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giovedì 27 settembre 2012

SCIOPERO LAVORO PUBBLICO 28/9/2012: LE RAGIONI DEL "NI"

In merito allo sciopero di domani non ha poi molto senso precisare se si aderisca o meno, se sullo stesso si sia o meno d'accordo. Perchè ogni lavoratore è libero di decidere con la sua testa. Semmai può essere utile fare qualche considerazione sul momento nel quale questa iniziativa di CGIL e UIL si colloca. Al momento in cui scriviamo, solo la CONFSAL ha deciso di aggregarsi, seppur separatamente.
La CISL è stata contraria sin dall'inizio, UGL e CISAL si sono tirate indietro all'ultimo momento, il sindacalismo di base per lo più contesterà gli organizzatori ma certamente non si farà scappare l'occasione per presentarsi in spezzoni dei cortei, costituendo essi comunque momenti di “conflitto”.
Chi ha iniziato a seguirci da un po' di tempo sa già cosa noi pensiamo dello strumento sciopero. Lo consideriamo controproducente nel settore pubblico (non procura danni ma solo guadagni alla Amministrazione controparte, è noto infatti che nella PA non si crea profitto), irrilevante nel privato, purchè lo stesso non sia ad oltranza fino al raggiungimento dell'obbiettivo.
Ci potrebbero domandare, allora, quale sia l'alternativa, là dove ci sia l'esigenza di lottare?Nella P.A. : campagne informative verso l'opinione pubblica su fatti e comportamenti di singole Amministrazioni e dirigenti che solo chi è all'interno della PA può conoscere. Nel privato, appunto, lo sciopero ad oltranza. Si fanno provviste e si smette di lavorare.
Ma in entrambi i casi, la condizione è che le iniziative si decidano, organizzino e attuino assieme, da parte di tutti i lavoratori, tramite le rappresentanze comunque esistenti. Non è opportuno agire da minoranze, poiché se la maggioranza decide di non protestare vuol dire che c'è un problema ossia che i lavoratori vogliono altro, nei contenuti e nei metodi.
Il concetto che uno sciopero possa “incidere sull'azione del governo” è, in questo quadro istituzionale, sbagliato. Per il semplice motivo che ad incidere sul governo devono essere i partiti, attraverso l'azione parlamentare o, al limite, con la competizione elettorale. Ma i partiti non si interessano di ciò, per cui dal mondo del lavoro occorre supplire a questa assenza. Ma non è giusto neppure che tutto si blocchi per l'ignavia e l'irresponsabilità dei partiti. Pertanto non solo deve essere messo in discussione il concetto di sciopero ma anche quello di “autonomia” dei sindacati dalla politica e dai partiti. Sappiamo che questa autonomia non c'è, che la politica in realtà influenza i sindacati che avrebbero forza economica e elettorale per ribaltare il rapporto. Ma non usano questa forza perchè i partiti hanno imposto loro di essere “autonomi” quindi impotenti rispetto alla politica stessa. La soluzione? Un partito dei lavoratori dipendenti? Non avrebbe successo, ricalcherebbe l'esperienza del partito dei pensionati. Sarebbe meglio invece cambiare proprio modello (sarebbe ora), passare a un assetto di tipo (da adattare all'Italia) anglosassone in cui vi è uno stretto legame , dichiarato, trasparente, alla luce del sole, tra partiti e sindacati. Non si vuole farlo? Pazienza, allora vuol dire che i lavoratori e la parte migliore del sindacalismo italiano hanno la vocazione alla sconfitta. D'altronde, che fine farebbero le associazioni di beneficienza (al cui interno a volte si gestiscono milioni di euro) se improvvisamente sparissero i bisognosi? Occorre quindi comprendere come vanno le cose. Il nostro sindacato è l'unico in Italia che non prevede l'incompatibilità tra cariche politiche e cariche sindacali. Perchè se si vogliono servire i lavoratori lo si può fare contemporaneamente e in maniera trasparente su entrambi i versanti. In Italia non si puo? Semplice, perchè uno alla luce del sole fa il sindacalista ma al buio il politico. Oppure, all'aperto il politico, ma segretamente, il lobbista di pezzi del potere pubblico (con il relativo esercito di dipendenti) o di quello privato.
Con questa scusa che la colpa non è dell'Amministrazione, ma della politica, la politica ribatte che occorre prendersela con la maggioranza governativa, la quale si difende affermando che non ha potere. Ma chi consente a dei non eletti di governare? Alcuni partiti che però, guarda caso non sono la controparte di questo dichiarato sciopero, se non per una allusione costante agli sprechi e ai costi della politica. Grande fesseria (se intesa come misura risolutiva) perchè innanzitutto anche abolendo quei costi non risparmieremmo quanto occorre ad esempio per sbloccare i rinnovi contrattuali del settore pubblico e poi perchè se con la politica non si potesse guadagnare quanto occorrente a far fronte ai costi neppure i frati si impegnerebbero per il bene comune. E poi un piccolo particolare: un parlamentare è eletto dal popolo (seppur in alcuni casi, con il porcellum, nominato dalle gerarchie partitiche, le quali però hanno interesse alla presentabilità elettorale dei singoli, pena la trombatura della lista), un dirigente invece (che rimane anche quando cambiano i ministri e che è quello che in realtà comanda a vita in un ramo della PA) ha solo vinto un “concorso” (vogliamo parlare dei concorsi italiani?). E noi, quando si parla di interesse pubblico (ad esempio relativamente ai risparmi da attuare nella PA) non possiamo porre sullo stesso piano questi due soggetti: pendiamo dalla parte di colui che ha avuto (anche se in maniera tortuosa) i voti della gente, con una faccia conosciuta, non di chi magari, a nostra insaputa, è sul libro paga di chi sa chi e di cui non conosceremo mai il volto). Ecco perchè noi come sindacato (unici in Italia) siamo per lo spoils system e per la magistratura elettiva, ad esempio. La cosa non ci rende popolari? Pazienza, accomodatevi, andate avanti con questi “sindacati” che hanno “vinto” il blocco per 7 anni dei rinnovi contrattuali.La Camusso pertanto (per fare un esempio, ma vale per le altre sigle) lasci perdere il povero Monti, che è solo un esecutore del potere bancario e se la prenda con Bersani, chiedendogli conto di che diavolo stia combinando in quella maggioranza. Invece di chiedere a Marchionne quali siano i modelli previsti da FIAT (e Marchionne fa bene a tenere segreto ciò per non avvantaggiare la concorrenza) chieda a Bersani (che, piccolo particolare, è già stato per anni Ministro dello Sviluppo Economico) che modello di società e economia realizzerà se vincerà le elezioni.E visto che siamo a dirci la verità su tutto, sarebbe ora che non i sindacati ma i singoli lavoratori italiani (soprattutto quelli pubblici) ci facessero capire, se veramente la situazione per loro è così grave, perchè la propria combattività è ai minimi termini nell'Occidente capitalistico. Ci rifiutiamo di credere che si rinunci a difendere appieno la propria dignità solo perchè le banche tengono il cittadino per i cosiddetti ricattandolo sul mutuo della casa. Perfino in Cina si stanno ribellando, ma sul serio e non con un rituale sciopero generale di un giorno. Non si capisce perchè in Italia questo non avvenga. E qui la colpa non è della Camusso, persona in buona fede che come tanti sindacalisti (e politici) ha dedicato la vita a interessi superiori rispetto a quelli personali. Non si ritiene di ribellarsi oltre certi limiti? Anche qui, pazienza. Quando sarete pronti, cari lavoratori italiani, fateci un fischio.Almeno Bonanni e Centrella su questo sono coerenti. Preso atto della volontà della maggioranza dei lavoratori pubblici di evitare realisticamente il peggio e di non pensare, per una volta, altro che a se stessi, accontentandosi di non perdere il posto e di vivere con uno stipendio da fame, hanno tratto spunto dal segnale fornito da Patroni Griffi qualche giorno fa e si sono dichiarati disponibili a trattare, seppur in posizione di debolezza e svantaggio, per riaprire quegli spazi di contrattazione che fino a ieri sembravano addirittura appartenenti alla preistoria.
In ogni caso, a parte queste considerazioni, rispettiamo entrambe le opinioni, auguriamo agli scioperanti un buon successo della loro iniziativa e apprezziamo anche la posizione di chi coerentemente e in buona fede è convinto dell'inutilità (e della dannosità) dello sciopero in presenza comunque di un avvio di dialogo.
Come AGL (questo il senso del nostro intervento) riteniamo però di non concordare né con l'una né con l'altra posizione. Noi pensiamo solo al futuro (ormai il presente è compromesso) Va recuperato nel merito un coordinamento tra le espressioni rappresentative dei lavoratori, eventuali future iniziative dovranno, quanto meno nel metodo, essere di spirito unitario per essere incisive.
Quello che secondo noi è evidente (e più importante, altro che lo sciopero o la trattativa con Patroni Griffi, con Marchionne o con Monti) è che questo modello sindacale non solo è in crisi ma ha perso e che occorre ripensare (pur nel rispetto di una gloriosa storia di lotte) al modo di essere del sindacato nella società e nella politica italiana. Nell'esclusivo interesse dei lavoratori.

venerdì 21 settembre 2012

AMIANTO QUESTIONE IRRISOLTA. E NESSUNO SE NE OCCUPA PIU'

LA MAPPA DELL'AMIANTO IN ITALIA



Incredibile a dirsi ma ancora in Italia quella dell'amianto è una questione irrisolta e, per di più, lontana dai riflettori. Il problema è tanto più grave nelle regioni (qui sopra ve ne forniamo la mappa) in cui stata è consistente in passato la presenza di aziende che ne facevano utilizzo. Tale rischio permane alto, in ragione della considerevole presenza e diffusione in quantità pericolose nei luoghi di lavoro e nelle lavorazioni, nelle abitazioni e nelle strutture pubbliche e private. Una realtà rimossa dalle istituzioni, spesso sconosciuta e sottovalutata dagli stessi cittadini non informati adeguatamente .La legge 257/92 , oltre a vietare l'uso dell'amianto e ad imporne lo smaltimento, delegava alle Regioni la definizione dei piani di bonifica e la loro realizzazione. In maniera scandalosa le previsioni di tutela previdenziale della legge sono state artatamente depotenziate ,privando i lavoratori esposti del beneficio dell'uscita anticipata dal mondo del lavoro. E' urgentissimo riprendere sul territorio l'opera di rimozione e smaltimento dell'amianto, vigilando in modo diffuso per verificare che ciò avvenga una volta per tutte. Occorre sensibilizzare, informare e prevenire il rischio amianto, verificare l'applicazione delle leggi con il monitoraggio della situazione attuale e soprattutto riproporre l'effettiva tutela dal punto di vista sanitario di coloro che in passato sono stati inconsapevolmente soggetti alle conseguenze devastanti dell'esposizione professionale, della manipolazione, dell'uso e dell'inalazione dell'amianto e di quanti lo sono tuttora.

sabato 15 settembre 2012

UNA NUOVA SCUOLA? PER ORA SOLO IL PROFUMO...

La questione precari della scuola. Il tema di scontro di questo inizio anno scolastico è il “concorso” per 11.000+11.000 posti annunciato per i prossimi settembre ed aprile. Sembrerebbe una buona notizia per tanti giovani, forniti di laurea, bisognosi di lavorare che sinceramente aspirino a dare, nella scuola, come insegnanti, il loro contributo allo sviluppo del Paese. Senonché, da anni, nelle graduatorie ad esaurimento, ristagnano centinaia di migliaia di insegnanti precari .Questi però non sono in naftalina. Sistematicamente, ogni anno, un centinaio di migliaia di essi viene ingaggiato e poi rimesso a riposo, senza venire assunto , svolgendo, come se niente fosse, un intero anno scolastico, al pari dei loro colleghi di ruolo, insicuri della riconferma e non percependo lo stipendio a luglio e ad agosto. Gente che si capisce bene quali difficoltà, data la particolare natura del proprio lavoro, abbia ad “arrotondare” “arrangiandosi” così come è ovviamente più agevole per lavoratori di tipo manuale. Il Ministro Profumo (che come tutti i suoi predecessori, sarà arrivato già a maledire il giorno in cui ha accettato l'incarico) ha cercato di vendersi, di fronte all'opinione pubblica, il concorso con l'immagine migliore possibile, dicendo che avrebbe dato spazio ai giovani. Non l'avesse mai detto: gli hanno fatto subito notare lo “sbarramento” al 2004. Poi gli è venuto in mente (come faceva Berlusconi una volta) di dire che lui nello Stato è l'unico che sta assumendo. Anche qui faceva meglio ad evitare di dirlo, essendo i 24.000 immessi in ruolo (altro provvedimento di questo Governo) esattamente pari agli insegnanti , in concomitanza, andati in pensione. Quindi non nuove assunzioni, che avrebbero potuto attenuare il fenomeno delle classi pollaio (30-35 alunni per classe) ma semplice sostituzione numerica. Anche in questo caso c'è un elemento immateriale a pesare la cui serietà nelle conseguenze educative graverà negli anni in molti futuri cittadini adulti. Classe numerosa significa senz'altro tanta allegria ma anche didattica svolta in maniera più sommaria e sbrigativa; la precarietà dell'insegnante inevitabilmente lede l'immagine dell'educatore di giovani, i quali sin da quell'età si abitueranno a considerare tutto lo Stato precario, insicuro, non affidabile, ingrato con chi abbia conquistato, con fatica e con merito, risultati nello studio. Un aspetto interessante, per noi che ci occupiamo di sicurezza sul lavoro, è ricordare che il TU sulla sicurezza, vanto da qualche anno di questa classe dirigente, prevede un massimo di 26 alunni per classe. Possiamo immaginare quanto potranno essere sensibili alla sicurezza questi futuri imprenditori e lavoratori che sin dai banchi di scuola imparano che le leggi in materia sono lettera morta. In aggiunta, la scuola sarà pure sempre più informatizzata ma l'edilizia scolastica è peggiorata rispetto a quando ancora internet doveva vedere la luce: il MIUR ha calcolato 12.000 edifici scolastici a rischio e non si capisce come verranno messi in sicurezza. Immaginiamo che i governanti daranno la colpa a chi avrà voluto l'abolizione delle Province,,,
Se l'assistenza ai disabili ancora non è un lusso (ma ci aspettiamo prima o poi che spunti qualche tecnico a dircelo...) osserviamo che siamo messi male anche con l'attuazione completa della figura dell'”insegnante di sostegno”.
Tornando alla questione concorsi, è interessante il dibattito sulla legge “del doppio canale” che impone il reclutamento degli insegnanti per metà dalle graduatorie e per metà dai concorsi (modalità, quest'ultima, unica, secondo le previsioni della Costituzione).Ovviamente, essendo in teoria condivisibile, sempre che la Costituzione non venga cambiata in corsa (ricordiamo tuttavia che per finanziare la scuola privata tutti questi scrupoli costituzionali, da parte delle classi dirigenti,non li abbiamo riscontrati) che la prospettiva auspicabile sia quella della riconduzione totale del reclutamento alla modalità concorsuale, è chiaro che il campo di gioco, dal punto di vista politico, è quello della gestione di un periodo transitorio la cui durata, però, non a caso, è lungi dall'essere stata determinata. E qui vengono cattivi pensieri poiché molti di quegli incolpevoli insegnanti resteranno per anni in graduatoria, i ministri della istruzione (se sono veri i rumors sulla riforma elettorale) torneranno a cambiare una volta all'anno (e quindi tanti saluti alla programmazione di lungo termine) e all'opposizione i “professionisti” della contestazione continueranno per decenni a vivere politicamente su movimenti che di anno in anno rivendicheranno riforme che loro stessi sanno che non si faranno mai, Il tutto in una nave Paese che affonderà nell'incultura, nel sottosviluppo e nel debito pubblico.
Sostanzialmente Profumo intende avviare una fase transitoria in cui si faccia un concorso ogni due anni , con le modalità semplificate a suo tempo stabilite dall'ex Ministro Fioronio (PD), in cui il numero dei vincitori sia pari a quello dei posti messi a concorso, in modo da evitare gli idonei e quindi l'alimentazione di ulteriori graduatorie. Agli attuali presenti in graduatoria egli lascerebbe la libera scelta se fare i concorsi o rimanere nella graduatoria a esaurimento. Già per l'anno scolastico prossimo i due concorsi provvederanno al reclutamento di 5000+5000 nuovi insegnanti. E continuare, parallelamente, col canale di reclutamento delle graduatorie.
L'obiezione che a gran voce viene dal mondo della scuola è: ma non era meglio pensare prima a reclutare, seppur gradualmente, senza concorsi ,tutti i 150.000 precari (tenendo conto che si tratta di persone laureate, vincitrici di concorso, abilitate, pluriqualificate, ecc) e poi, eventualmente, riprendere la normalità dei concorsi?Non c'è il rischio di ingiusti “scavalcamenti “?Ma, addirittura, sono arrivate critiche sul fatto che i futuri concorsi siano riservati ai soli abilitati e non a tutti i laureati, con minore attenzione, quindi, per i giovani.
E' evidente, a nostro parere, che la responsabilità di questo caos è della maggioranza parlamentare (di cui il Ministro è espressione) che doveva cambiare la legge del doppio canale, con la stessa velocità con cui vengono approvate le leggi che procurano finanziamenti ai partiti. C'è ancora tempo. Datevi da fare. Anche perché è assurdo che in un epoca di esaltazione dei valori aziendalistici, quando effettivamente capita che una figura professionale abbia dimostrato sul campo di saper fare il proprio lavoro (i precari) ciò venga ignorato sistematicamente (e, aggiungiamo noi, irresponsabilmente).Il Ministro Profumo, invece di avvitarsi in bizantinismi, potrebbe prendere carta e penna e progettare una legge che stia in piedi, che la maggioranza possa approvare. E' un tecnico di valore, seppur non eletto da nessuno, che abbiamo “assunto” in quanto credevamo capace di risolvere i problemi, né di metterli nel congelatore né, tanto meno, come sta facendo ora, friggendoli in padella (e nelle scuole, vi assicuriamo, sta per scoppiare una rivoluzione).
Odiosa inoltre è la vicenda degli inidonei, 3500 insegnanti che si sono ammalati gravemente (fino a ieri, non potendo stare a contatto con i ragazzi in aula, potevano, ad esempio, essere impegnati nelle biblioteche, che negli anni spesso sono divenute uno dei fulcri della attività scolastica) e sono stati deportati (in conseguenza della spending-review) ad attività di competenza del personale tecnico-amministrativo (dequalificazione dal 6-7° al 4° livello, oltre allo svolgimento di mansioni non inerenti alla loro laurea).Scalzando per giunta da quegli uffici i precari ATA a loro volta in sofferenza. Questo bailamme creato, sembra, solo per risparmiare 28 milioni di euro (somma che il governo avrebbe potuto recuperare più agevolmente facendo sequestrare i beni di uno o due dei consiglieri regionali, appartenenti, però, ai partiti di maggioranza , pescati dalle forze dell'ordine, nei mesi scorsi, a intascare mazzette).
Anche nel caso della Scuola viene spontaneo il dubbio. Quale interesse possono avere Monti, Profumo, il loro Governo e la loro Maggioranza a sviluppare seriamente la scuola pubblica?

UNIVERSITA' E RICERCA: QUALI PROSPETTIVE?

E' inutile chiudere gli occhi su un fenomeno che oggettivamente sta andando avanti da anni in Italia, quello del progressivo ridimensionamento dell' università attraverso il sostanziale blocco del turn-over , la caduta delle immatricolazioni, il calo dei laureati e l'emigrazione dei cervelli. D'altra parte in Italia, al contrario di ciò che invece è accaduto, ad esempio, negli Stati Uniti, l'immigrazione è fondamentalmente concepita come afflusso di braccia e non di cervelli. E questo è un fattore che peserà in maniera determinante sullo sviluppo, nei prossimi anni, del nostro Paese.
E' controverso se di questa situazione sia causa o effetto la tendenza, da parte dello Stato, a ridurre (negli ultimi anni a tagliare) la spesa pubblica destinata alla istruzione pubblica e una certa concomitante accondiscendenza nell'allentare la tensione rivolta alla verifica che lo sviluppo della concorrente istruzione privata avvenisse effettivamente, come stabilisce la Costituzione, senza oneri per lo Stato stesso. L'attuale compagine governativa, in tal senso , ha trovato il lavoro sporco ormai quasi tutto fatto da Tremonti e, malgrado le intenzioni e i proclami, non è riuscita a invertire la tendenza né a farci intravvedere qualcosa di realmennte alternativo . La conclamata battaglia contro la dispersione scolastica,meritoria nelle intenzioni, non ha potuto approdare, con questi chiari di luna, a nulla di realmente tangibile. Si badi che nel mondo dell'istruzione la situazione è drammatica non solo dal versante dell'occupazione e del precariato ma, soprattutto, da quello della ricerca, fattore prioritario di competitività. In parole povere, anche se non ce ne accorgiamo, con pazienza, da anni, l'Italia sta ponendo le basi del suo futuro declino e sottosviluppo, irreversibili, nel momento in cui umilia e azzera la ricerca. Nell'Università, in particolare, in una situazione di calo delle immatricolazioni e di aumento dei fuoricorso, anche la mera riapertura della possibilità di aumentare sensibilmente le tasse universitarie assomiglia in maniera impressionante all'avvelenamento che provoca l'infermiere maldestro sbagliando l'applicazione della flebo al paziente. Nessuno può pensare che la mano che fermi questo scempio possa levarsi dall'Europa in cui governano proprio i nostri competitor , allettati da un declino del nostro Paese a favore della loro industria. Dobbiamo quindi pensare da soli a salvarci, se ancora siamo in tempo.
Ricordiamo i nostri preoccupanti dati di partenza: riduzione delle immatricolazioni all'università del 10%, laureati italiani al 20% dei giovani (l'UE ce ne chiede almeno il 40%) , un giovane su due che va via dall'Italia è laureato (3000 l'anno- ma è un dato sottostimato perché quelli sono solo coloro che lo ufficializzano cancellandosi dall'anagrafe-, la metà ha meno di 40 anni),immigrati che non operano un ricambio di pari livello culturale in quanto hanno titoli di studio più bassi.
Quello che negli anni '70 era lo slogan di punta dei movimenti di contestazione, il diritto allo studio, è ormai riposto in soffitta da tutti gli operatori del settore e protagonisti della dialettica politica e sociale. Il dato che l'Università sia (per qualcuno debba) essere classista sembra ormai incontrovertibile e irreversibile. E ovviamente , come logica conseguenza, il nepotismo per l'accesso alla docenza conosce una seconda gioventù, come quei parassiti che hanno sviluppato, dopo la tempesta mediatica di qualche anno fa,la resistenza ai più potenti insetticidi. E anche perché i soldi a disposizione sembrano non esserci proprio. In compenso gli istituti per il diritto allo studio spuntano come funghi, Se trovassimo la maniera di far produrre energie dalle scartoffie e dalle poltrone (escludendo la combustione) avremmo risolto il problema del deficit energetico dell'Italia.
La competenza delle Regioni, in materia di diritto allo studio, produce da anni la frammentazione delle politiche, dei flussi di denaro e un potente alibi al ministero. Esiste un grande problema relativo all'orientamento, dato che dopo il primo anno, circa il 23% degli studenti lascia l'Università. E questo abbandono arriva, negli anni successivi, addirittura al 50%.
Esistono precise strategie per ovviare a ciò. La soluzione è meno difficile di quanto si pensi, considerando che copiare, una volta tanto, da altri Paesi europei dove questi fenomeni di abbandono non si verificano, sarebbe dignitoso e meritorio da parte dei nostri governanti. Ma qui vanno a braccetto gli interessi della università privata con quelli dei falsi progressisti, spesso intrisi di pregiudiziali ideologiche incattivite dai fallimenti di lotte pluridecennali.
Che fare per trattenere laureati e ricercatori? Semplice (lo fanno già all'estero): pagarli di più, garantire loro migliori condizioni di lavoro, fare in modo che si “sistemino” nelle istituzioni e nelle imprese italiane, non chiudere loro le opportunità che si presentano, difenderli dai raccomandati, valorizzare il merito.
Fino al 2010 si tentò un piano di rientro ma da allora tutto è bloccato, con risultati insufficienti ad invertire la tendenza. Intendiamoci, la mobilità è un fattore necessario e positivo, nella ricerca come in tante altre attività. Il problema è che questi non tornano più e sfuggono l'Italia come la peste. E l'Italia, in sostituzione a loro, non è neppure in grado di essere appetibile per altri ricercatori stranieri. In Italia, poi, contrariamente a quello che accade all'estero, il contratto a tempo determinato è sinonimo di precarietà e miseria. Stiamo parlando di Università italiane ma anche di Enti di Ricerca, l'ulteriore sbocco, nel quale non c'è certo una situazione migliore. Contrariamente ad altre parti del settore pubblico in cui il blocco del turn-over , dato il progresso tecnologico e informatico, ha effetti positivi in direzione della razionalizzazione delle mansioni e della riduzione del costo del personale e quindi della spesa pubblica, nella ricerca esso è devastante in quanto il continuo ricambio e confronto anche generazionale è un riconosciuto fattore di dinamicità e successo, che rende molto di più di quanto finanziariamente investito. Se blocco del turn-over nella ricerca significa chiusura di spazi per i giovani, è ovvio che si crei un flusso migratorio verso paesi che nell'attuale fase investono molto di più in quel settore. Nell'Università l'ultimo concorso, ricordiamo, è del 2008.
Tutti quelli fatti finora sono bellissimi discorsi ma torniamo alla realtà, di tagli e spending-review Quindi, nel futuro prossimo niente soldi, per il presente utilizzo di residue risorse pubbliche e di fondi regionali o delle fondazioni bancarie private che, al massimo, consentiranno quest'anno, la abilitazione di professori di seconda fascia (l'80 % dei quali però saranno dei ricercatori a tempo indeterminato che verranno, con quei fondi residui,in tal modo, promossi. Forze nuove, come si vede, ben poche Pannicelli caldi quindi (venduti abbastanza bene con effetti annuncio) , altro che crescita fondata sul rilancio della competitività. Pensate che anche per quel risicato 20% vi saranno domande in massa poiché nessuno sa prevedere quando passerà il prossimo treno (concorso). Sembra una scena tratta da “Roma città aperta”.Povera Università italiana!A quanto afferma Profumo (procedure di abilitazione annuale già programmate fino al 2015) non crede di fatto nessuno. Perché non ci sarà più lui e non è il momento da permettersi programmi a medio termine. Il “profumo” (quello solo) c'è ma non costa nulla!
Ci sarebbero, in realtà, altre risorse, quelle europee che, tuttavia, anche in questo campo, riusciamo ad utilizzare mendo di altri Paesi. In sintesi, il problema è nella scarsa capacità di adeguamento alle regole e alle tempistiche europee da parte sia delle istituzioni che della platea di potenziali beneficiari. Non quindi un deficit qualitativo ma organizzativo, che speriamo (ormai per l'attuale tornata di fondi c'è poco da fare) possa essere colmato in occasione dei prossimi bandi.
Ritornando all'aumento delle tasse universitarie per i fuori corso, motivato dal governo con un giro di vite volto a chiedere , rispetto all'investimento finanziario che lo Stato fa per ogni studente, una maggiore e più stringente tempistica che rispetti la durata teorica del corso di studi, troviamo particolarmente odioso che l'idiosincrasia dei politici italiani per la serietà nel mantenere gli impegni, le promesse e nel rispetto dei tempi venga scaricata su giovani (e meno) che hanno coltivato per anni un sogno oneroso non certo , a quel punto, per una aspettativa professionale o di carriera ma per una disinteressata soddisfazione a voler coronare un progetto, tra tanti sacrifici, ivi compresa la condizione di studente lavoratore, spesso in nero.
Lo studio deve essere disinteressato e libero, siamo contro il numero chiuso e per l'abolizione del valore legale del titolo di studio. E' spregevole che si giustifichino mere operazioni di cassa a favore delle baronie accademiche e della burocrazia di sostegno, distruggendo i sogni di tanti giovani.
Se un giovane non ha tempo di andare all'università se non il giorno dell'esame non si capisce proprio quale onere ciò comporti per lo Stato se non quello di garantire lo stipendio a docenti evidentemente poco competitivi , seppur con buone parentele.
Si parla di autonomia e discrezionalità da parte di ogni Università, la quale, tristemente, dovrà scimmiottare i Comuni che stabiliscono l'aliquota IMU. Immaginiamo cosa accadrà...
Tolto il trucco dalla faccia, la realtà di questo governo emerge in modo impietoso. La riforma Gelmini non è stata per nulla corretta. La riforma si dice non è stata rifatta per mancanza di tempo. Qualche pezza, però, qua e là, poteva, con un po' di buona volontà, anche essere collocata. E invece, nulla di nulla.
A nostro parere l'errore di Profumo e della sua maggioranza è quello di condizionare l'operatività della ricerca alla ripresa e non di inventarsi una maniera nella quale la ricerca possa essere la causa di una ripresa. E' ovvio che la fiscalità attuale è incapiente ma altrettanto ovvio che da scelte diverse di dislocazione delle risorse potevano emergere quelle per scuola ricerca e università. Perché NON è vero che TUTTI i settori siano ormai agli sgoccioli . Nella politica, nelle istituzioni, nell'impresa vi sono realtà che ancora potrebbero e dovrebbero dare tanti soldi al Paese. Che non lo si voglia, poi, è un altro paio di maniche. Se i partiti che sostengono Monti hanno l'80% dei voti significa che forse è la gente che deve decidere con più chiarezza cosa vuole dalla politica, quale modello di istruzione le chieda di valorizzare. E poi un'altra domanda “capitale”: conviene davvero al settore privato che le risorse vengano assegnate a una ricerca i cui risultati siano di pubblica utilità? E conviene a Monti e al suo Governo spingere in questa direzione?

mercoledì 5 settembre 2012

IERI L'INCONTRO TRA I SINDACATI RAPPRESENTATIVI DEL PUBBLICO IMPIEGO E IL MINISTRO DELLA FUNZIONE PUBBLICA PATRONI GRIFFI

Siamo entrati in possesso di un filmato della riunione con le dichiarazioni finali dei partecipanti. Purtroppo per un disguido sono andati persi i nomi scritti in sovraimpressione.Sappiamo per certo però che uno di loro era il portavoce unitario designato dai sindacati rappresentativi del pubblico impiego. Qualcuno saprebbe dirci quale sia tra i cinque personaggi?

lunedì 3 settembre 2012

AUTORITARISMO NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: SE LO CONOSCI , LO EVITI

E' con sincero disappunto che stamattina abbiamo letto la seguente notizia sul sito Internet di una organizzazione sindacale , nostra concorrente, rappresentativa nel pubblico impiego.
Tre dirigenti sindacali nazionali di quella Organizzazione Sindacale sono stati proposti per il licenziamento immediato senza preavviso per aver prodotto un comunicato sindacale indigesto all'amministrazione (l'INPS). Il 12 settembre sono chiamati a difendersi di fronte alla commissione di disciplina nazionale dell'Ente previdenziale . La colpa che si imputa loro, infatti, e' quella di aver costantemente denunciato i continui misfatti compiuti dalla dirigenza a danno del personale e/o della funzionalità della pubblica amministrazione.
Addirittura si imputa, oggi a quei tre dirigenti nazionali ma era già accaduto recentemente nei confronti di dirigenti di Federazioni territoriali di quello stesso Sindacato, "il fatto che anche i dirigenti sindacali, pur se in distacco e quindi non alle dipendenze dell' ente, devono esimersi dall'esprimere giudizi negativi sull'operato delle amministrazioni o di dirigenti dell'amministrazione pena l'accusa di 'rottura del rapporto fiduciario'".
Vogliamo sperare che la notizia possa essere ridimensionata nella sua gravità e, a tal proposito, attendiamo (e siamo disposti a pubblicare) da parte dell'INPS smentite, correzioni o esternazioni di punti di vista diversi.
Per la verità notizie del genere le sentiamo da qualche anno più che altro , però, in relazione a comportamenti di singoli, nelle varie Amministrazioni, che effettivamente arrivano un pò ai ferri corti con parte della dirigenza, nei rapporti interni. Addirittura vi sono stati casi di licenziamento in tronco (ad esempio all'Agenzia delle Entrate) in caso di interventi su blog (quindi di dominio pubblico) che denunciavano veri e propri illeciti, pur se genericamente.
Qui tuttavia c'è un salto di qualità. Ritorsioni da parte delle Pubbliche Amministrazioni verso i propri dipendenti per atti compiuti nell'ambito della attività sindacale assomigliano troppo ad azioni compiute da governi passati nei confronti di politici e giornalisti sgraditi.
E'in pericolo la democrazia quindi ma, prima ancora, la convivenza civile e l'ordine pubblico. Reprimere chi, come i sindacalisti, in definitiva, a parole, non fanno altro che rappresentare i propri iscritti in battaglie civili ma pacifiche equivale a porre le premesse affinchè a chi soffre di un vero disagio sociale (e ciò accade oggi, senza ombra di dubbio, tra i lavoratori degli uffici pubblici) possa venire in mente di farsi giustizia da solo e al di fuori della legge. Quindi un triplice appello: agli altri sindacati, affinchè, come noi stiamo facendo in questo momento, manifestino la loro solidarietà a quelli che, prima ancora di essere dirigenti sindacali, sono lavoratori: chiara e forte, in modo che sia ascoltata da quelle Amministrazioni; ai vertici governativi (soprattutto al Ministro dell'Interno) affinchè spengano sul nascere qualsiasi tentazione autoritaria e antidemocratica nella P.A. (e nel mondo del lavoro) che porterebbe alla rovina questo Paese; ai vertici ministeriali, affinchè dislochino i dirigenti a loro disposizione in maniera più accorta, dando spazio a coloro con maggiore esperienza e buon senso, in modo da prevenire la nascita di questi conflitti impari , inutili e ridicoli.