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giovedì 14 novembre 2013

UNA PROPOSTA DEL SINDACATO DIRIGENTI DELL'AGL PER FAR FRONTE DA SUBITO ALLE NUOVE POVERTA': OGNI MESE, META' STIPENDIO DEL DIRIGENTE PUBBLICO MESSO A DISPOSIZIONE , VOLONTARIAMENTE, DEI SERVIZI SOCIALI DEL COMUNE DI RESIDENZA



E' notizia di oggi: per l'OCSE i dirigenti pubblici italiani sono i più pagati del mondo, quasi il triplo della media.
Nel frattempo diviene sempre più insopportabile i fenomeno degli anziani che non riuscendo ad arrivare alla fine del mese sono costretti a rovistare tra i rifiuti dei mercati rionali e dei supermercati per mettere insieme un misero pasto.
Come già avvenuto da parte di molti calciatori che si sono ridotti lo stipendio per senso di responsabilità in questa tremenda crisi, riteniamo che anche i dirigenti pubblici italiani, non tutti responsabili di queste assurde distorsioni retributive, debbano schierarsi dalla parte del Bene e del Prossimo, dando per primi l'esempio. L'ADIR-AGL, nel continuare ad auspicare la riforma della Pubblica Amministrazione e del sistema pensionistico, certo di non immediata realizzazione, propone per intanto a tutti i dirigenti pubblici italiani, nell'emergenza, di destinare d'ora in poi, volontariamente, ogni mese, ai Servizi Sociali del proprio Comune di residenza, metà del proprio stipendio. Sapranno sicuramente questi Uffici destinare queste prime risorse a chi veramente ne ha più urgente ed immediato bisogno. E chiediamo che il Ministero della Funzione Pubblica renda noto l'elenco di quei dirigenti che vorranno partecipare a questa iniziativa. Quanto ne sarebbe importante il successo, per ridare credibilità alla dirigenza, alla pubblica amministrazione e alla possibilità del nostro Paese di riprendersi!
ADIR-AGL
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“””””””””Ocse:dirigenti Pa Italia più pagati,quasi triplo media

solo per 28% cittadini fiducia in governo

14 novembre, 14:21
I senior manager della pubblica amministrazione centrale italiana sono i più pagati dell'area Ocse, con uno stipendio medio di 650 mila dollari, oltre 250 mila in più dei secondi classificati (i neozelandesi con 397 mila dollari) e quasi il triplo della media Ocse (232 mila dollari). Lo rileva l'Ocse, con dati aggiornati al 2011. In Francia, un dirigente dello stesso livello guadagna in media 260 mila dollari all'anno, in Germania 231 mila e in Gran Bretagna 348 mila. Negli Stati Uniti, la retribuzione media è di 275 mila dollari.
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Se la pensione non basta la spesa si fa tra i rifiuti

Maria Sorbi - Mer, 13/11/2013 - 07:14
“””””””Arriva mentre il mercato sta per sbaraccare, attorno alle due del pomeriggio. Tanto la merce sui banchi non gli interessa, è troppo cara. Lui va in cerca degli scarti tra i cumuli di cassette di legno gettate negli angoli.
E lì trova sempre qualcosa: cespi di insalata ancora buona, resti di cavoli e carciofi, qualche finocchio malconcio ma, tutto sommato, mangiabile. Basta non fare troppo gli schizzinosi e la spesa è fatta.
Così, al mercato-bene di via Cesariano, a pochi passi dall'Arena, fa provviste un anziano, habitué della zona. Non è un barbone, né uno che vive di stenti per la strada. È semplicemente uno a cui la pensione non basta, uno che tira a campare. E allora eccolo attraversare la doppia corsia di via Melzi d'Eril con la sua busta della spesa già usata e ripiegata chissà quante volte. La porta, ancora vuota, dietro la schiena, va di buon passo sulle sue Adidas con la para, si guarda attorno e un po' dissimula l'imbarazzo per la missione settimanale tra le bancarelle. Poi si china, fruga con pazienza tra gli scarti e scova frutta e verdura.
Nel frattempo gli ambulanti smontano i loro tendoni. «Non immagina quanta gente così c'è» commenta una venditrice mentre ritira le cassette di cachi ancora intonsi snobbati dalle sciure del quartiere. A sentire i fruttivendoli dietro alle bilance, sono parecchie le persone che vanno a fare la spesa tra i cumuli di rifiuti del mercato. Quelli dove nemmeno i cani chic dell'isolato si fermano a nasare qualcosa da addentare. Andrea e suo padre, che da una vita hanno un banco di primizie in via Cesariano, per risparmiare a tanta povera gente l'umiliazione di chinarsi a cercare qualche foglia di insalata di scarto, alla fine della giornata preparano un po' di sacchettini di verdura di seconda scelta o rimasta invenduta e li regalano a chi non può. «Guardi che anche le signore di un certo livello hanno dimezzato la spesa, mica soli i poveretti» commentano gli ambulanti. Insomma, prima le famiglie mandavano le colf a riempire sacchi di frutta esotica e verdure selezionatissime, ora hanno ridotto quantità e qualità.
«Lavoro in questo mercato da oltre dieci anni - conferma all'angolo un venditore mentre sistema i sacchi di noci - e devo ammettere che è un disastro. Non solo nell'ultimo anno le vendite sono calate ma ci sono sempre più persone, soprattutto anziani, che ci chiedono roba ammaccata pur di pagare meno. O che vanno a cercare tra le cassette da gettare via».
Questo accade in un mercato del centro. Ma le stesse scene si vedono ovunque: a Papiniano e, motivo in più, nei mercati di periferia. Idem all'Ortomercato il sabato mattina. A darcene conferma è Ketty Capra, in rappresentanza degli ortofrutticoli. «Ormai tra gli scarti non frugano più solo stranieri e barboni - racconta - ma anche persone che non diresti mai e tanti anziani. Spesso le famiglie, soprattutto alla fine del mese, ci chiedono se avanziamo qualcosa o se abbiamo roba di scarsa qualità per risparmiare un po'». La seconda scelta insomma è diventata merce preziosa. Tanto che anche gli ambulanti che vanno a rifornirsi in via Lombroso la comprano in quantità molto maggiori rispetto al passato. È una regola del mercato: l'offerta segue la crescita della domanda. “””””””””

venerdì 8 novembre 2013

ALP-AGL: LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE INIZIERA' A CAMBIARE QUANDO ANCHE I SINDACALISTI AVRANNO IL CORAGGIO DI PAPA FRANCESCO NELL'AMMONIRE IMPIEGATI E DIRIGENTI CORROTTI O TENTATI DAL DIVENTARLO

Da www.ansa.it

Papa: basta 'dea tangente', corruzione toglie la dignità

''Chi la pratica dà ai figli pane sporco''

08 novembre, 12:39
 
CITTA' DEL VATICANO - Chi "pratica le tangenti" ha "perso la dignità" e dà ai figli "pane sporco". Papa Francesco ha dedicato la sua omelia a Santa Marta a un lungo appello contro i guadagni da "corruzione", la cui abitudine "dà dipendenza", pregando infine "perché il Signore cambi il cuore di questi devoti della dea tangente".
Il Papa, nell'omelia, ha pregato per i tanti giovani che ricevono dai genitori "pane sporco", guadagno frutto di tangenti e corruzione, e hanno fame di dignità perché il lavoro disonesto toglie la dignità. La parabola dell'amministratore disonesto, riferisce la Radio Vaticana, ha dato lo spunto al Papa per parlare "dello spirito del mondo, della mondanità", di "come agisce questa mondanità e quanto pericolosa sia". Gesù "pregava il Padre perché i suoi discepoli non cadessero nella mondanità". "E' il nemico": "Quando noi pensiamo ai nostri nemici, davvero pensiamo prima al demonio, perché è proprio quello che ci fa male. L'atmosfera, lo stile di vita piace tanto al demonio, è questa mondanità: vivere secondo i valori - fra virgolette - del mondo. E questo amministratore è un esempio di mondanità". "Qualcuno di voi potrà dire - ha proseguito -: 'Ma, questo uomo ha fatto quello che fanno tutti!'. Ma tutti, no! Alcuni amministratori, amministratori di aziende, amministratori pubblici; alcuni amministratori del governo... Forse non sono tanti. Ma è un po' quell'atteggiamento della strada più breve, più comoda per guadagnarsi la vita". Nella parabola, il padrone loda l'amministratore disonesto per la sua furbizia: "Eh sì, questa è una lode alla tangente! E l'abitudine della tangente è un'abitudine mondana e fortemente peccatrice. E' un'abitudine che non viene da Dio: Dio ci ha comandato di portare il pane a casa col nostro lavoro onesto! E quest'uomo, amministratore, lo portava, ma come? Dava da mangiare ai suoi figli pane sporco! E i suoi figli, forse educati in collegi costosi, forse cresciuti in ambienti colti, avevano ricevuto dal loro papà, come pasto, sporcizia, perché il loro papà, portando pane sporco a casa, aveva perso la dignità! E questo è un peccato grave! Perché si incomincia forse con una piccola bustarella, ma è come la droga, eh!".
Dunque - ha affermato il Papa - l'abitudine alle tangenti diventa una dipendenza. Ma se c'è una "furbizia mondana" - ha proseguito papa Francesco - c'è anche una "furbizia cristiana, di fare le cose un po' svelte... non con lo spirito del mondo", ma onestamente. E' ciò che dice Gesù quando invita ad essere astuti come i serpenti e semplici come colombe: mettere insieme queste due dimensioni - ha sottolineato - "è una grazia dello Spirito Santo", un dono che dobbiamo chiedere. Infine, ha concluso con una preghiera: "Forse oggi ci farà bene a tutti noi pregare per tanti bambini e ragazzi che ricevono dai loro genitori pane sporco: anche questi sono affamati, sono affamati di dignità! Pregare perché il Signore cambi il cuore di questi devoti della dea tangente e se ne accorgano che la dignità viene dal lavoro degno, dal lavoro onesto, dal lavoro di ogni giorno e non da queste strade più facili che alla fine ti tolgono tutto". "E poi finirei - ha aggiunto - come quell'altro del Vangelo che aveva tanti granai, tanti silos ripieni e non sapeva che farne: 'Questa notte dovrai morire', ha detto il Signore. Questa povera gente che ha perso la dignità nella pratica delle tangenti soltanto porta con sé non il denaro che ha guadagnato, ma la mancanza di dignità! Preghiamo per loro!".

mercoledì 23 ottobre 2013

NUOVO SISTEMA DI RECLUTAMENTO DELLA DIRIGENZA PUBBLICA: SONO SOLO FATTI LORO?

L'ITALIA, PER CAMBIARE VERAMENTE, AVREBBE BISOGNO DI DIRIGENTI PUBBLICI ANCHE NON LAUREATI DI CUI AL DI LA' DEL TITOLO DI STUDIO “ITALIANO” CONSEGUITO SIA ACCERTATA L'EFFETTIVA CAPACITA', ASSUNTI A TEMPO DETERMINATO (TUTTI!) IN COERENZA CON L'APPLICAZIONE DELLO SPOILS SYSTEM, NON PIU' SELEZIONATI CON CONCORSI “ITALIANI”.
SE DOBBIAMO, PER OTTENERE CIO', CAMBIARE LA COSTITUZIONE, FACCIAMOLO E PRESTO!

La attuale dirigenza pubblica non viene da Marte. E' quello che è oggi in base a una precisa storia nella quale meritocrazia e selettività raramente sono stati applicati.

Tanto è vero che, data l'inapplicabilità di tale sistema, funzionante solo in teoria, la macchina statale, per andare avanti ha dovuto adattarsi per trovare in fretta gente capace (precaria, assunta a tempo o proveniente dall'esterno della PA) di evitare che i dirigenti griffati (quelli con la parentela o la parrocchia politica giusta) mandassero del tutto a fondo lo Stato.

PER FORTUNA CHE LA DIRIGENZAE' PRECARIA, ALTRIMENTI L'ITALIA SAREBBE OGGI DEL TUTTO SUCCUBE DI UNA DITTATURA BUROCRATICA.
LA CLASSE POLITICA, ELETTA DAI CITTADINI (AL CONTRARIO DI QUELLO CHE E' SEMPRE STATO PER I DIRIGENTI) E' QUELLACHE DEVE SAPER SCEGLIERE UNA DIRIGENZA FUNZIONALE A REALIZZARE LA VOLONTA' DELL'ELETTORATO IN UN TEMPO DETERMINATO E CONTROLLABILE E NON A COSTRUIRE PER SE', CON I SOLDI PUBBLICI, VILLE, CASTELLI O FEUDI ETERNI, COME ACCADE OGGI.

E' LA POLITICA, ALTRIMENTI A RISCHIARE DI DIVENTARE SERVA DI UNA DIRIGENZA IRRESPONSABILE E ONNIPOTENTE, DELLE SUE INDEBITE PRESSIONI, ACCOMPAGNANDOCI VERSO UN FUTURO ILLIBERALE E ANTIDEMOCRATICO.

Abbiamo bisogno di una Pubblica Amministrazione che venga azzerata e ri-proggettata daccapo, con dirigenti non stabili ma sempre sotto esame (come gli allenatori di calcio) perchè solo così i risultati possono essere raggiunti. A tempo comunque determinato , applicando lo Spoils System, eliminando il valore legale del titolo di studio, di cui siano accertati preventivamente le reali capacità e conoscenze in maniera diversa dagli attuali concorsi che hanno prodotto il disastro che conosciamo, dipendenti dalla volontà popolare, premiati in caso stronchino comportamenti illegali al di sopra o al di sotto di loro.

Ci dispiace per i governi presenti e passati ma i più recenti provvedimenti di legge in materia sono o inutili o dannosi. Non serve né demonizzarli né prostrarsi innanzi ad essi (come sta accadendo da parte delle altre organizzazioni della dirigenza).

Nessun governo può mettere le mani nella questione per il semplice fatto che le stesse rischiano di essere tagliate da una burocrazia sempre più potente e indisturbata.

La stessa nostra concorrenza sindacale sta facendo una patetica figura, cercando di assecondare, in maniera miope, o i vecchi dinosauri infastiditi o i giovani rampanti che attraverso gli incarichi precari hanno cominciato ad annusare l'arrosto o quelli che si illudono da una vita di diventare un giorno dirigenti e si domandano “perchè noi ancora no?”.

Da anni si dice che il segreto per avere una pubblica amministrazione più efficiente sia quello di assumere i migliori, offrendo loro stipendi più alti o la garanzia dell'inamovibilità.

Risultato è stato: promozione in blocco, a metà degli anni Novanta, della vecchia classe dirigente burocratica reclutata sappiamo come, pensioni d'oro scandalose, afflusso dall'esterno di mediocri incapaci di sostenere la concorrenza del settore privato che una volta entrati puntano i piedi e non vogliono più uscire perchè sanno che dal di fuori nessuno li vorrebbe più.

Basta con le stabilizzazioni dei raccomandati, basta con le pagelle artefatte, basta con le riserve dei posti, basta con i falsi concorsi.

E' necessario che i dirigenti e gli aspiranti tali queste cose le capiscano e presto e si muovano per cambiare nella direzione da noi proposta, altrimenti la cittadinanza e l'elettorato potrebbero stancarsi e pensare che non sia poi così necessario che la Pubblica Amministrazione abbia dei “dirigenti” che costano così tanto e producono tutti questi guai.
E allora si che rischieremmo di buttare via l'acqua sporca col bambino dentro!


ADIR-AGL
Alleanza Manager, Professionisti, Alte Professionalità, Quadri, Dirigenti Pubblici e Privati aderente all'AGL


domenica 8 settembre 2013

PER NOI DELL'AGL..........LA CONTRATTAZIONE PUBBLICA......... E' UNA CAGATA PAZZESCA!!!!!

Il governo Enrico Letta I non sembra, ormai tutti ne sono convinti, aver apportato vere novità nell'approccio che da decenni, ormai, le classi dominanti hanno di fronte alla questione del Pubblico Impiego. Questo Esecutivo, in pratica, non ha realizzato finora quasi nulla e il fatto che solo nell' affrontare le emergenze della Pubblica Amministrazione abbia trovato modo di mettere le mani in qualcosa di concreto è l'ennesima dimostrazione, se ce ne fosse stato ancora bisogno, di come tra Centro Sinistra e Centro Destra vi sia accordo solo su un fatto: la PA così come è, deve essere soppressa, lentamente e dolcemente, così come si fa per dei cani che invecchiano inesorabilmente e che ci hanno accompagnato per anni, standosene lì, in un cantuccio, buoni buoni e consumando poco o niente.
Gli stessi Sindacati del Pubblico Impiego, tutti, grandi e piccoli, vecchi e giovani, rappresentativi o meno, sembrano ormai solo patetiche vittime di un destino inesorabile. Costretti a dire qualcosa, a giustificare le trattenute mensili di adesione, ad urlare qua e là, ogni tanto, contro lo scandalo di turno, non sanno neppure loro come giustificare la loro esistenza, che posto trovare nel vecchio presepe, a quale direttore generale portare i loro (nostri) doni.
E , “diciamolo” (come direbbe Ignazio) neanche i semplici dipendenti, più o meno stabili, se la passano meglio, dal punto di vista umorale (anche perchè da quello economico e materiale ormai hanno fatto l'abitudine a una vita di ascesi e preghiera). Continuano a ringraziare e a baciare per terra per avere da così tanto tempo un posto “sicuro” (ovviamente tutti giurano e spergiurano di aver affrontato, in ogni epoca, un durissimo e selettivo concorso, di non aver mai avuto raccomandazioni) , guardano alla Grecia e dicono che no, da noi, simili cose agli statali non potranno mai accadere perchè noi siamo una grande nazione, continuano in maggioranza ad aderire ai grandi sindacati (anche perchè quelli piccoli, che non hanno mai sfondato, o sono fotocopie degli stessi o vivacchiano in vicinanza del limbo del cinque per cento – attenti a non sbilanciarsi perchè la cosa potrebbe costar cara alle successive elezioni rsu – o sono falsamente conflittuali, pronti, se capita l'occasione, nel Pubblico, a vendere di tutto e di più di sé stessi) e, ovviamente hanno votato in massa (e continueranno a farlo) proprio per il Centro Destra e Centro Sinistra a cui da anni danno tutto senza mai aver ricevuto nulla se non la promessa (come le vacche sacre in India) che qualunque cosa accada il posto verrà salvaguardato anche a costo di dover ridursi a brucare solo l'erbetta, qua o là.
Si sentono lamenti sul fatto che sia stata usata l'estate per questa nuova operazione sul Pubblico Impiego ma anche qui siamo all'ipocrisia. La conflittualità vera, in questo settore, per i motivi di cui sopra, è inesistente e ciò che avviene ce lo possiamo aspettare in ogni stagione. I grandi sindacati, tutti politicamente rappresentati, anche da loro ex colleghi, in questo governo, non faranno mai sciopero generale né lo minacceranno. Ce ne è alle viste uno, ad ottobre, dei sindacati alternativi ma, come di consueto è e sarà solo un segnale di debolezza e impotenza, addirittura controproducente per i lavoratori (per le loro tasche) e velleitario poiché, ormai è scientificamente dimostrato, il dipendente pubblico italiano, finchè non sarà sul lastrico, mai e poi mai trarrà conseguenze politiche dalle proprie lotte (e disavventure) sindacali. Pensiamo all'esempio più recente, quello degli esodati, organizzati e fatti sfilare dal sindacato di riferimento del partito che più di ogni altro ha voluto il governo che li ha condannati. Quindi cornuti e mazziati a ciclo continuo e perpetuo, per di più contenti di esserlo (ciò accade quando il partito diventa una religione: muori contento e riconoscente del tuo destino di cui sei stato l'artefice).
L'ennesimo blocco degli stipendi quindi, conseguente al blocco dei contratti. Intendiamoci: dal punto di vista emotivo una persona che vive nel mondo del lavoro e il cui lavoro è difendere i diritti dei lavoratori non può, in prima battuta, non commuoversi e indignarsi per questo abuso continuato cui sono sottoposti da anni i lavoratori pubblici italiani. Ma, in seconda battuta, si capisce, a naso, che c'è qualcosa che non va in questa ribellione che, proprio perchè di lunga data, ormai assomiglia più a un rito che ad altro.
Il blocco degli stipendi, si dice. Un argomento polemico spesso usato da chi giustifica i tagli alla P.A. È che le statistiche dimostrano che, ohibò, negli ultimi anni gli stipendi pubblici sono invece aumentati e, dicono costoro, per di più in maniera insopportabile nei confronti del settore privato.La risposta (ritualmente) è ovvia e semplice. Si fa la media del pollo di Trilussa, non possono essere calcolati assieme gli stipendioni dei dirigenti e gli stipendiucci degli impiegati, non si tiene conto della concomitante crescita del precariato e delle consulenze spesso inutili (in presenza di competenze interne inutilizzate) e, molte volte, elargite agli amici degli amici. Il problema è che questa stucchevole contesa avviene, forse qualcuno se ne dimentica, sul campo di uno stadio in cui, sugli spalti vi è la gran massa dei lavoratori privati e degli imprenditori,dei pensionati privati e dei disoccupati che il posto pubblico lo hanno sentito raccontato solo nelle favole e, al netto di certe reminiscenze, soprattutto da parte della popolazione non esattamente legata agli scambi politico-elettorali che avvengono a Roma. Per cui occorrerebbe rendersi conto che certe polemiche, alla lunga, stancano, riguardando comunque una minoranza che pur vivendo su un altro pianeta condiziona pesantemente l'esistenza di tutti noi.E forse questa è una delle ragioni della scarsa sensibilità dell'opinione pubblica nei confronti delle problematiche di questa parte del mondo del lavoro , attenzione che invece si ridesta quando il cittadino e l'impresa hanno a che fare con la burocrazia. Poi accade che questi votino e mandino al governo i nemici acritici e grossolani di tutto ciò che è apparato pubblico. I quali senz'altro sono poi i soggetti meno adatti a concepire serie e costruttive riforme della pubblica amministrazione. Capito ora perchè chi scrive da anni insiste nell'invitare i lavoratori pubblici ad occuparsi prima della burocrazia e poi, resisi presentabili, anche delle giuste retribuzioni?Certo, una questione di equità stipendiale esiste nella Pubblica Amministrazione e fa parte dell'annoso problema dei bassi stipendi nel mondo del lavoro dipendente italiano rispetto all'Europa. Tema scomodo, fra l'altro. Come farebbero infatti i Sindacati che campano sulla strumentalizzazione dei precari ad ammettere che esiste una parte di precariato per scelta, da parte di quei soggetti che, grazie al fatto di non aver portato i propri cervelli all'ammasso, si sono fatti due conti e hanno capito, per il momento, che passare a un lavoro dipendente non dirigenziale significherebbe iniziare a fare veramente la fame?E, per continuare ad essere impertinenti, come farebbero i Sindacati e i partiti che da anni ci dicono che i dipendenti sono gli unici a pagare tutte le tasse ad ammettere che a conti fatti non può essere materialmente possibile che uno possa davvero mantenere una famiglia con uno stipendio del genere e che quindi è costretto al lavoro nero, quindi a evadere imposte e contributi in combutta col proprio datore di lavoro nascosto (privato)? Perchè costoro non guardano in faccia alla realtà, perchè non propongono, come noi facciamo da tempo, che i lavoratori pubblici possano essere liberati dalle trattenute, eliminando la figura del sostituto d'imposta, che sia consentito loro di poter fare, alla luce del sole, un secondo e un terzo lavoro, senza proibizioni e conseguenze disciplinari o sanzionatori. Perchè non è consentito dal modello costituzionale di Pubblico Impiego? Andiamo. Perfino la Chiesa sta ridiscutendo il celibato per i preti, figuriamoci se in Italia non potrebbe essere possibile modificare le leggi nel senso di dare la possibilità a chi ha voglia di lavorare di farlo nella legalità. Ma, purtroppo, la questione delle retribuzioni insufficienti nel pubblico non finisce qui. C'è troppa corruzione in Italia e non riguarda solo comportamenti dall'Alto. Riflettiamo una buona volta sul perchè gran parte degli uffici che si occupino di controlli, vigilanza e ispezioni in Italia abbiamo così tanti “problemi” a dispiegare le proprie potenzialità. Si, è vero, perchè il potere politico non vuole perdere voti e non ci va con la mano pesante. Si, è vero, perchè avere uffici efficienti richiede risorse e in tempi di spending review queste vengono tolte, con ovvi riflessi. Ma la realtà è anche un'altra: i bassi stipendi sono una tentazione a compiere atti illeciti e quando questi comportamenti sono diffusi si crea un sistema che fa comodo a molti e che spinge tanti a non essere poi così incisivi a richiedere aumenti adeguati, evidentemente perchè certe risorse sono reperibili altrove.E, come noto, molte volte il malaffare e l'economia malata è molto più efficiente degli apparati che si comportano con pulizia ed onestà.Capito ora perchè noi, a differenza degli altri, da tempo sosteniamo che per il dipendente pubblico onesto il nemico da combattere è quello che potrebbe essergli a fianco o albergare nella stanza del direttore? Perchè sosteniamo che la pulizia può venire solo dall'interno perchè solo da lì è possibile accorgersi di cose invisibili dall'esterno, anche da parte di soggetti attrezzatissimi, come la Magistratura e le forze dell'ordine? E che questo sia l'unico modo per arrivare al risultato (retribuzioni dignitose) perchè altrimenti non si è credibili nei confronti dell'opinione pubblica, quella che vota, quella che fa vincere partiti che ancora potrebbero essere conquistati a un'idea di riforma della Pubblica Amministrazione?
Chi ha buona memoria rammenta che l'ultimo vero adeguamento degli stipendi pubblici avvenne di iniziativa dell'ex Ministro Cirino Pomicino, e non per spinta sindacale ma per logiche politiche.Potrebbe essere una scorciatoia interessante ma non più praticabile non tanto perchè l'Italia non è più quella di allora ma, paradossalmente (e drammaticamente) perchè i Sindacati sono ANCORA quelli di allora e incapaci, di conseguenza, di agire in un nuovo contesto e nuove logiche, per i nostri interessi.
E non a caso ciò comporta l'impossibilità da parte loro di sfatare un altro tragico mito la cui presenza blocca in un certo senso l'evoluzione del Lavoro Pubblico e degli addetti che ci sono dentro: la CONTRATTAZIONE.
Cari signori: la contrattazione (nel pubblico) è una cagata pazzesca! Provate a ripeterlo con noi dell'AGL e forse, con un po' di esercizio, potremo iniziare a svegliarci da questa ipnosi collettiva che dura dagli anni ottanta. Non che il risveglio di per sé risolva il problema. Eliminarla è un'impresa immane. Su di essa campano da decenni i Sindacati, le Burocrazie ministeriali, i manager di stato, i monopoli che grazie ad essa hanno cambiato faccia e si sono appropriati del meglio delle aziende pubbliche, con le false privatizzazioni e liberalizzazioni.Addirittura, per celebrarla, da anni è stata concepita una finta dialettica democratica interna, articolata sulle RSU, appetite dagli stessi sindacati per la gran quantità di privilegi che possono garantire (permessi, distacchi, inciuci con i direttori periferici e centrali). Perfino i sindacati conflittuali le venerano , quasi fossero delle istituzioni nate dalla Resistenza e non invece una maniera per ammettere al banchetto dei soldi pubblici sindacalisti fedeli e ruffiani che godono nell'ottenere vantaggi a scapito dei loro colleghi per decenni, entrando come capi classe che segnano sulla lavagna buoni e cattivi e andandosene in pensione, alla fine, col grado di maggiordomi del dinosauro di turno. Una volta con la carriera sindacale si poteva diventare dirigente. Adesso manco quello, perchè sembra drammaticamente crollato, tra i candidati, il livello di alfabetizzazione.
Ma come è possibile contrattare le retribuzioni (e non il nulla, come si usa fare da un po') quando le stesse sono stabilite da una legge dello Stato?E c'è, nel rapporto di lavoro, qualcosa di più importante della prestazione e della corrispondente retribuzione?Se il pubblico deve rimanere tale allora prendiamo atto che la contrattazione (e le piattaforme contrattuali, con o senza richieste di aumenti retributivi) non serve a nulla e è, nella peggiore delle ipotesi, una presa in giro e un imbroglio. Anzi, lo strumento per introdurre,come una flebo, nelle viscere della pubblica amministrazione, delle immonde schifezze che esistono solo in Italia e di cui ci si dovrebbe vergognare. Altra cosa è se si pensa a un altro modello di “pubblico”. C'è ad esempio, in questi giorni, chi ipotizza che anche per i Ministeri possa avviarsi un processo di privatizzazione analogo a quello che interessò le Poste. Ma c'è chi dice che occorra ritornare a un Pubblico senza contrattazione. Cosa che poi è avvenuta per le Amministrazioni “importanti” in Italia , mai toccate, in realtà , dal passaggio dal diritto pubblico a quello privato. Retribuzioni per decreto, quindi, o per contratto “recepito” da un atto politico? Parliamone . Ma...sorpresa: stranamente, avete sentito se in giro esiste qualche sindacato che su questo voglia coinvolgere i lavoratori? Qualche sindacato ha mai protestato relativamente alla differenza di trattamento ricevuta da Amministrazioni diverse, in passato, riguardo al processo di privatizzazione del rapporto di lavoro? No. Perchè?Ovvio. L'amministrazione che rimane pubblica ha un trattamento migliore, il sindacato interno la considera una vittoria da non sbandierare però, perchè , è risaputo, nella PA se godi di qualche privilegio è meglio non farlo sapere poiché a qualcuno potrebbe venir voglia di togliertelo.Ma qualcosa non quadra: le confederazioni cosa ci stanno a fare? Non erano nate per scongiurare i corporativismi, per unire i lavoratori per il progresso di tutta la classe degli sfruttati?Eppure ognuna di esse ha un responsabile per ogni comparto e singola amministrazione.E' evidente che se anche qualche dirigente sindacale inquadrato volesse sollevare, al loro interno, il problema rischierebbe di avere problemi: perdere il distacco, dover tornare alla “produzione”, essere sostituito dal primo che è in fila magari più propenso a farsi gli affari suoi, a non sollevare problemi la cui trattazione è inopportuna.Ma c'è un altro problema. Gran parte dei partiti al governo hanno appaltato ai loro sindacati di riferimento la trattazione di queste questioni. Il parlamentare spesso non capisce nulla di questi problemi e in carenza di input è improbabile che si attivi. Capito ora perchè quando si deve intervenire, per motivi di bilancio, sulla PA, si parla solo di tagli e non di riforme organiche? E i tagli chi li subisce, l'apparato sindacale o il singolo dipendente? Capito ora perchè è interesse vitale del pubblico dipendente italiano se vuole avere un futuro mollare questi sindacati, chiudere il rubinetto, affamare loro così come loro stanno affamando voi?Come AGL lo diciamo dalla nostra nascita e non ci stancheremo di farlo.
Quella del destino dei precari è una commedia che ormai dura da troppe puntate. Come noto i precari servono a questa PA perchè costano di meno rispetto all'assunzione di personale di ruolo. Chi in questi anni (Letta da ultimo ma prima ci aveva provato la Fornero) ha mostrato interesse per le tesi di chi pretendeva l'innalzamento di una barriera anti precariato e ci ha provato, lo ha fatto non per convinzione ma per seguire una moda. Tanto che, come giustamente qualcuno ha detto , spiegandolo bene anche dal punto di vista tecnico, si tratta di “finte” assunzioni.Tutti sanno che il precariato nel mondo del lavoro aumenterà perchè è una esigenza dell'economia (alternative praticabili non esistono e tentativi diversi hanno fallito).
Noi dell'AGL abbiamo deciso di esistere perchè c'è l'esigenza che in Italia qualcuno, anche sul precariato, dica parole di verità e la smetta di prendere in giro i lavoratori (precari e non) e i cittadini. Ripetiamo parola per parola e confermiamo quanto dicemmo già dai tempi della Fornero. C'è una cosa, per noi, da non fare: attribuire valore al lavoro stabile e disvalore al lavoro non stabile. Abbiamo già detto più volte che vanno considerate con il massimo rispetto le esigenze di chi ha o ha avuto il posto fisso e si aspetta di mantenerlo fino ad una pensione che sia più dignitosa di adesso così come di coloro che sono in debito con la società (pensiamo ai precari della scuola) per aver fatto parte, loro malgrado, di una umanità sfortunata in cui sono stati illusi da un miraggio, quello appunto, del posto fisso. Queste fasce di popolazione non vanno punite ma accompagnate verso un miglioramento, graduale , della loro condizione. Sarà difficile (sappiamo quale peso abbia il debito pubblico) ma va fatto innanzitutto per un principio di dignità. Ma arriverà il momento (e su questo dobbiamo deciderci a voltare pagina) che nella società italiana non esistano più i termini “posto fisso” e “lavoro precario” così come oggi intesi. Quella è la direzione verso cui andare, certo, gradualmente. Un lavoratore quindi che abbia sempre una fonte di reddito anche nei periodi di passaggio, la possibilità di cambiare serenamente il lavoro più volte nella sua vita, di fare carriera, di formarsi, di migliorare. Sia nel pubblico che nel privato. E questo, in un prossimo futuro dovrà valere per tutti. Perchè l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, non sul posto di lavoro. Parimenti non dovrà esistere più di fatto il concetto di precario sinonimo di ricattato, malpagato e sfruttato e senza prospettive di serena esistenza. Su questa, che è innanzitutto una battaglia culturale, constatiamo che nessuno è impegnato seriamente. Male, poiché significa che si stanno difendendo rendite di posizione o si sta sfruttando la disperazione delle fasce più marginali del mondo del lavoro. Di solito per guadagnarci sopra e per fini elettorali.
Ripetiamo fino alla noia che di questi tempi occorre essere onesti intellettualmente e rispondere alla domanda: vogliamo fare qualcosa che comporti più spesa pubblica? Dove troviamo i soldi?Per noi vanno reperiti, subito, non con nuove tasse ma con risparmi di spesa proprio nella pubblica amministrazione, salvaguardando tutti gli attuali posti di lavoro e dismettendo pezzi di pubblica amministrazione inutili, ridefinendo le funzioni e attuando una veloce mobilità interna del personale da amministrazione a amministrazione. Proposte più specifiche? Ascoltiamo proprio SU QUESTO e non su improbabili piattaforme contrattuali (con o senza soldi) i dipendenti pubblici , senza la mediazione di sindacati o dirigenti (che potrebbero avere interesse all'autoconservazione) ma, ad esempio, online, in pochi giorni. Non preoccupatevi: chi ci lavora dentro sa come riformare davvero la Pubblica Amministrazione. Perchè i Sindacati non accetteranno mai questa consultazione? Sicuramente ci siete arrivati da soli! Basta con la demagogia pelosa, con le battaglie contro i mulini a vento , come l'evasione fiscale che nessuno di coloro che è al potere vuole veramente combattere poiché significherebbe combattere (ivi compresi i maggiori sindacati)contro sé stessi. Cerchiamo invece di riorganizzare il Fisco in maniera moderna e non bizantina, in modo realistico, semplice e non demenziale e un risultato alla fine l'otterremo. Basta poi con l'invidia sociale che sta riaffiorando con questa polemica sull'IMU.
Noi eravamo (e continueremo a essere) per l'eliminazione per tutti della stessa. Contrariamente a quanto affermato da tanti ideologhi schierati, riteniamo che le imposte non debbano avere valenza punitiva (penalizzare in maniera fine a se stessa le ricchezze accumulate) ma essere modulate in maniera da creare la combinazione più credibile affinchè alla fine della fiera, il risultato sia maggior reddito prodotto e ricchezza generata.
Chi sono in Italia i proprietari di quegli immobili di recente sommersi fino al collo dall'IMU? Fondamentalmente dei risparmiatori (perchè il canale fondamentale del risparmio in Italia è l'investimento immobiliare).E quindi, per lo più, lavoratori. Per di più indebitati per i mutui contratti. Analoghe perplessità abbiamo sempre avuto per altri due totem spesso evocati sempre dalla stessa corrente di pensiero. Le tasse sulle transazioni finanziarie (che aspettiamo ad abolire la Tobin Tax che sta per radere al suolo il mercato finanziario nazionale e i connessi posti di lavoro?) e quelle sul lusso. Non cancellano le ingiustizie ma tagliano le gambe a settori che creano lavoro e reddito, dirottando altrove denaro e investimenti. E creando quindi le condizioni per maggiore disoccupazione, alla lunga e bassi stipendi nel breve. E quando si dice che queste risorse andrebbero a finanziare servizi essenziali, si mente sapendo di mentire. Perchè tutti sappiamo che il grosso di esse (anche nei Comuni, indipendentemente dal loro colore politico) va a alimentare la macchina burocratica, le consulenze concesse a amici degli amici e gli appalti inutili. Le famiglie e i più deboli abbandonati sono e tali continueranno ad essere. Non è possibile che nelle Amministrazioni pubbliche si pratichi costantemente la politica dei due tempi: prima i soldi (da divorare) poi riforme, razionalizzazione, dimagrimento, riorganizzazione (mai visti). E' un gigantesco imbroglio che solo una minoranza degli italiani, per il momento è riuscita a cogliere e a trasformare in controproposta politica. Il risparmio va agevolato, non disincentivato (ci risulta che paesi più evoluti del nostro stiano facendo proprio il contrario ).I proprietari degli immobili interessati continuano (e questo è un danno) ad avere idee poco chiare sulle loro prospettive di risparmio, sul destino dei loro soldi, sull'opportunità o meno di consumare di più.Ricordiamoci delle decine di migliaia di posti di lavoro che stanno andando in fumo nel settore dell'edilizia e capiremo quanto sia urgente porsi il problema di trovare altrove i soldi per garantire giuste retribuzioni ai lavoratori pubblici.
In altre parole, crediamo che ai cittadini interesserebbe sapere di più quando la PA comincerà a essere riorganizzata seriamente e non se qualche ricco in più piange in qualche paradiso naturale o fiscale.
Risparmiamoci quindi annunci di lotte prossime, inutili e non più credibili. Quel che occorre è un intervento chirurgico su obbiettivi mirati, condivisi dai lavoratori, dai cittadini e dall'opinione pubblica. E lasciare al loro destino i sindacati traditori e quelli che, anche in buona fede, sono stati capaci solo di farvi perdere, in tutti questi anni. Prima vi deciderete, cari lavoratori, prima ci riusciremo!

lunedì 15 luglio 2013

IMMIGRATI SARANNO ASSUNTI DALLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE. IL SENATO HA APPROVATO, TRA POCO LO FARA' LA CAMERA DEI DEPUTATI.

Il disegno di legge europea 2013 apre i concorsi pubblici ai cittadini stranieri che abbiano la carta di soggiorno.Anche i lavoratori stranieri potranno partecipare ai concorsi pubblici, aspirando a un posto da insegnanti o impiegati.
Il Senato gli ha dato il via libera ed ora è passato alla Camera per l’approvazione definitiva. È stato assegnato alla Commissione Politiche dell'Unione Europea, che ha iniziato a esaminarlo.
Il testo adegua la normativa italiana a quella europea, evitando o bloccando procedure di infrazione e tra le altre cose, sul fronte del pubblico impiego, equipara i cittadini extracomunitari titolari di un permesso Ce per lungo soggiornanti ai cittadini dell’Ue. Potrebbero quindi essere assunti dalla Pubblica Amministrazione, tranne che nei posti dove si esercitano pubblici poteri o si tutela l’interesse nazionale (non potrebbero, quindi, diventare magistrati o militari).
In particolare, l’articolo 7 del ddl modifica le “Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche” (d. lgls.165/2001), secondo le quali, già oggi, “i cittadini degli  Stati  membri  dell'Unione  europea  possono accedere ai posti di lavoro presso le amministrazioni  pubbliche  che non implicano esercizio  diretto  o  indiretto  di  pubblici  poteri, ovvero non attengono alla tutela dell'interesse nazionale”.
Nel disegno di “legge europea 2013” si allarga questa possibilità “ai loro familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente”.  Ma anche “ai cittadini di Paesi terzi che siano titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo o che siano titolari dello status di rifugiato ovvero dello status di protezione sussidiaria”.
Si prevede l'approvazione prima della sospensione dei lavori per la pausa estiva, anche in considerazione dell'altissimo numero di procedure di infrazioni pendenti nei confronti dell'Italia”.
Clicca qui sotto per il testo integrale.
A.C. 1327. .S. 588. - "Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013" (approvato dal Senato) (1327)

sabato 23 marzo 2013

TURISMO, SERVIZI, APPRENDISTATO: ULTIMA OCCASIONE

Dai dati di ISTAT e Confcommercio resi pubblici nei giorni scorsi, anche se ad occhio si percepiva che da quattro anni, ogni giorno, 615 cittadini italiani diventano “poveri”, emergono, per chi abbia veramente intenzione di risollevare il nostro Paese, due precise cose da fare, nell'economia e nel mondo del lavoro.
La prima: prendere atto che l'avanzo positivo tra esportazioni e importazioni si registra per merito di due precisi settori: il turismo e i servizi. E questi sono quelli su cui puntare, sacrificandone altri ormai in decadenza. Già in precedenti interventi l'AGL , trattando di crisi come quelle dell'ILVA, dell'ALCOA e del Carbosulcis o del drammatico ritardo del nostro Meridione, aveva assunto una chiara posizione: è ora di fare delle scelte guardando in faccia alla realtà. Così, prima di noi, hanno fatto e stanno facendo altre economie nostre concorrenti, è ora che ci si dia una mossa. E là dove la politica, per la fase di stallo che si sta verificando, non ne fosse capace, occorre che la responsabilità venga assunta dalle forze sociali, dei lavoratori e imprenditoriali. Gli ammortizzatori sociali sono una necessaria temporanea medicina ma nulla comportano in termini di correzione di rotta sulla via dello sviluppo. Quindi ripetiamo quanto detto, facendo l'esempio dell'ILVA (ma stesso criterio potrebbe essere adottato in altri casi analoghi, presenti e, sicuramente, futuri). L'industria dell'acciaio e del carbone in Italia non ha futuro. Riconvertiamo e dirottiamo sul turismo le forze occupazionali presenti. Investiamo le poche risorse rimaste nei nostri tesori naturali e artistici, facciamo dell'Italia la Florida d'Europa. E (il tema ha avuto successo elettoralmente per chi l'ha proposto) aboliamo i tagli all'istruzione, alla formazione e alla cultura, impiegando le risorse non nel mantenimento di burocrazia, parassitismo e posti clientelari ma in digitalizzazione . Solo investendo in formazione potremo raccogliere, a breve e medio termine, risultati nella competizione nei servizi di alta qualità. E vincere la sfida del futuro: l'export di prodotti ad alto valore aggiunto verso i Paesi “Brics” e “Next Eleven” .Occorre poi (è la seconda cosa da fare subito) riorganizzare da zero l'apprendistato in Italia, sul modello tedesco. In estrema sintesi occorre compiere una operazione di chiarezza e lealtà. L'apprendistato in Italia non funziona poiché dalle imprese è visto come una operazione di puro e semplice risparmio di imposte e contributi e di ricattabilità della forza lavoro. Dai sindacati è tollerato in quanto consente di mantenere per altro tempo il gregge di lavoro subordinato da mungere per perpetuare l'esistenza stessa dei grossi sindacati. Come accade sovente nel nostro Paese, è la versione “all'italiana” di cose che all'estero funzionano a fallire, togliendo a tutti la speranza che qualcosa possa cambiare. Siamo ancora in attesa che chi ha ricevuto maggiori consensi alle elezioni dimostri di volere e sapere fare il lavoro per cui è stato “assunto” , guadagnandosi il cospicuo stipendio. Se continueremo così, il problema si risolverà da solo perchè tra poco non esisterà più neanche l'Italia.


domenica 17 marzo 2013

ECONOMIA: SAPER DISTINGUERE TRA FALSE E VERE SOLUZIONI

Concordiamo con chi osserva che la pur vituperata cura Monti stia producendo, a confronto con altri paesi, pure indebitati meno di noi, un miglioramento relativo della nostra situazione, facendo riferimento al tasso di crescita del debito, al debito aggregato, alla solidità patrimoniale e all'avanzo primario. E ci richiama al rischio che una minore crescita del debito, però, possa condurci ad una maggiore recessione. Pure sul fatto che la maggiore pressione fiscale porti a minore competitività e minori consumi. I dati della nostra industria manifatturiera, della meccanica, dell'agricoltura, rapportati a quelli della concorrenza internazionale, sarebbero confortanti se non fosse per il crollo del nostro mercato interno e per lo svantaggio fiscale comparato delle nostre aziende. La soluzione potrebbe essere quella di forzare i vincoli europei accelerando i pagamenti alle imprese dei debiti della PA e frenare la pressione fiscale. Ma quest'ultima , se attuata, comprometterebbe, riducendo il gettito, la possibilità, per lo Stato, così come organizzato (male) di effettuare i primi. Ecco perchè riteniamo che le vere soluzioni siano due: riorganizzare da zero la Pubblica Amministrazione perchè è solo lì che possono aversi veri risparmi e combattere e vincere la guerra contro il credit crunch iniziando, come Stato, a minacciare di esproprio e nazionalizzazione le imprese bancarie che perseverassero in questa condotta restrittiva del prestito alle imprese e alle famiglie. E' questa la vera, ultima battaglia, da vincere per riappropriarci del nostro destino. Più urgente della riforma elettorale (che non faranno), della riduzione dei costi della politica (importante per il segnale, non per le quantità) e dell'inseguimento di fantasmi analoghi.
La discriminante vera dello scenario politico nell'immediato futuro sarà tra chi vorrà veramente combattere questa guerra nello Stato e nelle Banche e chi non avrà interesse a farlo, resistendo passivamente e in maniera opportunistica ed attendista. Il contesto potrà essere di ripresa dalla crisi o , come si mormora, di fallimento e rovina, ma questo non è prevalentemente nelle nostre mani. La battaglia interna, invece, si.

domenica 10 marzo 2013

CODICE DI COMPORTAMENTO PER GLI STATALI: INADEGUATO A MIGLIORARE I RAPPORTI CON LA PA, ALL'INDOMANI DELLA TRAGEDIA DI PERUGIA

A parte un dettaglio ormai consueto (la mancata consultazione, per altro non prevista come obbligatoria dalla norma di riferimento dei sindacati rappresentativi, di cui ci onoriamo, ormai si sarà capito, di non far parte) la prima anomalia che a noi salta all'occhio, parlando di questo nuovo codice, è l'asserita sua “novità”. Intendiamo dire che è veramente stupefacente che finora non fosse esistito, in maniera generalizzata, per tutti gli statali, un codice di questo tipo. In realtà qualcosa esisteva (ed esiste) su questi argomenti: una serie di circolari della funzione pubblica o delle varie amministrazioni che costituiva un insieme abbastanza disordinato di disposizioni nate per reagire a comportamenti censurabili che però non si colpivano (non si volevano colpire) perchè mancava, a priori, la regola generale (cioè riguardavano persone che non era opportuno colpire). E' a suo modo (in Italia abbiamo inventato pure questo) una specie di Testo Unico delle circolari (con buona pace di coloro che ritenevano che le circolari non avessero autonoma forza normativa).Quindi , prima perplessità, prima non esisteva nulla del genere. Forse, considerando che siamo nel 2013, c'è stato un po' di ritardo. Seconda perplessità: l'atto è stato adottato da un governo tecnico che poi si è scoperto guidato da un politico schierato, non prima ma dopo le elezioni , per evitare evidentemente di perdere qualche voto. In Italia attendiamo da tempo una legge seria contro la corruzione, una legge efficace contro il conflitto di interessi, una razionalizzazione e uno snellimento della Pubblica Amministrazione in nome di un giusto risparmio in presenza del debito pubblico che tutti conosciamo. Evidentemente però la montagna ha partorito un topolino: blocco degli stipendi a tutto il 2014 per gli statali, questo codice di comportamento, esuberi a migliaia di poveri cristi di impiegati pagati con un sussidio, amministrazioni che crescono nel numero, spese della PA che aumentano con riferimento all'acquisto di risorse. La digitalizzazione è un miraggio che neppure il varo tardivo in questi giorni dell'agenda da parte di Passera ha reso più tangibile: non ci crede, in realtà, nessuno.
Altra stranezza. Se intendiamo quella degli statali come una categoria omogenea (qualcuno parla di casta) che necessita di un recupero di credibilità , anche in presenza di una autorevolezza della PA che è crollata verticalmente, ebbene, calare un codice di questo tipo dall'alto (strano che qualcuno non se ne sia accorto) cancella definitivamente ogni credibilità della categoria verso l'esterno. Per il semplice motivo che non è altro che la codificazione di una serie di banali regole di buon senso imposta ad una massa che evidentemente è assimilata dal Governo ad un gregge di pecoroni disubbidienti e indisciplinati, oltre che fannulloni. Se ci pensate bene, neppure Brunetta era giunto a tanto. La sua guerra dava dignità alla categoria, cui si riconosceva una pericolosità propria di un nemico altrettanto forte come l'ex ministro. Qui si è tornati al passato, al quarantennio democristiano se non addirittura al ventennio. L'unico scopo è quello di avviare una escalation disciplinare con valenza essenzialmente espulsiva che sia d'ausilio all'operazione esuberi evidentemente debole nei suoi presupposti.
In realtà sarebbe stato salvato l'onore degli statali (riconosciamo però che la cosa non ha molto destato il loro interesse) l'adozione, come fanno le più importanti categorie professionali, di un codice di autoregolamentazione, che fosse recepito in un atto normativo. Esisteva un livello di mediazione per realizzare ciò: quello dei sindacati rappresentativi che però non hanno avuto il coraggio (o forse solo la prontezza di riflessi) di anticipare il governo su questo terreno. E, per inciso, nasce spontanea una domanda che ci permettiamo , come organizzazione sindacale nata da 9 mesi, di rivolgere ai nostri 3 milioni di colleghi: se la contrattazione e gli stipendi sono bloccati e se neppure su questo il governo desidera conoscere l'orientamento dei suoi “collaboratori” e dei loro sindacati, voi a marzo dell'anno scorso cosa avete votato a fare nelle elezioni delle RSU?
Il resto sono particolari. Ridicolo il limite ai regali ma soprattutto la differenziazione interna sulla base delle mansioni e dell'amministrazione di appartenenza. Gravissimo (e sintomatico) invece che non sia passato l'altro decreto che era in programma , quello che prevedeva limitazioni per i soli dirigenti, relativo alle condanne penali subite e al passaggio da ruoli politici alla dirigenza. Così come una inammissibile limitazione della libertà e della privacy quella di dichiarare a quali associazioni si sia iscritti. C'è chi subito ha inneggiato a una nuova storica svolta nel rapporto tra cittadini e PA. Caso vuole che questo codice abbia visto la luce casualmente in coincidenza dell'uccisione, a Perugia, presso la Regione Umbria, di due incolpevoli impiegate da parte di uno squilibrato le cui condizioni di salute certo non sono state migliorate (anzi) dal rapporto da lui avuto, negli ultimi mesi con la macchina burocratica. Rivolgiamo un pensiero alla memoria delle due povere colleghe, auspicando che fatti così terribili non abbiano a ripetersi. Diciamo però al Ministro Patroni Griffi , al suo successore e alle forze politiche di non dimenticare mai che la crisi nel rapporto tra cittadini, lavoratori, imprese e la PA non è tanto provocata dal patetico “lei non sa chi sono io” né dalla penna regalata al dirigente ma dal mancato pagamento dei debiti della PA ai privati, dalla durata biblica dei procedimenti, dai disservizi, dall'infedeltà e dalla corruzione. Non aiutano a risolvere ciò gli stipendi da fame degli impiegati, il blocco dei contratti, l'ottusità di certi dirigenti. Speriamo che i sindacati rappresentativi , da voi scelti nella scorsa tornata elettorale, sappiano adeguatamente parlare al nuovo governo di queste questioni.

domenica 3 marzo 2013

QUASI SICURO: BLOCCO STIPENDI STATALI FINO A TUTTO IL 2014!

Ci sono state le elezioni, il parlamento è spaccato in tre pezzi e mezzo che se ne sono dette e se ne dicono di tutti i colori, è possibile governare ma solo da parte di maggioranze contro natura. Questo è emerso dal dopo voto. Solo 3 certezze per il momento: il Governo Monti sarà in carica fino all'avvento (non si sa quando) del nuovo governo, Napolitano non può sciogliere le Camere, si prenderanno solo i provvedimenti indifferibili. Uno di questi è quasi sicuro: nel Consiglio dei Ministri di venerdì prossimo verrà deciso il prolungamento del blocco degli stipendi, per gli Statali, fino a tutto il 2014.Sarebbe il quinto anno consecutivo in cui ciò accade e i già striminziti stipendi dei non dirigenti rischiano di diventare qualcosa di molto simile agli attuali assegni sociali. Accadrà pertanto una cosa molto semplice: il potere di acquisto di questa categoria scenderà ai minimi storici e senz'altro non saranno i 3 milioni di statali a contribuire, nei prossimi mesi, alla ripresa dei consumi.E non si sa neppure se servirà a qualcosa, in quanto sulle soluzioni per fronteggiare disoccupazione, recessione, debito pubblico le proposte sono numerosissime (praticamente tutte quelle riportate nei manuali di economia) ma su quali saranno quelle scelte è buio pesto. E tutti si discolpano, dicendo che la responsabilità non è loro ma degli elettori che votando non hanno scelto la via da intraprendere.In questo contesto, le dichiarazioni di alcuni dirigenti di sindacati confederali che preannunciano ondate di scioperi nel Pubblico Impiego ci sembrano penose e la dicono lunga sul livello a cui è precipitato il Sindacato italiano, incapace di utilizzare la sua grande forza per imporre soluzioni convincenti per il Paese. E' forte il rischio che la gente cominci veramente a pensare di poter fare a meno dei Sindacati, data la loro dimostrata inutilità. Poi ci si lamenta delle spinte populistiche e irrazionali, quando è l'impotenza di questi signori a non lasciare scelta.

DIRIGENTI: SHOCK OCCUPAZIONALE, CRISI PSICOLOGICA.ANCHE OBIEZIONE DI COSCIENZA?

Da anni la categoria dei dirigenti è stata considerata di fatto protetta e super garantita. In particolare la libera recedibilità non ha mai significato maggiore esposizione ai licenziamenti. Anzi. Per antonomasia, durante le tempeste economiche e le crisi produttive, erano sempre coloro che erano sul ponte della nave (lavoratori manuali e impiegati) ad essere spazzati via dalle ondate mentre la testa delle aziende, ben riparata in plancia, la faceva sempre franca. Ebbene, anche questo in Italia è cambiato, in fretta. Si parla di 10.000 dirigenti che hanno perso il posto di lavoro nel 2012 , di 60.000 dal 2006.
E' vero che quando ciò accade, dal punto di vista individuale, si tratta di un dramma non paragonabile, neppure lontanamente, a quello della perdita del lavoro da parte di un operaio o di un impiegato. Perchè il dirigente aveva uno stipendio di diverse volte superiore a quello di sussistenza (ossia a quello dell'operaio), perchè se, come capita spesso, i lauti guadagni sono stati investiti in maniera oculata (e i dirigenti hanno la cultura per farlo) , la riserva di sopravvivenza non si esaurisce in breve tempo ma può consentire di affrontare con calma la ricerca di un nuovo posto di lavoro. Perchè, sempre che non si tratti di un dirigente raccomandato (e quindi più ignorante dei propri dipendenti) si presuppone che lo stesso abbia una cultura di base e una professionalità superiore alla norma e quindi spendibile nella ricerca di un nuovo lavoro.
Ma anche qui qualcosa è cambiato, facendo precipitare nell'incertezza e nell'inquietudine molti dirigenti che hanno perso il lavoro e intimorendo, nei confronti delle rispettive proprietà, quindi rendendo più ricattabili, i manager che sentono odore di possibile esonero. Ciò nel privato, ma anche nel pubblico, al netto delle cordate e protezioni politiche, dato il processo di privatizzazione (seppure all'italiana) dei rapporti di lavoro, non sono infrequenti accadimenti traumatici attutiti per lo più però, in conseguenza delle fonti informative messe a disposizione da parte di chi ti mise su quella poltrona, da trasferimenti strategici da una Amministrazione all'altra che implicano la sostanziale stabilità della posizione dirigenziale. Ovviamente, in questo quadro, nel pubblico, i principi di trasparenza, efficienza, efficacia e raggiungimento dei risultati posti, diventano molto, molto relativi. A proposito (lo facciamo in ogni nostro intervento riguardante la dirigenza pubblica) siamo ancora in attesa che sui siti istituzionali, oltre alle retribuzioni tabellari e ai curriculum, vengano non solo riportati i premi percepiti da ciascuno ma anche , ex post, quali siano stati gli obbiettivi raggiunti che li abbiano giustificati. Soprattutto relativamente a quelle Amministrazioni nelle quali i dirigenti, tutti i dirigenti, prima delle elezioni, sono stati premiati a pioggia. E sempre per inciso, a dimostrazione che i tempi stanno cambiando, abbiamo ascoltato con attenzione, successivamente al risultato elettorale, l'intervento dell'On. Maristella Gelmini (le cui quotazioni nel PdL stanno salendo vertiginosamente, tanto che oggi di lei si parla come futuro Vice Presidente del Consiglio del Governissimo guidato, si mormora , da Matteo Renzi) la quale, analogamente a quanto fino ad oggi si faceva solo per i calciatori, ha evidenziato la spropositata retribuzione dei dirigenti pubblici rispetto ai normali dipendenti (anche questo un nostro vecchio cavallo di battaglia: non perchè si sia contrari per principio a ciò ma perchè sono troppo bassi gli stipendi degli altri dipendenti pubblici e perchè, questo Paese, per un po' di tempo, per riprendersi, avrà bisogno che, per i propri privilegi, né i politici né i dirigenti vengano odiati dalla popolazione che vive ben altra realtà di sacrifici).
Nel privato sono più avanti nella risoluzione di queste contraddizioni. Chi segue l'attività delle associazioni di dirigenti nostre concorrenti sa come le stesse da mesi denuncino il cosiddetto “downgrading”. Ossia la sostituzione, nell'ambito delle attività “core” dell'impresa del dirigente con un quadro. Un po' come se nel pubblico (non ci crederete ma era così fino alla sciagurata riforma del 1993 ) la stessa attività di direzione fosse svolta da un direttore pagato al massimo il doppio dell'impiegato o addirittura dal funzionario apicale (una volta si chiamavano IX livelli) addirittura con uno stipendio più basso. Non è raro che, a differenza che nel privato, il patrimonio culturale, il titolo di studio e la professionalità del dipendente pubblico sia inversamente proporzionale al livello di appartenenza (è noto, sono proprio i dirigenti più bravi a ricordarlo nelle loro conferenze, che in una nave il soggetto più importante è il motorista e non il comandante) e ciò dovrebbe rassicurare tutti sulla praticabilità, nel settore pubblico, di tale strada. Nel privato questi processi sono più semplici dato che c'è il profitto come metro di paragone e supremo giudice delle capacità esplicate.
Vita più dura, quindi, per il manager il quale deve ricollocarsi, diventare più flessibile, spesso accettare un posto di quadro, rischiare di più in aziende più dinamiche, lavorare in aziende meno strutturate dove è maggiore il protagonismo e quindi l'invadenza della proprietà e quindi dell'imprenditore che, rimettendoci di suo, va poco per il sottile. Rimane l'estero? Magari. I nostri dirigenti non sono ancora sufficientemente competitivi a livello europeo o mondiale (si intende: nel mondo sviluppato). In Italia abbiamo però la cara, vecchia Pubblica Amministrazione in cui è possibile, entrando nelle grazie di qualche politico o padrino ministeriale, agguantare una poltrona, apparentemente a tempo determinato, spesso, di fatto, a vita. In teoria dovrebbe esserci un flusso bidirezionale in campo dirigenziale, tra pubblico e privato. In realtà è unidirezionale: dal privato al pubblico (o finto pubblico) con biglietto di sola andata.
Con costi tuttavia insopportabili e crescenti per il contribuente. Tanto che si teme l'arrivo anche lì dello tsunami. Che fare? Aspettare o ribellarsi a questo assetto iniquo, alleandosi con i cittadini, dimostrando che il dirigente pubblico è innanzitutto un servitore dello Stato? E cosa c'entrano con lo Stato e la Costituzione comportamenti arbitrari e illegali che rileviamo da anni nella P.A.? Nulla evidentemente e vanno combattuti. Ma non da tutti indistintamente ma , sarebbe ora, da chi casualmente si trova in prima linea, strettamente a contatto con il malaffare amministrativo. Una pubblica Amministrazione in queste condizione ha già effetti letali per molta parte della popolazione. Vogliono i dirigenti collaborare con questa ingiustizia criminale o essere i protagonisti del cambiamento? Hanno solo un modo di fare ciò. Diventare obiettori di coscienza, denunciare i misfatti della classe dirigente , essere i primi a fare pulizia all'interno delle loro amministrazioni disobbedendo a chi vorrebbe farne strumento della prevaricazione. Prima che sia troppo tardi e che l'ira popolare spazzi tutto via.

domenica 24 febbraio 2013

CULTURA: PUBBLICO O PRIVATO?

In queste ore gli italiani stanno scegliendo chi li governerà nei prossimi cinque anni e per fortuna l'attenzione è caduta anche sul modo di sostenere la cultura, un bene fondamentale per il nostro Paese. Tanti lavoratori (attuali e potenziali) sono interessati a questo argomento e quindi è bene che anche da parte nostra si esprima un'opinione. Già in passato (e non ci ripeteremo) abbiamo confutato la tesi per la quale, per alcuni, “con la cultura non si mangia”. Sarebbe troppo facile liquidarla dicendo che è “una boiata pazzesca”. Diciamo che è interessante capire da dove essa tragga origine: indubbiamente da una visione rozza e semplicistica dell'andamento e dello sviluppo della nostra società. Purtroppo però la tesi contraria (mangiare con la cultura) pecca di un limite altrettanto grave: identificare la cultura come mantenibile solo a condizione che lo Stato assicuri uno stipendio fisso agli operatori della cultura. Si è fatta strada allora una “terza via” quella di promuovere l'intervento dei capitali privati nella cultura, con un mix di soluzioni a volte rimaste solo a livello di intenzioni a volte con risultati contraddittori e comunque a loro volta oggetto di polemica. La colpa ricade un po' anche sul mondo della cultura italiana che non ha mai perso il vizio di “schierarsi”. Chi ha un po' più di anni sulle spalle e queste vicende le ha seguite fin dagli anni '60 non può però non cogliere un tratto caratterizzante dell'evoluzione di questa diatriba fino ai nostri tempi. Ossia che una volta si combatteva in nome di una ideologia, poi, più avanti, la motivazione era individuabile nell'aver conservato o meno un “ideale”, ora (che sono spariti sia le ideologie che gli ideali) l'essenza di tutto è nei soldi. Si parte dalla propria storia per schierarsi in un limitato ventaglio di partiti, da lì si cercano poltrone, occasioni di lavoro, finanziamenti o, quanto meno, uno stipendio fisso e, sempre per i soldi, si è disposti a fare, in campo culturale, il salto della quaglia, inventandosi crisi di coscienza e susseguenti rivoluzioni di pensiero. Portandosi dietro sempre “il nuovo” come bandiera imprescindibile (ma un po' inflazionata). In sintesi: un processo di scilipotizzazione della cultura italiana. Grazie a dio, in base alla nostra Costituzione, la Cultura è un ambito libero per definizione e, come noto, l'essere umano, essendo dotato di libero arbitrio, può fare e andare dove meglio crede. I lavoratori (attuali ma soprattutto potenziali) del cosiddetto settore culturale hanno ormai imparato (come quelli dell'istruzione o dell'università) a non farsi eccessive illusioni, pur avendo, magari, in tasca uno o più titoli di studio di elevato livello anche se nel contempo col desiderio di incrementare anche la propria esperienza lavorativa e di mangiare, farsi una famiglia o migliorare la vita di quella che già si ha. Noi non abbiamo pregiudiziali ideologiche nei confronti del ritorno (in realtà più o meno ci sono sempre stati) dei Mecenati (i privati) nella cultura italiana oppure nei confronti di meccanismi di incentivazione fiscale che tocchino questo mondo oppure nel rafforzamento dell'intervento di organi pubblici nei tipici casi nei quali l'intervento diretto dei privati sarebbe o inopportuno o improbabile per scarsa convenienza economica. Diciamo solo che non si può ridurre la lotta sindacale nella mera difesa di posti e retribuzioni fisse o di istituzioni decotte perché, anche in caso di vittoria la stessa sarebbe soggetta al futuro ricatto economico dei vincoli alle risorse di bilancio e a quello politico del dover seguire gli input politici della classe dirigente al governo in quel momento e che magari ti ha fatto il “favore” di “salvarti” a spese del contribuente. Non sarebbe più una cultura veramente libera, quindi. D'altro canto non crediamo sia necessario, per l'ennesima volta, richiamare quali siano gli enormi pericoli per la cultura derivanti da un eccessivo, incontrollato e selvaggio ingresso dei privati . Non parliamo poi della nefasta esperienza della lottizzazione politico-partitica di tante istituzioni culturali. E ovviamente non si può chiedere a un sindacato che abbia a cuore gli interessi dei lavoratori e dei cittadini meno abbienti di non indicare questi pericoli, di non intervenire per ostacolare certi processi e operazioni speculative. Anche i lavoratori della cultura, se si ritengono veramente portatori di istanze decisive per una società migliore, devono cominciare, su queste questioni (che riguardano il prosieguo o i presupposti di una loro eventuale attività lavorativa) , a pensare e scegliere più con la loro testa che con quella dei partiti, dei sindacati, degli enti e istituzioni nei quali fino ad oggi hanno creduto e a cui in parte hanno affidato il loro destino. E dire se per loro è più importante considerare come traguardo il posto e lo stipendio fisso oppure iniziare a rischiare con tutti quei cittadini che, da altri punti di partenza, sono rimasti anch'essi esclusi da una prospettiva di sicurezza. Come possono pensare i lavoratori della cultura di affermare che la cultura è libertà vera delle menti e condivisione di assetti più avanzati di convivenza civile se continuano ad affidare e a incanalare le proprie speranze in organismi che li hanno sempre mal sopportati e trascurati e che nella migliore delle ipotesi cercano di tener buoni con uno stipendio fisso (temporaneo) o con finanziamenti clientelari alle loro iniziative? E non instaurando invece un dialogo vero con tutti i cittadini, anche quelli politicamente e socialmente più distanti da loro?Ecco la soluzione quindi: non cadete nel ricatto occupazionale, stipendiale e dei finanziamenti, impegnatevi a interagire con tutti i cittadini (soprattutto con coloro oggi più distanti da voi) scavalcando i vostri finti sostenitori e sostenendo le idee di quell'intellettualità che da tempo individua modelli diversi e alternativi di sviluppo, culturale e materiale.

PRECARI SCUOLA: 300 MILA CAUSE?

Un docente precario di educazione fisica e di sostegno ha fatto causa al MIUR per mancata stabilizzazione e ha ottenuto dal giudice del lavoro di Trapani un risarcimento di più di 150 mila euro.
Il giudice ha tenuto conto dei recenti orientamenti della giurisprudenza e delle norme nazionali e comunitarie a tutela dei lavoratori e riconosciuto all'insegnante i danni subiti per lucro cessante e danno emergente causati dalla mancata stabilizzazione. E per i possibili mancati contratti.La domanda è: visto l'elevato tasso di complicità dei sindacati rappresentativi con le gerarchie ministeriali questa notizia verrà adeguatamente diffusa? E si faranno avanti sindacati disposti ad organizzare e coordinare la possibilità che 300.000 precari possano essere dal futuro governo stabilizzati o risarciti? E eventuali sentenze favorevoli saranno eseguibili o verranno riversate su noi contribuenti con una ulteriore mazzata fiscale?
Per quanto ci compete, rileviamo solo che ha inciso più, sulla questione, una sentenza della magistratura che l'azione di anni di sindacati forti e rappresentativi solo sulla carta che non hanno saputo fare, come forze sociali, il loro dovere. Se i lavoratori, nel Pubblico Impiego, vorranno ottenere qualcosa e presto dovranno evidentemente affidarsi a Sindacati non compromessi con la Politica e con l'Alta Dirigenza e che puntino più al sodo.Non sempre ci sarà un Giudice a Berlino...

domenica 17 febbraio 2013

LAVORO: PARTITA DAL PORTO FORNERO, UNA ZATTERA ALLA DERIVA NELLA NOTTE GALLEGGIA SULLA PALUDE DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI. I TRE MAGGIORI SCHIERAMENTI DISCORDI SUL DOPO ELEZIONI.

E' di pochi giorni fa l'ultimo richiamo dell'OCSE che come al solito, all'italiana, verrà letto dagli interessati, in più maniere tra loro contraddittorie. Dice l'OCSE che più che il posto, va protetto il reddito del lavoratore. Ma i soldi per farlo, in Italia, ci saranno?Le leggi, infatti, come noto, non producono di per sé nuove risorse.Anzi, per raggiungere l'obbiettivo spesso ne richiedono di nuove. Sempre OCSE sostiene che ciò influirebbe sulla migliore dislocazione della forza lavoro. Ma già qui emerge una divergenza di impostazione tra una Europa liberista, che ipotizza un processo di causa -effetto spontaneo e una visione italiana statalista e dirigista che unanimemente ritiene che questi processi vadano guidati da politiche attive del lavoro (per la verità solo nell'ultimissima comunicazione l'OCSE ne fa cenno, senza troppa convinzione) , mai realmente fatte in decenni nonostante le decine di migliaia di dipendenti pubblici impegnati nelle relative amministrazioni di cui non si vuole ammettere , per motivi clientelari, l'inutilità. Sarà dura realizzare la flessibilità in entrata e uscita richiesta dall'OCSE quando la mentalità prevalente è quella che l'una e l'altra parte , nelle due fasi, debbano essere più brave a fregare la controparte che a rispettare regole di correttezza e civiltà. Tutto un altro mondo, quindi. In ogni caso in Italia, prima del 2017 un sistema universale di protezione sociale per chi perde il lavoro non sarà realizzabile e quindi su questo, per il momento, a meno che non siano scoperti pozzi di petrolio in Via Flavia, è meglio mettersi l'anima in pace e proseguire coi vecchi ammortizzatori. Già il Fondo Monetario Internazionale aveva cominciato a snocciolare questo libro dei sogni: riforma della giustizia, riforma tributaria, riforma della scuola e dell'università, no ai condoni, ridurre il cuneo fiscale,liberalizzazioni, privatizzazioni, ecc. Con un po' di ritardo forse: qualcuno dovrebbe spiegare all'OCSE che in Italia le tasse universitarie è inutile aumentarle ancora visto che ormai gli studenti stanno abbandonando le facoltà sia per i già alti costi sia per l'inutilità della laurea nell'attuale mercato del lavoro. E con troppa prudenza, visto che lascia la porta aperta e quindi ammette una modulazione temporale degli interventi in tutti i settori di cui si propone la riforma compatibilmente con le esigenze di bilancio. Quindi se ne parlerà tra anni. Per cui: parole al vento. Nel frattempo la riforma Fornero si delinea (lo dicono gli imprenditori e non stranamente quei partiti che dicono di voler rappresentare il lavoro dipendente, il più colpito dal capolavoro della professoressa torinese) come un disastro epocale. . Ha aggravato i costi nell'utilizzo di apprendistato e lavoro a termine, ha concorso alla perdita di ulteriori 320 mila posti di lavoro e a un tasso di disoccupazione, specie giovanile, che da tempo non si riscontrava. Le aziende fanno sempre meno contratti, soffocate da burocrazia asfissiante e oneri inutili. Il contratto di apprendistato è affondato per l'aumento della contribuzione, per il vincolo di stabilizzazione e, per la verità, anche per i ritardi delle Regioni. Analoghe disavventure per il contratto a tempo determinato, grazie all'aumento della contribuzione, non riequilibrato dal premio di stabilizzazione e dalla possibilità di omettere il “causalone”.La reputazione delle collaborazioni e delle partite IVA era da tempo segnata (per la intrinseca pericolosità) da parte delle aziende, il contratto di inserimento è stato abrogato,le agevolazioni alle assunzioni femminili sono al palo per la solita non immediata attuabilità delle leggi italiane (da definire ancora territori e tipi di impiego). Poiché è aumentato il contributo per l'ASPI è diventato più costoso licenziare quindi si preferisce addirittura non assumere. Nè tanto meno le aziende sono propense a versare i contributi relativi ai fondi di solidarietà bilaterale e residuale.
Un capolavoro quindi cui oltre alla Fornero ha sicuramente concorso l'elite amministrativa del Ministero del Lavoro che ha fornito la propria preziosa consulenza tecnica a supporto del Ministro. Anche l'Italia pertanto possiede le sue armi di distruzione di massa. Come rimediare? Qui la confusione rischia di accentuarsi. Il PD è per una modifica della riforma, il PDL per abolirla, Monti (cioè Ichino) per sperimentare nuove soluzioni. Molto dipenderà da chi ricoprirà il posto di Ministro del Lavoro e dalle spinte che verranno, su un tema tanto sensibile, dalla sinistra estrema, dalla lega, dai grillini e, ovviamente, dalle associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro.
Dalla lettura delle varie posizioni in campo alcune osservazioni sono d'obbligo.
Il PD appare eccessivamente attardato in una visione ingegneristica del diritto del lavoro. L'impressione è che abbia difficoltà ad elaborare un modello coerente e compiuto e, probabilmente, sia intenzionato in futuro ad appaltare alla CGIL e alla Camusso , volta a volta, l'elaborazione di proposte da far proprie come governo in cambio di una pace sociale (e qui non sembra lecito attendersi uno scavalcamento da parte di CISL, UIL e UGL). Da un punto di vista tecnico è prevedibile che si ripropongano gli stessi errori compiuti quando si riformò la materia del lavoro pubblico. Un groviglio di circolari, decreti attuativi, protocolli di intesa che rischia di far diventare il diritto del lavoro italiano ancor più giungla di come lo sia attualmente. Unico sollievo: forse per un bel po' di tempo ci verrà risparmiata l'inutile polemica sull'articolo 18 (forse l'argomento che alle aziende interessa di meno, in quanto non a tutti è noto che le aziende non vogliono licenziare ma crescere, produrre e assumere alle condizioni più favorevoli possibili). Il PD non si occuperà di pensioni (non smetterà mai di ringraziare la Fornero per averci lavorato sopra sporcandosi fino al collo) se non per sanare la vicenda esodati effettivamente imbarazzante per l'elettorato di riferimento L'art. 8 di Sacconi per il PD è come l'alieno di Roswell di cui si debba fare l'autopsia: ancora non ha capito da dove cominciare,se la contrattazione aziendale è un rischio o un opportunità: poco male: saranno gatte da pelare per la CGIL....
L'uomo di punta per la Lista Monti è Ichino, uscito sconfitto anche lui dalle primarie del PD. Ovvio che per questo motivo e per la sua scelta di cambiare schieramento, nonché per una vecchia ruggine tra lui e l'Amministrazione del Lavoro, sarà difficile che la sua proposta possa essere influente, quanto meno nella prima parte della legislatura. Il professore è divenuto molto più prudente (il tritacarne in cui si è ficcata la Fornero ha spaventato molti studiosi) e pone l'accento sull'aspetto sperimentale della propria proposta perchè neppure lui sa se possa davvero funzionare nel caos del mondo del lavoro in Italia. Diversi sono i punti deboli della proposta. In sintesi:le imprese sono stanche di esperimenti: vogliono lavorare e in sicurezza, altrimenti vanno all'estero. Il rapporto di lavoro a tempo indeterminato (illusorio) rischia più di essere un dogma che una realtà. Forse è bene che si elaborino modelli alternativi in cui tutti, senza privilegi, possano cambiare lavoro nella vita in piena sicurezza. Il precariato non è sgradevole tanto per la durata determinata ma per essere sfruttamento sottopagato e ricattato. Più che la durata, qui il tema è la dignità delle condizioni di lavoro e la sufficienza della retribuzione. Quindi secondo noi, anche da parte di Ichino c'è un evidente ritardo interpretativo. Di ridurre il cuneo fiscale Ichino sa meglio di noi che non è aria, almeno finchè i costi della PA saranno a questi livelli. Ichino poi dovrebbe sapere che l'Outplacement in Italia il soggetto pubblico non sa farlo e quindi non sarebbe gratuito. E delude quando scomunica l'art. 8 di Sacconi in nome del totem CCNL. Ci saremmo aspettati un po' più di coraggio nel valorizzare la contrattazione aziendale, l'unica che può sparigliare il pluridecennale immobilismo dell'assetto sindacale italiano.
Quanto al PDL pesa su questo schieramento l'eredità della gestione Sacconi cui non si può non pensare in relazione alla credibilità delle intenzioni di modificare realmente, questa volta, il mercato del lavoro. Certo, non si può negare che la scelta sia chiara (abolire la riforma Fornero e tornare alla Legge Biagi) e che il quadro ideologico sia coerente. Il punto debole è nella dimostrata incapacità, in questi anni, di quella parte, di saper unire e non dividere il mondo del lavoro su una prospettiva condivisa. E in Italia la riforma del Lavoro o la si fa tutti assieme o non la si fa. Anche in questo caso, come per Ichino, il contrasto tra tempo indeterminato e precariato è posto in maniera non corretta e fuorviante, in maniera cioè poco moderna. Ovviamente la validità dell'art. 8 di Sacconi è ribadita ma ci sarebbe più piaciuta una netta presa di distanze da visioni dello stesso penalizzanti per le condizioni dei lavoratori. Bene abbattere il totem del CCNL ma per migliorare le condizioni di imprese e lavoratori , non per peggiorarle perchè non è così che l'economia cresce. Quanto al tema della liberazione del lavoro dai vincoli fiscali e burocratici, lo stesso è convincente come sempre ma in realtà è rimasto in questi anni una mera utopia nonostante le responsabilità di governo ricoperte.
In conclusione auguriamo a tutte le forze politiche, dopo le elezioni, di riuscire a realizzare qualcosa di buono e costruttivo per tutti i lavoratori italiani. Ne sentiamo veramente il bisogno.

I DIPENDENTI PUBBLICI E LA POLEMICA SUI COSTI DELLA BUROCRAZIA

I dati diffusi da Confartigianato sui costi della burocrazia fanno impressione. Se ne parla da anni ma evidentemente fare qualcosa di serio per ridurla, razionalizzarla e modernizzarla si è rivelato impossibile.
Diamo per scontato che sull'interpretazione del fenomeno e sull'identificazione di esso come un problema (“il” problema?) si sia concordi. Per lo meno tra i cittadini che non abbiano le mani in pasta con quel groviglio di interessi e vogliano sinceramente il bene di sé stessi, delle loro famiglie, delle loro imprese (se non le hanno già chiuse).La domanda capitale è : “che fare?” ma soprattutto “chi può fare di più?” (l'assonanza sanremese è puramente casuale).
Soggetti politici che vogliano veramente innovare, all'orizzonte, non se ne vedono. Per ragioni diverse e comprensibili. Uno schieramento ha nell'elettorato appartenente al pubblico impiego uno dei propri pilastri. Un altro è, per sua natura, punto di riferimento, di fatto, della dirigenza (e si sa che i generali, senza un esercito, anche scalcinato, contano ben poco) cioè di chi nella PA è presente non a caso e svolge ruolo di garante per il perpetuarsi del potere, un altro ancora ha capito, sin dal 1994 che anche se a malincuore e turandosi il naso con la burocrazia deve fare i conti (e non può regolare i conti) se non vuole che le proprie “riforme” tese a favorire determinate categorie e territori serbatoio elettorale si spengano nel nulla. Altri schieramenti, oggi marginali, abituiamoci a valutarli meglio una volta che avranno avuto veramente a che fare col mostro. Ne usciranno (la storia ci dice questo) o fagocitati, o isolati e sconfitti oppure ne assaggeranno per un po' i privilegi in attesa della normalizzazione. Soggetti economico-imprenditoriali hanno dimostrato di avere un rapporto di amore-odio con la burocrazia. La detestano quando la stessa manda a monte i propri affari ma spesso, in silenzio e di nascosto, cercano di mettersi d'accordo con essa, anche illecitamente, per fregare i concorrenti. Diciamo poi che in Italia questi soggetti non hanno mai brillato per attaccamento ad interessi superiori o al bene comune. Meglio non illudersi e non fare affidamento su di loro. I sindacati grandi e storici sono in rapporto di interesse con gli alti livelli burocratici. Da uno scambio con essi derivano i residui favori e privilegi che riescono a strappare per conservare gli iscritti da loro rappresentati, che si accontentano sempre di meno, così come quei sindacati li hanno gradualmente abituati a fare. I sindacati piccoli sono stati annullati da una normativa sulla rappresentatività di cui sinora né loro né altri hanno pienamente compreso la natura sostanzialmente ingannevole e antidemocratica (cosa c'è di più autoritario della finta democrazia?). Restano i lavoratori pubblici, cioè noi, per la verità sempre più presi dal problema di campare giorno per giorno più che dalle preoccupazioni sulla sorte della democrazia. Diciamo loro: quando avrete tempo di rifletterci vi accorgerete che in Italia nulla è cambiato e nulla muterà finchè non saranno proprio i lavoratori pubblici a far propria la bandiera della lotta alla burocrazia (già, proprio quella che apparentemente vi dà da mangiare – anche se in realtà è il contribuente che lo fa- e quella nella quale sognate ancora che un domani vostro figlio possa assere assunto tramite un concorso), della battaglia perchè vengano ridotti gli adempimenti per avviare una nuova impresa, per costituire un nuovo rapporto di lavoro, i passaggi per accedere al credito o quelli fiscali. Così come per ridurre e semplificare le leggi e per digitalizzare la pubblica amministrazione. Perchè innanzitutto voi (noi) siamo quelli ad aver bisogno di una giustizia veloce ed efficiente, di servizi alla famiglia veri , diffusi, alla portata delle nostre tasche. Prendiamola allora in mano questa bandiera e muoviamoci, non fidandoci di coloro che dicono che se si riducesse la burocrazia questo significherebbe perdere tanti posti di lavoro impiegatizi. Ci ricattano e ci ingannano, per farsi sempre gli affari loro. Ragioniamo con la nostra testa, guardiamo (almeno su questo) all'Europa e lasciamo al loro destino i demagoghi sindacali , gli unici che hanno interesse a che si perpetui questo sistema perverso, temendo che in caso contrario dovrebbero tornare a lavorare sul serio.

domenica 10 febbraio 2013

PERCHE' IL PRESIDENTE DI UN AUTHORITY NON DOVREBBE ESSERE UN EX POLITICO...

Lo schema di decreto legislativo anticorruzione che riguarda la parte relativa al riordino della trasparenza sul web è stata oggetto dell'esame dell'Authority sulla Privacy, presieduta da un ex politico.
Il risultato è interessantissimo perchè, nell'elencare quali siano i dati non pubblicizzabili e quali quelli pubblicizzabili (e, questi ultimi, entro che limiti) il Garante ha fornito all'opinione pubblica una informazione (questa si completa) di cosa dovrebbe disporre una vera legge anticorruzione che tutti i partiti, peraltro, promettono, in campagna elettorale, di voler approvare nel futuro Parlamento.
Il garante non vuole che si pubblichino i dati sulle consulenze (e relativi compensi) dei pubblici dipendenti.. Inoltre ritiene che vada rispettata la riservatezza dei parenti dei politici. Non solo la moglie di Cesare, quindi, potrà d'ora in poi sentirsi al sicuro da occhi e domande indiscrete sulla propria situazione patrimoniale ma tutta la folta parentela. Inoltre anche ciò che sarà pubblicato lo dovrà essere a termine e/o con limitazioni di accessibilità.Forse perchè , come il pesce, alla lunga la puzza di questi dati possa essere avvertita da tanti, da troppi, anche da quelli con il naso (e non solo quello) chiuso.Via libera invece , riguardo ai dipendenti pubblici, per le retribuzioni tabellari (notoriamente variabili e a sorpresa....) e per i curricula (notoriamente veritieri.....). Se questa presa di posizione ha leggermente interdetto l'attuale Ministro della Funzione Pubblica (di solito imperturbabile ed equilibrato) , come appare dalle dichiarazioni rese alla stampa, significa che effettivamente si tratta di qualcosa di pesante. Nella speranza che dopo le elezioni si cambi rotta nel Paese e nelle Istituzioni, l'AGL , sommessamente, rinnova la richiesta fatta che vengano resi pubblici non solo l'ammontare dei premi ricevuti dai dirigenti della PA ma anche quali obbiettivi raggiunti li giustifichino. Insomma, ci piacerebbe che un domani , come accade per i piloti di Formula 1, il politico (e soprattutto il suo serbatoio = portafoglio) , venga pesato prima e dopo la gara (cioè l'incarico rivestito) per verificare che si sia comportato con lealtà e correttezza. .Nel frattempo, non sarebbe male se il nuovo Parlamento varasse una norma che non consentisse ad un ex parlamentare di essere membro (né tanto meno Presidente) di Authority. Crediamo che il motivo sia evidente...

sabato 26 gennaio 2013

ALLARME ESUBERI STATALI: LA RIVINCITA POSTUMA

I più attenti lettori della stampa quotidiana avranno notato un fiorire negli ultimi giorni di articoli allarmati sul destino di migliaia di statali. Tale bagno di verità stride con l'ormai permanente atteggiamento dei sindacati rappresentativi che, indossando il camice e infilando nel braccio la flebo dei FUA e dei decreti di avanzamento economico privi di copertura, svolgono il ruolo dei bravi inferimieri che ti accompagnano, confortandoti, a una morte che sia la più tranquilla possibile.
Mettiamoci pure un pò di sano ricatto elettorale, soprattutto al Sud. Al centro-nord neppure più questo: perfino la cgil, nel suo piano del lavoro, parla si di 175 mila giovani da assumere ma di 20 miliardi di risparmi nella PA (una specie di spending review con le forbici rosse, stavolta).
Difesa, Istruzione, Beni Culturali, INPS sono in questo momento in prima linea. Come nei migliori film di fantascienza, l'invasione degli ultracorpi brunettiani sta rendendo irreversibile il destino della vecchia PA italiana. Sarà un bene o un male?Chi può dirlo? Da tanti anni, tra l'incredulità di molti, si mormorava che prima o poi il potere governativo avrebbe saldato i conti anche nella PA, una volta serbatoio di voti oggi divenuto elemento di imbarazzo e ostacolo. E' forse arrivato il momento. Tanti colleghi si troveranno allora di fronte a una svolta anticipata, nella loro vita: ancora giovani, senza una vera pensione a tutelare il loro futuro, con grandi problemi a ricollocarsi nel mercato del lavoro.
Al contrario degli altri sindacati, noi non abbiamo mai ingannato nessuno, illudendolo e neppure cercato di lavare il cervello alla gente cambiando giorno per giorno linguaggio e terminologia, quelli che pian piano, negli scritti e nelle assemblee, vedevano insinuarsi, in maniera gradualmente sempre più evidente e forte, lo spettro del licenziamento.
Noi, invece, abbiamo sempre detto no a tutti i licenziamenti e sì a una vera mobilità, non necessariamente sempre volontaria (altrimenti vi avremmo preso in giro) da una amministrazione all'altra, magari più bisognosa di personale e con più prospettive strategiche.Testando la validità di una vera informatizzazione dalla capacità di indurre risparmi veri sul personale (bloccando gli automatismi del turn-over) e sulle funzioni , da ridurre, spezzando la spirale perversa "dirigenti spinti-personale soldatino-scartoffie pretesto".Gli altri (seguiti purtroppo dalla maggioranza del personale) hanno scelto un'altra strada e questi sono i risultati: politica e dirigenza voltano le spalle al loro finora fedele personale e elettorato sfinito da tasse inutili imbestialito che se la prende, pretendendone la testa, con le ultime ruote del carro.
Per ognuno di coloro che pagheranno con il licenziamento vorremmo avere una parola di conforto: il resto del mondo del lavoro non è poi così brutto. Rimboccandosi le maniche e liberandosi dei finti privilegi di chi fino ad oggi voleva viziarvi col nulla di una falsa sicurezza, sicuramente recupererete una vostra dignità, pretendendo che in Italia finalmente chi vuole lavorare lo possa fare senza dare la maggior parte del suo reddito in pasto ai parassiti, ma conquistando un sistema fiscale più giusto e non è detto che tra un pò di tempo non possiate prendervi la rivincita di cacciare dalle loro poltrone i politici di tutti gli schieramenti che vi hanno usato e poi traditi e gettati via e i sindacati che vi hanno venduti.