manifesto (mandandolo al Corriere della Sera ) non per dire chiaramente cosa loro ritenessero giusto ma per far recitare a un ipotetico cittadino una specie di poesia di natale in cui egli descrivesse il suo ideale di dirigente statale. Cioè, questi signori sono talmente abituati a fare il bello e il cattivo tempo che addirittura trattano il cittadino come quel pappagallo in braccio al ventriloquo cui viene fatto dire di tutto e di più secondo i propri comodi.
Ognuno è libero di scrivere ciò che crede come vuole, suggeriremmo però, per testare appieno il sostegno popolare alle tesi di questi sindacati corporativi che ambiscono a parlare anche in nome del popolo, di far visionare (e controfirmare, per solidarietà) i punti del manifesto:
  • a quei giovani laureati senza entrature che hanno sperimentato sulla loro pelle cosa significhi tentare di diventare dirigente pubblico tramite concorso
  • a quei dipendenti pubblici che sanno effettivamente se è vero che i più bravi e solo loro possano diventare in Italia dirigenti pubblici
  • a coloro che invano cercano su internet gli obbiettivi chiari e misurabili su cui si è convinti che si siano misurati i dirigenti
  • agli impiegati che custodiscono i faldoni o i files contenenti le “valutazioni meritocratiche” di dirigenti verso altri dirigenti e a tutti gli studiosi che da decenni elaborano ipotesi su sistemi valutativi attendibili per i dirigenti
  • agli impiegati che hanno lavorato fianco a fianco con dirigenti che hanno servito lo stato con poca dignità e poco onore, spesso silenti per timore
  • ai cittadini e alle imprese che hanno ricevuto danni irreparabili a causa dei tempi e delle modalità di attuazione delle leggi da parte di dirigenti pubblici
  • agli aspiranti dirigenti di giovane età che dovrebbero attendere che per 40 anni o più il dirigente possa esercitare la propria funzione, indipendentemente dai risultati e alla faccia delle attuali normative che prevedono il contratto a tempo determinato
  • ai politici che si sono visti sistematicamente boicottati dalla dirigenza (e dai sindacati loro alleati) quando hanno tentato di cambiare qualcosa nel funzionamento del proprio dicastero, dovendosi arrendere
E' singolare che si trasformi la realtà, non ammettendo che non è il cittadino che non vuole che il dirigente sia amico del politico di turno ma è il dirigente che è terrorizzato dall'eventuale amicizia del cittadino col politico.E spinge il cittadino ad avvicinare il politico per chiedere un favore, essendo questa l'unica condizione per avere, in tempi brevi, quanto occorre a sé stesso o alla propria azienda per sopravvivere.E' tutto il meccanismo quindi che è bloccato (soprattutto in certe zone del paese). Il rimedio è in un cittadino con un maggiore senso civico, in un politico correttamente scelto dal popolo disincentivato a praticare la corruzione ma, soprattutto, in una dirigenza soggetta a un rinnovamento periodico e predeterminato, per evitare incrostazioni e deviazioni personalistiche o di gruppo di interesse.
I dirigenti italiani dovrebbero smetterla di dare sostegno a questi falsi e fallimentari tutori sindacali dei loro interessi. Perchè fallimentari? Perchè hanno posto la dirigenza contro il popolo italiano, invece di renderla protagonista del necessario cambiamento, condannandoli, alla lunga, a una sicura sconfitta .Il cittadino non è stupido, comprende, quando ha un rapporto di anni con un ufficio importante per la propria vita e per il proprio lavoro, che se i politici (e i partiti) vanno e vengono, gli impiegati sono tartassati, malpagati e umiliati e i dirigenti mantengono la stessa poltrona per anni senza che ciò sia giustificato da risultati, è nella dirigenza che c'è qualcosa che non va. I sindacati della dirigenza se la prendono con i politici, ma vi ingannano. Chi è dentro a queste realtà sa che vi sono figure nell'ombra, tramite tra dirigenza e politici (e partiti) di turno, spesso ex dirigenti e/o sindacalisti di quella amministrazione (i padrini) , che pochi (i sindacati sicuramente)conoscono ma che tirano le fila dei “movimenti” che contano. Che sono in grado di far stare sulla stessa poltrona per anni lo stesso dirigente o di avvicendarlo, mettendo ogni pedina al proprio posto, anche tramite trasferimenti velocissimi. Spesso lo scambio di favori e il nepotismo e non certo il pubblico interesse è il motore di questi movimenti.
E' umiliante che ancora in Italia una persona brava e preparata che voglia fare carriera debba sottostare a queste logiche e compromessi. Ecco, questo è ciò contro cui devono combattere i dirigenti che intendano servire lo Stato e non altre entità. Lo Spoils System è temutissimo da questo sistema perchè da una parte promuoverebbe il periodico forzato cambiamento togliendo il potere a questi “pupari” e dall'altra creerebbe un legame forte tra cittadini elettori, politica, dirigenza per una PA più efficiente, rendendo inutile il ruolo di questi convitati di pietra.
Come vedete, siamo di fronte ad un altro esempio di come la nostra povera Carta Costituzionale (in alcune parti, certamente, da cambiare) sia stata strumentalizzata per scopi tutt'altro che alti.
Speriamo che le prossime elezioni portino elementi di novità in materia.

venerdì 28 dicembre 2012

MINISTRO FORNERO: I BOTTI DI FINE ANNO (E MANDATO)

Da HUFFINGTON POST
http://www.huffingtonpost.it/2012/12/28/bando-lampo-al-dipartimento_n_2374110.html?utm_hp_ref=italy

Autore:

"""""""""Bando lampo al Dipartimento Pari Opportunità di Elsa Fornero. A Natale si cercano quattro consulenti, ma ci sono solo sette giorni di tempo per la domanda.

Quattro incarichi di consulenza della durata di diciotto mesi con compensi variabili tra i 30 mila e gli 80 mila euro all'anno. L'offerta messa a disposizione dal dipartimento delle Pari Opportunità che fa capo al ministro Elsa Fornero è allettante. Prerequisiti: una buona conoscenza dell'inglese, una laurea magistrale, esperienza nella pubblica amministrazione con piccole sfumature a seconda dei progetti legati a ciascun incarico.
Bando pubblico, all'insegna della massima trasparenza. E, nomen omen, delle pari opportunità. O quasi. Perché l'avviso di selezione è stato pubblicato sul sito del dipartimento giovedì 20 dicembre, e a pagina 7 comma 9 il testo recita: "La candidatura deve essere compilata entro sette giorni dalla data di pubblicazione del presente Avviso.". Una settimana di tempo, compresi un weekend, due festivi e un prefestivo: 22, 23, 24, 25 e 26. Un'impresa da maratoneti natalizi.
Non solo, anche i più attenti e assidui visitatori del sito del dipartimento delle Pari Opportunità che avessero potuto notare per tempo il bando e trovato il modo - festività permettendo- di presentare la domanda nel tempo utile hanno dovuto però scontrarsi con un'altra limitazione non da poco, resa manifesta soltanto qualche riga prima del capitolo precedente. Pagina 6, comma 6: "Nella procedura di valutazione si terrà conto delle pregresse esperienze di collaborazione con Dipartimento Pari Opportunità". Insomma, lingue, laurea, merito & co sono condizioni necessarie ma non sufficienti. Meglio ancora potere fare affidamento si chi vanta già esperienze all'interno dello stesso dipartimento.
Nessuna anomalia secondo i tecnici del dipartimento. "La ricerca dei consulenti avviene tramite una selezione all'interno della nostra banca dati" spiega il Dott. Alberto De Stefano, responsabile del procedimento (firmato dal capo del Dipartimento Patrizia De Rose). "I sette giorni sono il periodo in cui è possibile presentare la propria candidatura all'albo degli esperti da cui poi si attinge per la ricerca dei profili, tutto con la massima trasparenza"."""""""""

venerdì 21 dicembre 2012

tirocini formativi: per la Corte Costituzionale è illegittima la regolamentazione statale della durata e dei requisiti

"""""""""SENTENZA N. 287
ANNO 2012
LA CORTE COSTITUZIONALE
(...)
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 11 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, promossi con autonomi ricorsi dalle Regioni Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria e dalla Regione autonoma Sardegna, (...)
2.— La presente decisione ha ad oggetto unicamente l’impugnazione dell’art. 11 del citato decreto-legge, il cui contenuto è il seguente: «1. I tirocini formativi e di orientamento possono essere promossi unicamente da soggetti in possesso degli specifici requisiti preventivamente determinati dalle normative regionali in funzione di idonee garanzie all’espletamento delle iniziative medesime. Fatta eccezione per i disabili, gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti e i condannati ammessi a misure alternative di
detenzione, i tirocini formativi e di orientamento non curriculari non possono avere una durata superiore a sei mesi, proroghe comprese, e possono essere promossi unicamente a favore di neo-diplomati o neo-laureati entro e non oltre dodici mesi dal conseguimento del relativo titolo di studio. 2. In assenza di specifiche regolamentazioni regionali trovano applicazione, per quanto compatibili con le disposizioni di cui al comma che precede, l’articolo 18 della legge 24 giugno 1997 n. 196 e il relativo regolamento di attuazione».
3.— Le Regioni Emilia-Romagna, Liguria ed Umbria, in termini analoghi, lamentano che le disposizioni impugnate violino l’art. 117, quarto comma, Cost., in quanto, disciplinando i tirocini formativi e di orientamento non curriculari, dettano una normativa che rientra nella materia di competenza regionale residuale inerente la «istruzione e formazione professionale».
(...)
3.— I ricorsi sono fondati. La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che, dopo la riforma costituzionale del 2001, la competenza esclusiva delle Regioni in materia di istruzione e formazione professionale «riguarda la istruzione e la formazione professionale pubbliche che possono essere impartite sia negli istituti scolastici a ciò destinati, sia mediante strutture proprie che le singole Regioni possano approntare in relazione alle peculiarità delle realtà locali, sia in organismi privati con i quali vengano stipulati accordi» (sentenza n. 50 del 2005). Viceversa, la disciplina della formazione interna – ossia quella formazione che i datori di lavoro offrono in ambito aziendale ai propri dipendenti – di per sé non rientra nella menzionata materia, né in altre di competenza regionale; essa, essendo intimamente connessa con il sinallagma contrattuale, attiene all’ordinamento civile, sicché spetta allo Stato stabilire la relativa normativa (sentenza n. 24 del 2007).
La giurisprudenza successiva ha avuto modo di precisare, peraltro, che i due titoli di competenza non sempre appaiono «allo stato puro» (così la sentenza n. 176 del 2010 in relazione al regime dell’apprendistato), ed ha chiarito che il nucleo «di tale competenza, che in linea di principio non può venire sottratto al legislatore regionale (…) – al di fuori del sistema scolastico secondario superiore, universitario e post-universitario – cade sull’addestramento teorico e pratico offerto o prescritto obbligatoriamente (sentenza n. 372 del 1989) al lavoratore o comunque a chi aspiri al lavoro: in tal modo, la sfera di attribuzione legislativa regionale di carattere residuale viene a distinguersi sia dalla competenza concorrente in materia di istruzione (sentenza n. 309 del 2010), sia
da quella, anch’essa ripartita, in materia di professioni (art. 117, terzo comma, Cost.), nel quadro della esclusiva potestà statale di dettare le norme generali sull’istruzione (art. 117, secondo comma, lettera n, Cost.)» (così la sentenza n. 108 del 2012).
Il titolo di competenza residuale ora richiamato si applica anche alla Regione Sardegna, in virtù della clausola di maggior favore di cui al citato art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001.
4.— Ora, alla luce del menzionato, costante orientamento di questa Corte, appare evidente che il censurato art. 11 si pone in contrasto con l’art. 117, quarto comma, Cost., poiché va ad invadere un territorio di competenza normativa residuale delle Regioni.
Il comma 1 della disposizione, infatti, interviene a stabilire i requisiti che devono essere posseduti dai soggetti che promuovono i tirocini formativi e di orientamento. La seconda parte del medesimo comma, poi, dispone che, fatta eccezione per una serie di categorie ivi indicate, i tirocini formativi e di orientamento non curricolari non possono avere una durata superiore a sei mesi, proroghe comprese, e possono essere rivolti solo ad una determinata platea di beneficiari. In questo modo, però, la legge statale – pur rinviando, nella citata prima parte del comma 1, ai requisiti «preventivamente determinati dalle normative regionali» – interviene comunque in via diretta in una materia che non ha nulla a che vedere con la formazione aziendale.
D’altra parte, che la normativa in esame costituisca un’indebita invasione dello Stato in una materia di competenza residuale delle Regioni è confermato dal comma 2 del censurato art. 11, il quale stabilisce la diretta applicazione – in caso di inerzia delle Regioni – di una normativa statale, ossia l’art. 18 della legge n. 196 del 1997 – peraltro risalente ad un momento storico antecedente l’entrata in vigore della riforma costituzionale del 2001 – che prevede l’adozione di una disciplina volta a «realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro e di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro, attraverso iniziative di tirocini pratici e stages a favore di soggetti che hanno già assolto l’obbligo scolastico».
(...)
è principio consolidato che il titolo di competenza costituito dai livelli essenziali delle prestazioni – che non individua una materia in senso stretto, quanto, invece, una competenza del legislatore statale idonea ad investire tutte le materie (sentenza n. 322 del 2009) – «non può essere invocato se non in relazione a specifiche prestazioni delle quali la normativa statale definisca il livello essenziale di erogazione (sentenze n. 383 e n. 285 del 2005), mediante la determinazione dei relativi standard strutturali e qualitativi, da garantire agli aventi diritto su tutto il territorio nazionale in quanto concernenti il soddisfacimento di diritti civili e sociali tutelati dalla Costituzione stessa» (sentenza n. 232 del 2011).
È evidente, invece, che nel caso in esame si è fuori da simile previsione, e ciò a prescindere da ogni valutazione in merito alle finalità perseguite con l’intervento normativo statale.
6.— L’art. 11 del d.l. n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, pertanto, deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art. 117, quarto comma, della Costituzione
(...)
11 dicembre 2012.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Sergio MATTARELLA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
(...)"""""""""

mercoledì 19 dicembre 2012

“ASPI” , “MINI-ASPI 2012” e “MINI-ASPI” : LE ULTERIORI ISTRUZIONI DELL'INPS SULLA NUOVA “DISOCCUPAZIONE”

L'INPS fornisce alcuni chiarimenti in merito all'Indennità di disoccupazione "mini-ASpI 2012":


L'INPS ritiene che l'ipotesi della procedura di licenziamento per giustificato motivo oggettivo conclusa in sede conciliativa con una risoluzione consensuale configuri un'ipotesi di cessazione involontaria del rapporto di lavoro, dando così titolo all’accesso alla tutela del reddito corrispondente:
http://www.inps.it/bussola/VisualizzaDoc.aspx?sVirtualURL=%2fMessaggi%2fMessaggio%20numero%2020830%20del%2018-12-2012.htm
L'INPS fornisce le istruzioni circa le nuove discipline, previste dall'articolo 2 della Legge n. 92/2012 (Riforma del Mercato del Lavoro), conosciute come: Indennità di disoccupazione ASpI e mini–ASpI:
http://www.inps.it/bussola/VisualizzaDoc.aspx?sVirtualURL=%2fCircolari%2fCircolare%20numero%20142%20del%2018-12-2012.htm

martedì 18 dicembre 2012

PRECARI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: IL SALVATAGGIO

DA IL MESSAGGERO DEL 17.12.2012

Precari, ecco chi si salverà nel pubblico impiego

La proroga dei contratti a luglio riguarderà soprattutto gli enti locali e il servizio sanitario nazionale. Parte la trattativa tra i sindacati e l’Aran per definire durata, intervalli e deroghe per il lavoro flessibile

LA MAPPA

ROMA Lavorano per Regioni e Comuni e per il Servizio sanitario nazionale. Sono soprattutto loro i precari della pubblica amministrazione che possono trovare una temporanea salvezza nella proroga dei contratti triennali al 31 luglio 2013. La modifica è stata presentata dal governo al Senato e inserita nella legge di stabilità. La mappa di chi entra e chi esce ha bisogno ancora di una serie di passaggi per chiarirsi definitivamente. Il primo, è l’accordo quadro che i sindacati sono chiamati a concludere con l’Aran per definire le regole relative ai contratti a tempo determinato sia per quanto riguarda la loro durata (massimo 36 mesi, ma è prevista la deroga nel caso di contrattazione collettiva), sia per l’intervallo tra un contratto e l’altro, che per definire i casi di proroghe e rinnovi. Con ogni probabilità tutto ciò avverrà a gennaio nonostante l’intenzione del ministro della Funzione pubblica Filippo Patroni Griffi fosse di stringere i tempi e di arrivarci entro fine 2012. Non è stato possibile e anche questa è una delle ragioni della proroga che riguarderà i contratti triennali in essere al 30 novembre e che scadranno a breve per essere prorogati fino, al massimo, alla fine di luglio.
La proroga non sarà automatica. E questa è una delle ragioni che renderanno la norma meno ampia di quanto si fosse pensato. Intanto non ci rientrano i 130.000 precari della scuola (per il comparto valgono regole diverse), oltre la metà dell’esercito dei 250.000 contratti a termine utilizzati nella pubblica amministrazione. Riguarderà solo marginalmente l’amministrazione centrale poiché sono pochi, appena 14.893 (quasi 6 mila nella Ricerca e Università), i precari utilizzati nei ministeri ed enti. Si concentrerà invece soprattutto nell’oceano dei 100.052 precari utilizzati dagli enti locali, la metà dei quali lavorano nelle Regioni a statuto ordinario (e nei relativi Comuni), un numero quasi alla pari con il gruppone del Servizio sanitario nazionale (35.194).
L’emendamento del governo prevede che i contratti possano essere prorogati, ferme restando le leggi in vigore. Quindi, rispetto dei vincoli finanziari e delle compatibilità con le piante organiche rivisitate dalla spending review. In altre parole, non potrà essere prorogato il contratto se il posto non c’è più. Lo stabiliranno, caso per caso, le singole amministrazioni. Un caso a parte è quello dei ricercatori: molti di loro non gravano sulla pubblica amministrazione, lavorano su progetti finanziati da dotazioni europee e quindi le amministrazioni possono prorogare i contratti per salvaguardare il completamento dei progetti (è il caso del rinnovo recentissimo, fino al 2016, per i precari dell’Istituto nazionale di sismologia). Restano fuori dalla proroga, infine, le altre tipologie di contratto flessibile come i co.co.co o i contratti di somministrazione.
L’altra parte dell’emendamento riguarda la stabilizzazione dei precari riservando loro una quota del 40% dei posti nei concorsi pubblici. Per usufruirne, però, bisogna innanzitutto che si facciano i concorsi; per parteciparvi occorre vantare 3 anni di esperienza di lavoro con l’amministrazione che indice il bando. Senza riserva possono accedere i cococo che hanno maturato almeno tre anni di contratti. Un decreto del presidente del consiglio stabilirà i dettagli tecnici entro il 31 gennaio.
Barbara Corrao

lunedì 17 dicembre 2012

ADDIO "Disoccupazione"! DALL'1.1.2013 ARRIVA L' "ASPI" (Assicurazione Sociale per l'Impiego)

L’articolo 2 della legge n. 92 del 28 giugno 2012 ha istituito, con decorrenza 1° gennaio 2013, l’Assicurazione Sociale per l’Impiego (ASpI), con la funzione di fornire un’indennità mensile di disoccupazione ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione. L’ASpI – che sostituisce la preesistente assicurazione contro la disoccupazione involontaria – si caratterizza per l’ampliamento della platea dei soggetti tutelati, per l’aumento della misura e della durata delle indennità erogabili agli aventi diritto, nonchè per un sistema di finanziamento alimentato da un contributo ordinario e da maggiorazioni contributive.
Clicca qui sotto e leggi la Circolare INPS per capire come funziona:
http://www.inps.it/bussola/VisualizzaDoc.aspx?sVirtualURL=%2fCircolari%2fCircolare%20numero%20140%20del%2014-12-2012.htm

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE ITALIANA: IL FUTURO E' UN BY-PASS?

da AFFARI ITALIANI
http://affaritaliani.libero.it/economia/delocalizzazione-imprese-italia-svizzera16122012.html?refresh_ce

Tutti oltre confine/ Le Pmi italiane delocalizzano in Svizzera. A Berna il fisco è market-friendly

Lunedì, 17 dicembre 2012 - 08:51:00
Di Guido Beltrame* La notizia viene data quasi sottovoce da un funzionario della dogana, difficile verificarla, improbabile che sia inventata. Ogni giorno lavorativo, dieci camion carichi di mobili da ufficio valicano il confine tra Italia e Svizzera. Sono aziende italiane che delocalizzano o si trasferiscono completamente. Certo, non vale l'equivalenza "un camion = una società", ma fossero anche solo 2 società al giorno i numeri dovrebbero far riflettere… E invece, per comodità o - peggio - per voluta disinformazione, qualcuno continua a sostenere che chi si trasferisce in Svizzera lo fa solo per pagare meno tasse o, ancora peggio, per frodare il fisco italiano. Una bella scusa per non voler ammettere e riconoscere le debolezze, le lacune, i tumori del sistema Italia.

Arriviamo subito al punto: il carico fiscale è, sì, inferiore in Svizzera rispetto all'Italia (ormai arrivata al top delle classifiche mondiali, quindi quasi qualsiasi Paese è più conveniente dal punto di vista fiscale del nostro), ma quello che attrae gli imprenditori italiani ad andare oltre confine con le loro aziende (o parte di esse) sono anche, se non soprattutto, altri fattori: certezza delle regole, burocrazia ridotta al minimo, funzionari pubblici collaborativi e non, nella maggior parte dei casi, svogliati o addirittura incredibilmente contrari a tutte le possibili soluzioni dei problemi.

Partiamo dal fisco. In Svizzera, ci sono poche e chiare regole. Se avete un dubbio o un problema si contatta l'ufficio di tassazione e lo si risolve insieme, collaborando senza prese di posizione preconcette. Il contribuente è l'anello fondamentale della catena, non la vittima sacrificale. Si arriva, persino, in alcuni casi a preconcordare quante tasse il contribuente/società dovrà versare. Una volta versata la somma concordata non ci saranno controlli ulteriori, nessuno studio di settore, redditometro o ispezione. Annualità chiusa e avanti per l'anno successivo. La collaborazione e l'accordo preventivo fanno in modo che il contenzioso tributario sia ridotto praticamente a livelli minimi con un gran beneficio per le casse della Pubblica Amministrazione. In Italia nel 2011 sono stati eseguiti quasi 700.000 accertamenti. Peccato, poi, che agli accertamenti non faccia seguito un effettivo beneficio per le casse dello Stato.
Le statistiche dicono che, in Italia, in secondo grado (oltre, c'è la Cassazione con costi di difesa spesso insostenibili o non ragionevoli per il contribuente - non per il fisco che è difeso "gratis" dallo Stato) il contribuente ha totalmente ragione nel 45% dei casi, nel 9% dei casi il contribuente ha ragione parzialmente, il fisco vince completamente nel 41% mentre il restante 5% dei casi (fonte Ministero Economia e Finanze) il contenzioso ha un altro esito (difficile da capire quale possa essere…). Considerando, inoltre, che quasi sempre le spese di giudizio vengono compensate tra le parti, si deve concludere che il contribuente italiano è indubbiamente vessato dal fisco. Chi di noi, se sbagliasse il 50% delle sue scelte nel lavoro, riuscirebbe a sopravvivere? Probabilmente dovrebbe cambiare lavoro. I dirigenti e i funzionari del fisco sono ben più fortunati dei comuni mortali: sbagliano una mossa su due, e nessuno gli muove la benchè minima critica. Non solo, ma i costi di questa enorme macchina burocratica legata al contenzioso, non appesantiscono forse il bilancio dello Stato?

*L'autore è un dottore commercialista che esercita sia a Milano che a Chiasso

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COMMENTO ALP-AGL:

Questo articolo pensiamo sia molto utile per far capire a tutti i dipendenti pubblici italiani quale sia il terreno dove si gioca il loro futuro. Non le elezioni delle RSU che si tengono ogni tre anni e che formano organismi che non contano nulla, non l'iscrizione e l'attività per sindacati che, se rappresentativi, non esistono nell'interesse dei lavoratori ma per gli scopi dei loro vertici che intrecciano giochi perversi con certa parte della dirigenza pubblica e del mondo politico. Non nel riscuotere, seppur con regolarità (fino a quando?) , quel misero stipendio (compresi i FUA e le strampalate ripartizioni che se ne fanno) ormai eroso fino all'osso e che consente a malapena di mangiare, non nello sperare in una pensione pubblica che tra qualche anno sarà alleggerita fino a volare via, non nella previdenza integrativa, concepita a uso e consumo di grandi sindacati, compagnie assicurative e banche che vogliono esercitarsi a fare gli speculatori di borsa con le vostre liquidazioni, facendovele sparire. Non nell'ossequiare un dirigente per il quale voi siete solo dei soldatini da mettere in campo per continuare ad avere titolo a sedere sulla propria poltrona.
L'unica maniera per capovolgere questo amaro destino è entrare in rapporto diretto con cittadini e imprese, capire le loro esigenze, collaborare tutti per un nuovo Stato, una nuova Pubblica Amministrazione, mandando in soffitta i vecchi Sindacati e i vecchi Partiti che vi hanno usato, portato a questo punto e che tra poco vi butteranno via.
Che il 2013 sia l'anno dal quale cominci la rimotivazione personale e la capacità di riorganizzarsi in forme nuove. D'altronde, peggio di così...

martedì 11 dicembre 2012

SPOILS SYSTEM: FINALMENTE NON SIAMO PIU' SOLI, IN ITALIA, A SOSTENERLO APERTAMENTE

DAL “CORRIERE DELLA SERA” DEL 5.12.2012

I distruttori delle riforme

di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi



“Sì dice spesso che le riforme non si fanno perché lo slancio riformatore di molti governi (compreso quello attuale) è bloccato dai partiti, i quali in Parlamento difendono gli interessi di chi, per effetto di quelle riforme, perderebbe i propri privilegi. Vero, ma non è l’unico scoglio. Un altro ostacolo, altrettanto importante, è frapposto dalla burocrazia e dai suoi alti dirigenti. Un esempio: da oltre sei mesi si discute di come eliminare i sussidi e le agevolazioni di cui godono talune imprese (senza vi sia alcuna evidenza che questi aiuti favoriscano la crescita), in cambio di una riduzione del cuneo fiscale, cioè restringendo la forbice che separa il costo del lavoro per l’impresa dal salario percepito dal lavoratore. È una scelta con la quale concordano sia Confindustria sia i sindacati.
Ma la proposta, pur auspicata dal presidente del Consiglio, non è neppure arrivata in Parlamento: da mesi la burocrazia la blocca. Perché? Semplice: eliminare questo o quel sussidio significa chiudere l’ufficio ministeriale che lo amministra e assegnare il dirigente che lo guida a un diverso incarico. Ciò per lui significa perdere il potere che deriva dall’amministrare ingenti risorse pubbliche. È così che i dirigenti si oppongono sempre e comunque a riduzioni della spesa che amministrano, indipendentemente dal fatto che serva, o meno, a qualcosa. Ma basta questo per bloccare una riforma che anche i partiti in Parlamento auspicano? Perché la burocrazia ha questo potere? Fino a qualche anno fa i funzionari erano di fatto inamovibili: i ministri andavano e venivano, ma i dirigenti dei ministeri rimanevano. Non è più così. Oggi gli alti funzionari si possono sostituire, e tuttavia nulla è cambiato.
Il motivo del loro potere è più sottile e ha a che fare con il monopolio delle informazioni. La gestione di un ministero è una questione complessa, che richiede dimestichezza con il bilancio dello Stato e il diritto amministrativo, e soprattutto buoni rapporti con la burocrazia degli altri ministeri. I dirigenti hanno il monopolio di questa informazione e di questi rapporti, e hanno tutto l’interesse a mantenerlo. Hanno anche l’interesse a rendere il funzionamento dei loro uffici il più opaco e complicato possibile, in modo da essere i soli a poterli far funzionare. E così quando arriva un nuovo ministro, animato dalle migliori intenzioni (soprattutto se estraneo alla politica e per questo più propenso al cambiamento), a ogni sua proposta la burocrazia oppone ostacoli che appaiono incomprensibili, ma che i dirigenti affermano essere insormontabili.
E comunque gli ricordano che prima di pensare alle novità ci sono decine di scadenze e adempimenti di cui occuparsi: non farlo produrrebbe effetti gravissimi. Spaventato, il ministro finisce per affidarsi a chi nel ministero c’è da tempo. È l’inizio della fine delle riforme. E se per caso il governo ne vara qualcuna senza ascoltare la burocrazia, questa mette in campo uno strumento potente: solo i dirigenti, infatti, sono in grado di redigere i decreti attuativi, senza i quali la nuova legge è inefficace. Basta ritardarli o scriverli prevedendo norme inapplicabili per vanificare la riforma.
Prendiamo il caso delle pur timide liberalizzazioni varate in primavera con il decreto «cresci Italia»: come ricordava il Corriere il 19 novembre, fino a poche settimane fa, su 53 regolamenti attuativi ne erano stati emanati soltanto 11.
Che fare? La prima decisione di ogni nuovo ministro deve essere la sostituzione degli alti dirigenti del ministero che gli è stato affidato, a partire dal capo di gabinetto. Il ricambio deve cominciare da coloro che da più tempo occupano lo stesso posto e per questo sono spesso i più conservatori, cioè i meno propensi al cambiamento. I costi sono ovvi: un nuovo dirigente ci metterà un po' a prendere in mano le redini del ministero. Ma è un costo che val la pena pagare, quanto più si vuol cambiare.
Certo, c'è il rischio che le nomine siano solo politiche, e cioè che invece di dirigenti preparati il ministro scelga in base alle appartenenze politiche. Questo è possibile, ma saranno poi gli elettori a decidere se un governo ha cambiato qualcosa. E i cittadini giudicheranno un governo anche dalla qualità delle persone cui ha affidato l'amministrazione dello Stato. È comunque un sistema migliore di quello di oggi in cui dirigenti non eletti ostacolano e influenzano l'operato di governi eletti direttamente, o indirettamente come nel caso di questo governo «tecnico».”






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COMMENTO AGL

Abbiamo più volte sollevato il tema in precedenti nostri interventi e quindi, basta andare a rileggerli:



Non possiamo che concordare pienamente con quanto sostenuto dagli illustri professori e auspichiamo che attorno a questo obbiettivo si formi un vasto movimento di opinione pubblica, di forze politiche e sociali e di lavoratori.
I primi a sostenere queste tesi dovrebbero essere proprio quei dirigenti che oggi, pochi e isolati, all'interno della burocrazia italiana, nonostante tutto, si comportano in maniera eccellente.
La politica ha le sue responsabilità gravi e indubbie ma la costante accusa verso di essa da parte della dirigenza ormai convince pochi. Basti evidenziare che è proprio sulla dirigenza (i “tecnici”)che gli uffici legislativi degli uomini politici si appoggiano quando devono elaborare il testo di nuove leggi. E questo dall'Unità d'Italia ad oggi. Di chi è la colpa quindi della farraginosità delle norme?
E' fallita, come soluzione sperimentata, la “privatizzazione” della dirigenza la quale se non ha avuto spazio dalla politica è perchè ciò ha fatto comodo a molti dirigenti. La “valutazione” è una sciocchezza se demandata ai politici o a tecnici esterni alla PA o a pari, interni, dei dirigenti della PA stessi (la famosa “autonomia valutativa” della dirigenza ossia: “solo chi sa il mestiere può valutare adeguatamente il lavoro del suo collega”).
La crescita esponenziale indiscriminata delle retribuzioni dirigenziali ha fatto solo danni, che i cittadini patiranno ancora per molto tempo, in futuro. Si è totalmente persa l'etica del lavoro. Quasi tutti i dirigenti non hanno più come ideale il bene dello Stato e dei cittadini bensì il successo economico personale. Si disse: “se vogliamo i migliori dobbiamo pagarli”. Solo che non si è mai capito perchè il flusso dei dirigenti fosse unidirezionale (dall'esterno alla PA, senza ritorno). Evidentemente perchè fare il dirigente all'interno della PA significava sottrarsi alla concorrenza e alla meritocrazia.
E' strumentale e ipocrita l'uso che si è fatto delle norme costituzionali in materia: il buon andamento non c'è mai stato (domandatelo, nel dubbio, ai cittadini) e la parzialità della PA è stata la regola non scritta cui tutti in Italia si sono adeguati per timore di ritorsioni. Se notate, tutti coloro che disquisiscono sul tema ancora non hanno chiaro dove finisca il compito della politica e dove inizi quello della dirigenza. Poiché ciò è controverso e ognuno decide per sé, il risultato è la sovrapposizione. La coscienza si mette a posto anche solo avendo enunciato il problema, senza risolverlo in maniera soddisfacente. Non a caso, i modelli di PA esteri (che in Italia non riusciremo mai a emulare perchè l'italiano è italiano e natura non facit saltus) divergono nella sostanza da quello nostrano.
Lo Spoils System sarebbe un sistema vincente poiché è colui che è stato eletto dai cittadini ad essere il primo interessato ad essere riconfermato e quindi a circondarsi degli esecutori più preparati, esperti e capaci. Pericoli? Come in tutte le cose umane e per questo la presenza della Magistratura va rafforzata, secondo noi, rendendola elettiva, quindi specchio anch'essa del volere dei cittadini. Tutto ciò implica una necessaria revisione della Costituzione che speriamo possa avvenire nella prossima legislatura. Se non altro perchè ormai è chiaro che questo sistema non ha funzionato. Da decenni. A chi formula ipotesi catastrofiste (danni, conflittualità, contenziosi, ecc.) in caso di cambiamento, rispondiamo: siamo scesi talmente in basso e siamo ridotti così male che l'unica possibilità di salvarci (noi, lo Stato, l'economia, la democrazia) è cambiare. Peggio di così non può andare... E' più semplice azzerare tutto e ricostruire una organizzazione più moderna, snella efficiente che cercare di modificare questa giungla. Tutti hanno fallito e non si vedono all'orizzonte soggetti in grado di metterci le mani con successo. Ha fallito in questo Berlusconi, così come la sinistra, così come il centro e i tecnici. I cittadini non hanno più voglia né soldi da buttare in questo apparato fallimentare e mostruoso. Liberiamocene e rifacciamo tutto nuovo. Chi vuole, continui pure a sognare ad occhi aperti, formulando generiche e illusorie frasi programmatiche: lo fa da anni , senza essere venuto a capo di nulla.

STRANIERI CHE SIANO PROFESSIONISTI QUALIFICATI: COME OTTENERE LA “CARTA BLU”?

Stiamo parlando di lavoratori altamente qualificati che vogliono venire in Italia, sia di professioni regolamentate che non regolamentate.
Forse non tutti sanno che l'Italia ha aperto un canale privilegiato per l’arrivo di lavoratori stranieri “altamente qualificati”. Infatti possono entrare INDIPENDENTEMENTE DAI DECRETI FLUSSI in ogni momento dell’anno in base alle richieste delle aziende.
Formalmente, a tal fine, diventano titolari di una “CARTA BLU UE”, il riconoscimento delle qualifiche professionali acquisite dal lavoratore straniero all’estero.
Cosa si intende per lavoratore "altamente qualificato"?
Uno che deve aver completato in patria un percorso di istruzione superiore di durata almeno triennale e aver conseguito una qualifica professionale che rientri nei livelli 1, 2 e 3 della classificazione ISTAT delle Professioni.
Per un elenco completo, clicca qui sotto e vai al sito ISTAT, guardando ai punti 1, 2 e 3:
http://cp2011.istat.it/
Per accedere a professioni regolamentate deve , in aggiunta, avere gli altri requisiti previsti dalla legge italiana,a seconda della professione di cui trattasi.
Il Ministero dell'Interno ha di recente dato una precisa indicazione relativamente alle due procedure previste.
Clicca qui sotto per leggere la Circolare:
http://tinyurl.com/cu9gqze

Per le professioni REGOLAMENTATE in Italia il riconoscimento andrà chiesto alle autorità indicate dagli articoli 16 e 17 del Decreto legislativo 6 novembre 2007, n.206, che avranno trenta giorni per rispondere. In via esemplificativa: il Ministero della Salute, per le professioni sanitarie; il Dipartimento per le politiche giovanili e le attività sportive della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per le attività che riguardano il settore sportivo
Per comparare e riconoscere qualifiche professionali esistenti all’estero e NON REGOLAMENTATE in Italia, il lavoratore o l’azienda che lo vuole far arrivare dovranno presentare una domanda al ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, utilizzando un modulo allegato alla circolare.
(insieme alla domanda bisognerà presentare le copie autentiche del titolo di studio estero, anche tradotto e legalizzato con allegata dichiarazione di valore e del piano di studi compiuti con esami superati e relativa votazione)
Clicca qui sotto e vai in fondo alla pagina che si aprirà per scaricare il modello di domanda:
http://tinyurl.com/cox5h8r

sabato 1 dicembre 2012

PP.AA. DIMISSIONI IN BIANCO : FIGLI DI UN DIO MINORE?

Ministero del Lavoro, Direzione Gen. Attività Ispettiva, risposta a Interpello 35/2012
""""""""""(...) si ritiene pertanto che l’art. 4, commi 16-22, L. n. 92/2012, in materia di validazione delle dimissioni presso la competente Direzione territoriale del lavoro, ovvero presso i Centri per l’impiego o altre sedi individuate dalla contrattazione collettiva, non sia immediatamente applicabile con riferimento al personale contrattualizzato delle università e, più in generale, delle pubbliche amministrazioni.""""""""""
Vai al sito della Direzione Territoriale del Lavoro di Modena per scaricare la risposta all'Interpello  in versione integrale:
http://www.dplmodena.it/interpelli/26-11-12inter_35-2012.htm    
Ecco un significativo esempio di come i pluripremiati vertici del Ministero del Lavoro (dalla firma tra l'altro ricaviamo che si tratta sempre degli stessi, nonostante i risultati disastrosi) si rapportino ai gravi problemi delle persone che lavorano nel nostro Paese. E per fortuna che nelle Pubbliche Amministrazioni dicono che il posto è sicuro, che si stia meglio che nel Privato, che si ritenga in generale  che l'italiano sia trattato meglio dello straniero e  che esista una normativa protettiva per le donne.Ci domandiamo cosa abbiano fatto dal 18 luglio al 22 novembre, oltre a riscuotere premi pagati da noi e a tenere riunioni-farsa con i sindacati rappresentativi (non sappiamo se completati da pranzo, cocktail o buffet) , i dirigenti preposti , nel Ministero del Lavoro e nel Ministero della Pubblica Amministrazione, ad attuare questa come altre norme.
Saremmo veramente sorpresi se, chiunque vinca, dopo le elezioni, non accadesse che su qualcuna di queste poltrone, dopo tanti anni e tanti governi succedutisi, non si trovasse il modo di sostituirne il sedere.

giovedì 29 novembre 2012

STRANIERI: MINI DECRETO FLUSSI, CLICK DAY IL 7 DICEMBRE

DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 16 ottobre 2012
Programmazione transitoria dei flussi d'ingresso dei lavoratori non comunitari per lavoro non stagionale nel territorio dello Stato, per l'anno 2012. (Gazzetta Ufficiale n. 273 del 22 novembre 2012)

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Visto il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni ed integrazioni, recante il Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero;

Visto, in particolare, l'art. 3 del testo unico sull'immigrazione, il quale dispone che la determinazione annuale delle quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato avviene con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sulla base dei criteri generali per la definizione dei flussi d'ingresso individuati nel documento programmatico triennale, relativo alla politica dell'immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato, e che «in caso di mancata pubblicazione del decreto di programmazione annuale, il Presidente del Consiglio dei Ministri puo' provvedere in via transitoria, con proprio decreto, entro il 30 novembre, nel limite delle quote stabilite nell'ultimo decreto emanato»;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, e successive modificazioni ed integrazioni, regolamento recante norme di attuazione del testo unico sull'immigrazione; Visto il decreto legislativo 16 luglio 2012, n. 109, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 172 del 25 luglio 2012, recante attuazione della direttiva 2009/52/CE che introduce norme minime relative a sanzioni e provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno e' irregolare;Considerato che il documento programmatico triennale non e' stato emanato;

Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 novembre 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 305 del 31 dicembre 2010, concernente la programmazione transitoria dei flussi d'ingresso dei lavoratori extracomunitari non stagionali nel territorio dello Stato per l'anno 2010, che prevede una quota massima d'ingresso per motivi di lavoro non stagionale di 98.080 lavoratori non comunitari, che si aggiunge alla quota di 6.000 lavoratori non comunitari gia' prevista, in via di anticipazione, con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° aprile 2010, per una quota complessiva autorizzata per l'anno 2010 pari a 104.080 unita';

Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 13 marzo 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 92 del 19 aprile 2012, concernente la programmazione transitoria dei flussi d'ingresso dei lavoratori non comunitari stagionali e di altre categorie nel territorio dello Stato per l'anno 2012, che prevede tra l'altro, all'art. 2, come anticipazione della programmazione dei flussi d'ingresso per l'anno 2012 di lavoratori non comunitari per motivi di lavoro non stagionale, una quota di 4.000 cittadini non comunitari residenti all'estero che abbiano completato programmi di istruzione e formazione nel paese di origine ai sensi dell'art. 23 del citato testo unico sull'immigrazione;
Tenuto conto delle esigenze di specifici settori produttivi nazionali che richiedono lavoratori autonomi per particolari settori imprenditoriali e professionali;
Visto l'art. 21 del citato testo unico sull'immigrazione, circa la previsione di quote riservate all'ingresso di lavoratori di origine italiana;
Considerata inoltre l'esigenza di consentire la conversione in permessi di soggiorno per lavoro subordinato e per lavoro autonomo di permessi di soggiorno rilasciati ad altro titolo;
Considerato che la disposizione transitoria prevista dall'art. 5 del decreto legislativo n. 109 del 2012 sopra citato, prevede la facolta' per i datori di lavoro che occupano irregolarmente lavoratori stranieri presenti sul territorio nazionale, di dichiarare la sussistenza del rapporto di lavoro allo sportello unico per l'immigrazione;
Rilevato che permane comunque l'esigenza di prevedere - quale ulteriore anticipazione della programmazione dei flussi di ingresso in Italia, per l'anno 2012, di lavoratori non comunitari per motivi di lavoro non stagionale - specifiche quote destinate, rispettivamente, all'ingresso di lavoratori autonomi, di lavoratori di origine italiana, nonche' di prevedere quote destinate alla conversione in permessi di soggiorno per lavoro subordinato e per lavoro autonomo di permessi di soggiorno rilasciati ad altro titolo;
Considerato che - avuto riguardo all'attuale congiuntura economica in Italia che evidenzia una generale contrazione dei livelli di occupazione - e' opportuno prevedere gli ingressi di lavoratori non comunitari per motivi di lavoro non stagionale in misura ridotta, fatte salve eventuali successive esigenze, rispetto alla corrispondente quota complessivamente autorizzata con i citati decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° aprile 2010 e 30 novembre 2010;

Rilevato che ai fini anzidetti puo' provvedersi con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da adottare, in via di programmazione transitoria, nel limite della quota complessivamente utilizzabile per l'anno 2012, risultante dalle corrispondenti quote di ingresso per motivi di lavoro non stagionale autorizzate, con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° aprile 2010 e con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 novembre 2010, detratta la quota di 4.000 unita' gia' disposta, per l'ingresso di lavoratori formati all'estero, dall'art. 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 13 marzo 2012;


Decreta:
Art. 1
1. A titolo di anticipazione della programmazione dei flussi d'ingresso dei lavoratori non comunitari per motivi di lavoro non stagionale per l'anno 2012, sono ammessi in Italia, in via di programmazione transitoria, per motivi di lavoro subordinato non stagionale e di lavoro autonomo, i cittadini stranieri non comunitari entro una quota complessiva di 13.850 unita'.

Art. 2

Nell'ambito della quota di cui all'art. 1, e' consentito l'ingresso in Italia, per motivi di lavoro autonomo, di 2.000 cittadini stranieri non comunitari residenti all'estero appartenenti alle seguenti categorie: imprenditori che svolgono attivita' di interesse per l'economia italiana; liberi professionisti riconducibili a professioni vigilate, oppure non regolamentate ma comprese negli elenchi curati dalla pubblica amministrazione; figure societarie di societa' non cooperative, espressamente previste dalle disposizioni vigenti in materia di visti d'ingresso; artisti di chiara fama internazionale o di alta qualificazione professionale, ingaggiati da enti pubblici oppure da enti privati.

Art. 3
Nell'ambito della quota di cui all'art. 1, sono ammessi in Italia, per motivi di lavoro subordinato non stagionale e di lavoro autonomo, entro una quota di 100 unita', lavoratori di origine italiana per parte di almeno uno dei genitori fino al terzo grado in linea diretta di ascendenza, residenti in Argentina, Uruguay, Venezuela e Brasile.


Art. 4
1. Nell'ambito della quota di cui all'art. 1, e' autorizzata la conversione in permessi di soggiorno per lavoro subordinato di:

a) 4.000 permessi di soggiorno per lavoro stagionale;
b) 6.000 permessi di soggiorno per studio, tirocinio e/o formazione professionale;
c) 500 permessi di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo rilasciati ai cittadini di Paesi terzi da altro Stato membro dell'Unione europea.


2. Nell'ambito della quota di cui all'art. 1, e' inoltre autorizzata la conversione in permessi di soggiorno per lavoro autonomo di:
a) 1.000 permessi di soggiorno per studio, tirocinio e/o formazione professionale;
b) 250 permessi di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, rilasciati ai cittadini di Paesi terzi da altro Stato membro dell'Unione europea.

Art. 5
Le quote per lavoro subordinato previste dal presente decreto saranno ripartite dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base delle effettive domande pervenute.

Art. 6
I termini per la presentazione delle domande ai sensi del presente decreto decorrono dalle ore 9,00 del quindicesimo giorno successivo alla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Art. 7
Trascorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, qualora vengano rilevate quote significative non utilizzate tra quelle previste dal presente decreto, tali quote, ferma restando la quota complessiva prevista dall'art. 1, possono essere diversamente ripartite dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base delle effettive necessita' riscontrate sul mercato del lavoro. Roma, 16 ottobre 2012

Il Presidente: Monti
Registrato alla Corte dei conti il 14 novembre 2012 Presidenza del Consiglio dei Ministri registro n. 9, foglio n. 239

lunedì 26 novembre 2012

RAPPRESENTATIVITA' SETTORE PUBBLICO: PATRONI'S SECRET

Questo post , nell'ambito del settore pubblico, pensiamo sia il più importante tra quelli da noi finora scritti. Come nella Piovra, andiamo al cuore del problema, tocchiamo la cupola. Ricordate a marzo le elezioni RSU? Al termine delle quali tutti si dichiararono vittoriosi? Dopo le quali furono dati numeri proposti in mille maniere?Ecco, ora abbiamo il risultato finale certificato, Comparto per comparto, area per area. Con , per ogni organizzazione, voti e numero iscritti. E Assange non centra nulla.
Cliccate sul seguente link:
Domandiamoci prima di tutto perchè solo noi (che non c'entriamo niente, come avrebbe cantato Povia) vi forniamo subito questi numeri:perchè siamo nati solo 6 mesi fa
Poi conservateveli fino a tutto il 2015, almeno, quando imprecherete, saprete con chi prendervela, in percentuale.
Inoltre, guardando ai risultati di coloro che non hanno raccolto una delega e/o non hanno beccato un voto, potrete sempre immaginare cosa sarebbe stato se aveste colto l'attimo e provato l'avventura. Ma, come si sa, ogni lasciata è persa.
Pensate alla goduria di chi ha conquistato la rappresentatività e che invidierete perchè “conta “ qualcosa, può partecipare agli incontri con i dirigenti, già pregusta i favori da chiedere e da ricevere, già starà spuntando la lista dei regali promessi in campagna elettorale. E anche se non mantenesse, chissenefrega, ormai quel che è fatto è fatto e per 3 anni nessuno può ripensarci. Un pensiero anche a chi pur non facendo nulla per il proprio sindacato ha usufruito e continuerà a farlo del distacco sindacale , pagato dallo Stato, cioè dal contribuente (anche da voi) a maggior ragione dopo l'entusiastica conferma ricevuta dal corpo elettorale. E ai permessi sindacali, tanti, di cui fruiranno solo i sindacati di serie A (la serie B , in questo contesto, dura 3 anni). Interessa solo il pubblico? No, perchè in base all'accordo sulla produttività, per volontà di CISL, UIL, UGL (in attesa che la Camusso ceda alla corte di Monti e Passera i quali allo scopo hanno relegato in cucina la Fornero) questo sarà il futuro della rappresentatività anche nel settore privato. Una bella auto a 4 posti con uno o due seggioloni su cui a turno si accomoderanno alcuni sindacati più piccoli cui, per non disturbare, verrà messo in bocca il biberon. Alcuni di voi ricorderanno l'avvio degli organi collegiali della scuola. Organismi che sin dall'inizio non contavano nulla (e è stato così per anni) che però erano l'occasione per contarsi e per mettere un tappo istituzionale e burocratico alle battaglie di massa. Non contano nulla le RSU, pubbliche e private, non conteranno nulla i lavoratori nel prossimo sistema e sarà così per anni. Altri elementi emergono dall'analisi dei tabulati. Per esempio che esiste quasi un sindacato per ogni dipendente. Segno che i propositi di cambiamento si scontreranno sempre con una volontà superiore in Italia: quella di ogni gruppo d'interesse, corporativo, anche riferito a singole amministrazioni , di trarre vantaggio dal creare una sigla. Da questa considerazione si potrebbe desumere che il voto dei lavoratori nella pubblica amministrazione è , fondamentalmente, un voto di tipo clientelare. Ma non sta bene, non è politicamente corretto dirlo e noi non infrangeremo questa regola. Anche perchè c'è qualcosa che non quadra. Infatti le clientele presuppongono l'esistenza di un bene o di un privilegio anche piccolo cui accedere.Qui praticamente si tratta di aspirare a e dividersi il nulla. Quindi una gigantesca e ridicola allucinazione di massa .A meno che non si attribuisca un valore al pulire la sedia al direttore di turno prima che la riunione inizi. Parliamo allora di un condizionamento di tipo socio culturale che interessa gran parte della platea del lavoro pubblico, soprattutto in certe zone del Paese, dove la Pubblica Amministrazione è traguardo sociale più ambito . Ossia, l'illusione che conquistando un posto fisso si entri in qualche modo in un contesto privilegiato e che se, durante la propria vita lavorativa si è furbi e si sa fregare il collega si può fare “carriera”. Senonchè ciò poteva valere per le passate generazioni. Ora ci sono i contratti bloccati su base decennale, gli stipendi da fame, le punizioni disciplinari, i dirigenti nella posizione dei signorotti medievali, la corruzione eretta a sistema che risorge tra una retata e l'altra, la vendita del servizio ai privati non nell'interesse pubblico, una collettività che non ha più soldi, massacrata dal fisco e che piuttosto si farebbe mutilare pur di non dare più soldi a questa Pubblica Amministrazione da paese delle banane. Perfettamente funzionale a tutto ciò è la presenza, in tutti i settori, nella stessa maniera, dei soliti sindacati, col solito numero di iscritti, coi soliti voti. Noterete che le organizzazioni più rumorose (i “conflittuali”), che vi bombardano di e-mail (e lo fanno da anni) ottengono un risultato striminzito, non sfondano. Poi ce ne sono altre, di cui non avete mai sentito parlare, non avete mai letto una e-mail, che ottengono stabilmente risultati ottimi. Ma non si sa neppure cosa propongono. E' evidente che, nella più fedele tradizione del sindacato autonomo è gente che “sa” lavorare, “sa” cosa interessa veramente all'impiegato medio e ha conquistato una sua credibilità dando prova di saper “far ottenere” ciò che è più richiesto. Ovviamente nella massima discrezione.
Non sappiamo cosa accadrà nel 2015, tra tre anni. Molto dipenderà dal quadro sociale e politico di allora che ovviamente è imprevedibile. Crediamo, molto realisticamente, che la scelta di ogni pubblico impiegato (ma, per quanto detto, ormai, di ogni lavoratore, anche privato) sarà tra l'essere protagonista di future trasformazioni o quella di aspettare passivamente e di di vedere cosa accada, cercando, auspicabilmente, di riuscire a conservare il posto, anche lavorando praticamente gratis (come sta avvenendo di fatto da un po' di tempo). Quel che è certo è che il quadro presente nei tabulati dell'ARAN è rappresentativo non già di una conquistata partecipazione o protagonismo dei lavoratori quanto dell'inutilità di organismi concepiti per mettere guinzaglio e museruola ai lavoratori stessi o quanto meno a quelli, una minoranza, ancora un po' vivaci . Per fortuna la storia ci insegna che anche costruzioni più complesse potranno essere bypassate e quindi ignorate da chi vorrà, prima o poi, prendere in mano il proprio destino.
L'AGL, pur rispettando la volontà democratica espressa da migliaia di lavoratori e questi organismi che debbono essere considerati, a loro modo, delle "Istituzioni”, è comunque orgogliosa di non far parte di questo inganno e di avere le mani libere da interessi e rapporti imbarazzanti. Utilizzeremo questa libertà da vincoli per raccontarvi la nostra verità e per proporre le nostre soluzioni innovative e contro corrente, nel panorama sindacale italiano , come abbiamo tentato di fare sin dalla nostra fondazione.

giovedì 22 novembre 2012

PERMESSI PER ASSISTENZA A FAMIGLIARE DISABILE : MESSAGGIO INPS


INPS Messaggio 18728 del 15.11.2012
A seguito della Circolare 117/2012, precisazione:dal 1.10.2012 presentazione esclusivamente per via telematica ma solo per i lavoratori del privato. Quelli alle dipendenze delle PP.AA.dovranno continuare a far riferimento al proprio datore di lavoro.
Clicca qui sotto per leggere il messaggio INPS

http://www.inps.it/bussola/VisualizzaDoc.aspx?sVirtualURL=%2fMessaggi%2fMessaggio%20numero%2018728%20del%2015-11-2012.htm

martedì 20 novembre 2012

PENSIONI COMPLEMENTARI-LAVORO PUBBLICO-FONDO SIRIO: UN VIAGGIO SENZA RITORNO PER LE NOSTRE LIQUIDAZIONI

Come noto, in Italia la previdenza integrativa nel settore pubblico, fortemente voluta da CGIL-CISL-UIL (affiancate da sindacati minori in veste di voraci chierichetti) , non è decollata. I maligni sostengono che l'atteggiamento così rassegnato dei confederali nei confronti delle riforme pensionistiche (da quella Dini del 1995 a quella odierna della Fornero) derivi proprio dalla necessità di immiserire le pensioni pubbliche e di spingere la gran massa dei lavoratori a integrare fortemente il sussidio (perchè tale sarà) con una pensione complementare privata. Sono anni che i lavoratori sono bombardati da questa propaganda. Ed è in arrivo la prossima definitiva ondata, quando i rappresentanti della triplice si presenteranno dinanzi ai lavoratori per chiedere loro di trasferire il TFR/TFS nel fondo privato per la previdenza complementare Sirio. In base all'accordo sindacale da loro sottoscritto, i lavoratori avrebbero così la possibilità di versare in questo fondo e affidare ai mercati finanziari gli accantonamenti previdenziali obbligatori che costituiscono il loro TFR/TFS. Il primo avvertimento che vorremmo dare ai lavoratori è questo: diffidate di questa pubblicità ingannevole. Aderire significa affidare il nostro TFR/TFS alle incognite dei fondi pensione, in un momento di crisi globale dei mercati dove bruciano ogni giorno centinaia di miliardi di euro. Valga l'esperienza, negli anni scorsi, in cui la crisi non era così pesante, di chi ha aderito ai fondi pensione e, purtroppo, ha registrato rendimenti decisamente inferiori rispetto a quelli maturati con il TFR (ricordate il fondo Cometa nel settore metalmeccanico?). La prova dell'inganno è nel meccanismo stesso, che ha previsto che una volta entrati nei fondi privati i lavoratori non potranno più uscirne: perché l'opzione per i fondi privati è irrevocabile. In realtà questi “amici” dei lavoratori vogliono mettere le mani sui compensi derivanti dalla cogestione dei fondi , attraverso la presenza dei sindacalisti nei consigli di amministrazione o in altri organismi degli stessi. Il denaro raccolto offrirà poi, come immaginabile, interessantissime possibilità di relazione tra questi ex lavoratori dipendenti catapultati dai sindacati e banche e assicurazioni private. Di cui evidentemente i lavoratori che contribuiranno a questi fondi non saranno mai informati sul serio. Pensate poi che le Confederazioni di appartenenza resterebbero fuori da questi scambi? Quindi: i nostri TFR/TFS buttati nel calderone della speculazione finanziaria. Non c'è nulla di veramente volontario. Aderire a questi fondi sarà come suicidarsi: lo si fa volontariamente ma non si può più tornare indietro, una volta premuto il grilletto.
Per fortuna tutti i lavoratori hanno, collettivamente, la possibilità di far fallire questo tentativo: se entro 18 mesi, prorogabili di altri 12, non si raggiungeranno le 10.000 iscrizioni il fondo chiuderà (e tanti boss sindacali dovranno o sbarazzarsi o continuare a pagare di tasca loro le ville o i beni di lusso acquistati in previsione del buon andamento dell'operazione, senza parlare della fine prematura delle loro ambizioni di carriera in campo finanziario).Già nel settore privato si è potuto non rendere obbligatoria la previdenza complementare. Cerchiamo di ottenere lo stesso risultato nel pubblico. Invitiamo i lavoratori a mantenere la propria liquidazione nel TFR/TFS, non ascoltando il canto melodioso delle sirene confederali.

martedì 13 novembre 2012

PATRONI GRIFFI TWITTA (CIOE' CINGUETTA) DURANTE L'INCONTRO CON I SINDACATI RAPPRESENTATIVI

"Più di 4.000 esuberi tra dipendenti della Pubblica Amministrazione

Lo ha comunicato via Twitter il ministero della Funzione pubblica durante l'incontro con i sindacati sulle eccedenze

Pubblicato il 13/11/12 da TMNews in Economia
Roma, 13 nov. (TMNews) - Ammontano a 4.028 gli esuberi, tra gli impiegati, nella Pubblica amministrazione. Lo ha comunicato, via Twitter, il ministero della Funzione pubblica mentre è in corso l'incontro con i sindacati per illustrare i numeri delle eccedenze nella P.A.Il provvedimento di riduzione delle piante organiche riguarda 50 amministrazioni centrali. In seguito - ha spiegato il ministero - ci sarà un ulteriore provvedimento che riguarderà l'Inps, il ministero della Giustizia e gli enti parco.
Le 4.028 unità in eccedenza riguardano, in particolare, il personale non dirigenziale."

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Commento ALP-AGL

Ricordiamo ai lavoratori pubblici che il 28 settembre, con lo sciopero generale del pubblico impiego, alcuni dei sindacati rappresentativi e alcuni di quelli conflittuali vi avevano fatto regalare alle Pubbliche Amministrazioni la trattenuta di un giorno di lavoro.Che altri sindacati rappresentativi avevano sostenuto che non era il momento di scioperare perchè c'erano margini di trattativa. Che altri sindacati rappresentativi e/o conflittuali annunciavano che avrebbero organizzato chissà quali sommovimenti di milioni di lavoratori.
Come avevamo ampiamente previsto, trattandosi di iniziative rituali e sterili, il governo se ne sarebbe infischiato. Così come il Ministro Patroni Griffi oggi che addirittura twitta di fronte alle "temute controparti" alla vigilia del gigantesco sciopero europeo di domani 14 novembre che farà risparmiare solo soldi allo Stato (che li dirotterà in premi ai fedeli dirigenti, come è avvenuto, a tappeto, nel Ministero del Lavoro) e disagi ad altri lavoratori per il blocco dei trasporti pubblici.
Cari lavoratori delle Pubbliche Amministrazioni, se siete contenti così, continuate a votare, ad iscrivervi, a farvi fare trattenute a beneficio di questa gente che dice di rappresentarvi.E buona fortuna a chi sta per perdere il lavoro.

lunedì 5 novembre 2012

IL SUICIDIO DELL'INSEGNANTE

Oggi ci troviamo purtroppo a scrivere del suicidio di un insegnante precario di 50 anni,residente nel Meridione.Sposato e padre di due figli.Un insegnante di storia dell'arte che pur avendo ottenuto ad ottobre una laurea specialistica quest'anno non era stato impiegato.Il suo gesto è stato posto in relazione alla sua difficile condizione sociale,addebitato all'insufficienza delle istituzioni e alle politiche perseguite dal responsabile del dicastero, accostato ad analoghi gesti di operai e imprenditori.O, in maniera ancor più complessiva, a questo "sistema" sociale e di valori che probabilmente è alla frutta.Sostanzialmente l'accusa è che chi ci sta governando negli ultimi tempi abbia messo in soffitta la Costituzione e che abbia adottato una insopportabile serie di provvedimenti punitivi per il mondo del lavoro che hanno sfasciato la condivisione di valori e di una prospettiva comune.Le menti, in altre parole, sarebbero state sconvolte dall'avanzare della precarietà e dalla scomparsa di approdi lavorativi stabili e sicuri.
Rispettiamo il gesto dell'insegnante, un individuo ha il diritto di sottrarsi a un destino per lui così insopportabile.
Non ci piace come i governi (quelli di tutte le tendenze politiche succedutesi e quello presente, che vede il sostegno al Ministro da parte delle più grandi forze del Centro, Destra e Sinistra) abbiano trattato e stiano trattando la Scuola, gli studenti e gli insegnanti.Non ci piace chi, allo stesso tempo, piange questa vita che se ne è andata e, contemporaneamente, sui suoi organi di stampa, fa finta di fare opposizione (pur votando per il Governo) per non perdere voti di quella categoria. Non ci piace chi accusa la società di decadimento dei valori e nello stesso tempo, per rassicurare i suoi elettori, ne accetta i principi egoistici e utilitaristici,ben sapendo che sono illusori i meccanismi (che non si sono mai visti concretamente) di temperamento delle scelte economiche con le esigenze sociali.Non ci piace chi ha cercato di egemonizzare per decenni il mondo della scuola (riuscendoci in parte) , lavando i cervelli di migliaia di insegnanti, convincendoli che solo considerandosi massa (e solo massa) avrebbero potuto aspirare a una riscossa collettiva. Quando si compiono queste operazioni mistificatorie poi non ci si può sorprendere degli effetti delle delusioni storiche, dei riflussi, delle reazioni sconfortate e disperate, fino al gesto estremo.I grandi "condottieri" di queste "rivoluzioni culturali"sono ancora lì, gli stessi, dagli anni settanta ad oggi. Loro, alimentatisi di frustrazione e di precarietà (degli altri) sono ancora vivi, altri, vittime più deboli delle illusioni seminate da costoro, sono affondati. E, infine, siamo un pò stanchi del fatto che questa povera Costituzione repubblicana del 1948 venga continuamente chiamata in causa dai figli degeneri di coloro che la concepirono. E' indegno che esseri fatti di nulla se ne servano per assurgere a quella dignità che mai si sono conquistati con la loro opera.
Rivolgiamo anche noi un pensiero alla memoria di Carmine, dicendo però ai suoi colleghi che il modo migliore per onorarne il gesto non sarà nè nel compiangerlo nè nel partecipare al coro organizzato dai finti nemici del precariato.
Bensì nel presentare il conto politico (di questa e altre vite) ai responsabili morali (la classe dirigente di questo Paese, composta da governo succube delle banche e finti critici/oppositori) e di porre le basi, come intellettuali, di una nuova società con valori nuovi in cui non accada più che se un insegnante non riesca a stabilizzarsi in una cattedra con uno stipendio fisso ma da fame non gli si consenta di poter aspirare a impieghi altrettanto onorevoli e meglio remunerati: cioè a "un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società".

lunedì 29 ottobre 2012

PUBBLICO IMPIEGO, BUONUSCITA: DOPO CAROSELLO IL GOVERNO MANDA A DORMIRE I SINDACATI

Il Consiglio dei Ministri ha varato un decreto legge riguardante la questione del prelievo illegittimo del 2,5% ai fini della buonuscita a far data dal 1° gennaio 2011.
Con esso il Governo ha dato attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale n. 223/2012, abrogando l’articolo 12, comma 10 del Decreto Legge n. 78/2010 e facendo tornare così la buonuscita dei dipendenti pubblici al regime del TFS, più vantaggioso del calcolo del TFR introdotto nel 2010.In parole povere: non ci sarà nessuna restituzione di denaro (chi aveva prenotato una vacanza alle Maldive è meglio che dia disdetta).
Quindi a tutti quei sindacati che avevano tratto spunto per preannunciare ricorsi (ovviamente non a carico loro ma dei lavoratori) , alzare un polverone e ritrovare una identità perduta, è stato infilato velocemente e dolcemente qualcosa di consistente nel posto che tutti immaginiamo.
La domanda che si fanno tutti, ora, nel pubblico impiego, è: cosa potrà tenere svegli i sindacati, visto che i contratti sono bloccati da e per anni, le retribuzioni sono da fame ma non potranno essere aumentate in nessun modo perchè i sindacati da trent'anni hanno accettato una finta contrattazione che pone un limite superiore agli incrementi legato alle risorse stanziate dalle Leggi di Stabilità (e, per molto tempo, no Martini no party, ossia: no soldi no aumenti), da anni i Ministri della Funzione Pubblica incontrano i più grandi sindacati solo per comunicare le loro decisioni, le RSU sono belle ma inutili, perchè non contano nulla, all'inizio degli anni '90 i sindacati dettero il via libera alla costituzione di una dirigenza strapagata, sperando di avere qualcosa in cambio (in realtà - ed è la sola cosa che tiene in vita i sindacati rappresentativi del Pubblico Impiego- distacchi e permessi sindacali). In effetti quelli, oltre alla mano, si sono presi il braccio, costituendo una casta di semi-dei, più potente dei politici (questi ultimi vengono e vanno) loro invece restano tutta la vita (e oltre?) e per prima cosa hanno piallato con lo strumento disciplinare quelle punte, nel sindacato ma anche nel personale, che potevano loro dare fastidio.Da ultimo sta per essere abbattuto l'ultimo tabù: il licenziamento (preceduto da mobilità al 60% dello stipendio) dei pubblici dipendenti che andrà avanti nelle amministrazioni più deboli (e a più alta numerosità e diffusione sul territorio) innanzitutto e, in quelle più forti, verrà di molto attenuato (e, subito dopo, coi risparmi attuati, verranno indetti "concorsi" per assumere figli e nipoti al posto degli epurati).
E il sindacato? Serve, serve (altrimenti c'è il rischio che qualcuno di poco gradito occupi quegli spazi). Ma i sindacalisti devono essere educati, silenziosi, bravi, buoni e pettinati. E dire sempre di sì.
Se qualcuno si agita troppo (come è avvenuto in questi giorni per la questione della buonuscita) poco male. Il piccolo fuori programma (il Carosello) è finito quindi...tutti a dormire!

venerdì 26 ottobre 2012

LSU LAVORATORI SOCIALMENTE UTILI : 17 ANNI DI ATTESA

I lavoratori socialmente utili (LSU). Una categoria che non tutti conoscono ma che molti fanno finta di ignorare. E invece ci sono, in silenzio, da 17 anni. E ultimamente hanno dovuto pure sopportare l'accusa di parassitismo e l'ironia di soggetti politici in cerca di facile propaganda. Sono i più precari per antonomasia. Ma in questi anni, in silenzio (anche di chi lavorava al loro fianco come stabile e dei sindacati di riferimento), sono stati utilizzati nelle più svariate attività istituzionali e, addirittura, a copertura di vuoti di organico per far fronte al blocco del turn-over imposto dalle leggi succedutesi, senza tutela contrattuale, senza contributi previdenziali. Infatti la norma legislativa di riferimento stabilisce che nessun rapporto di natura subordinata è previsto nel loro utilizzo. A nostro parere è , quest'ultima, una delle più grosse schifezze concepite nella storia del diritto del lavoro italiano. In pratica: lavoro nero legalizzato. Li hanno utilizzati e li utilizzano Ministeri ,Tribunali, Procure, Giudici di Pace,Ospedali, Regioni, Province, Comuni, Comunità Montane. Scuole, ecc.Ad oggi non si intravvedono possibilità, per loro, di una soluzione definitiva e positiva. Come ALASU-AGL pensiamo che queste soluzioni vadano trovate. Occorre censire tutti gli enti utilizzatori degli LSU, con lo stato effettivo di utilizzo ; provvedere a emanare norme con cui fare chiarezza sulla natura giuridica dei LSU tendenti ad eliminare le eventuali situazioni discriminatorie nell’utilizzo; accertare le attuali disponibilità economiche degli Enti , definire le procedure di assunzione ed attuare nuove procedure sino a concorrenza di dette disponibilità economiche; l’adozione di un provvedimento, nelle more di una soluzione definitiva di stabilizzazione dei LSU, con cui cofinanziare gli Enti utilizzatori dei LSU, promuovendo iniziative che consentano l'integrazione dell' orario, oltre le 20 ore già finanziate con l’Assegno ASU, fino al raggiungimento di 36 ore settimanali di attività complessiva; l’approvazione di disposizioni per l’assunzione in deroga ai limiti di legge e in soprannumero, stabilizzando l’assegno ASU; il riconoscimento d’ufficio dei contributi validi per la pensione per l’intero periodo svolto in regime LSU, dal momento dell’ assunzione fino al pensionamento del lavoratore; incentivi per i prepensionamenti. Chiediamo che il Ministero del Lavoro promuova provvedimenti normativi specifici per risolvere definitivamente la questione occupazionale delle categoria, rifinanziando il FNO il fondo nazionale per l'occupazione presso il MLPS da cui vengono prelevate le risorse economiche per gli assegni ASU.
ALASU-AGL
Alleanza Lavoratori Atipici e Socialmente Utili

giovedì 25 ottobre 2012

MEDIAZIONE OBBLIGATORIA, INTERVENTO CORTE COSTITUZIONALE

La Corte Costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale del decreto legislativo 28 del 2010, per eccesso di delega legislativa, nella parte in cui ha previsto il carattere obbligatorio della procedura di mediazione, alternativo al processo nelle controversie civili e commerciali al fine di ridurre il carico dei procedimenti nei Tribunali.
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COMMENTO ADIR-AGL:
Nonostante le apparenze si tratta, in sostanza, di una buona notizia. Infatti la Consulta ha stoppato la norma solo perchè il governo ha ecceduto i limiti della delega, non attenendosi ai principi e criteri direttivi previsti dalla legge di delegazione. E' un caso molto frequente.E' in un certo senso solo una "critica" al Governo per come ha proceduto ad attuare quanto deliberato dal Parlamento in attuazione della direttiva europea. Nonostante quanto le era stato richiesto, la Corte non ha dichiarato la mediazione obbligatoria illegittima per violazione degli articoli 3(principio di uguaglianza) e 24 (diritto di agire in giudizio) della Costituzione.Una volta letti, dopo il deposito, i motivi della sentenza, Parlamento e Governo avranno modo di adottare regole migliori che riguardino mediatori, relativi organismi e necessaria formazione.E' lasciata intatta dalla Consulta la libertà del cittadino ad usufruire della mediazione perchè economicamente conveniente e per la brevità del procedimento.