clicca sul logo

domenica 17 febbraio 2013

LAVORO: PARTITA DAL PORTO FORNERO, UNA ZATTERA ALLA DERIVA NELLA NOTTE GALLEGGIA SULLA PALUDE DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI. I TRE MAGGIORI SCHIERAMENTI DISCORDI SUL DOPO ELEZIONI.

E' di pochi giorni fa l'ultimo richiamo dell'OCSE che come al solito, all'italiana, verrà letto dagli interessati, in più maniere tra loro contraddittorie. Dice l'OCSE che più che il posto, va protetto il reddito del lavoratore. Ma i soldi per farlo, in Italia, ci saranno?Le leggi, infatti, come noto, non producono di per sé nuove risorse.Anzi, per raggiungere l'obbiettivo spesso ne richiedono di nuove. Sempre OCSE sostiene che ciò influirebbe sulla migliore dislocazione della forza lavoro. Ma già qui emerge una divergenza di impostazione tra una Europa liberista, che ipotizza un processo di causa -effetto spontaneo e una visione italiana statalista e dirigista che unanimemente ritiene che questi processi vadano guidati da politiche attive del lavoro (per la verità solo nell'ultimissima comunicazione l'OCSE ne fa cenno, senza troppa convinzione) , mai realmente fatte in decenni nonostante le decine di migliaia di dipendenti pubblici impegnati nelle relative amministrazioni di cui non si vuole ammettere , per motivi clientelari, l'inutilità. Sarà dura realizzare la flessibilità in entrata e uscita richiesta dall'OCSE quando la mentalità prevalente è quella che l'una e l'altra parte , nelle due fasi, debbano essere più brave a fregare la controparte che a rispettare regole di correttezza e civiltà. Tutto un altro mondo, quindi. In ogni caso in Italia, prima del 2017 un sistema universale di protezione sociale per chi perde il lavoro non sarà realizzabile e quindi su questo, per il momento, a meno che non siano scoperti pozzi di petrolio in Via Flavia, è meglio mettersi l'anima in pace e proseguire coi vecchi ammortizzatori. Già il Fondo Monetario Internazionale aveva cominciato a snocciolare questo libro dei sogni: riforma della giustizia, riforma tributaria, riforma della scuola e dell'università, no ai condoni, ridurre il cuneo fiscale,liberalizzazioni, privatizzazioni, ecc. Con un po' di ritardo forse: qualcuno dovrebbe spiegare all'OCSE che in Italia le tasse universitarie è inutile aumentarle ancora visto che ormai gli studenti stanno abbandonando le facoltà sia per i già alti costi sia per l'inutilità della laurea nell'attuale mercato del lavoro. E con troppa prudenza, visto che lascia la porta aperta e quindi ammette una modulazione temporale degli interventi in tutti i settori di cui si propone la riforma compatibilmente con le esigenze di bilancio. Quindi se ne parlerà tra anni. Per cui: parole al vento. Nel frattempo la riforma Fornero si delinea (lo dicono gli imprenditori e non stranamente quei partiti che dicono di voler rappresentare il lavoro dipendente, il più colpito dal capolavoro della professoressa torinese) come un disastro epocale. . Ha aggravato i costi nell'utilizzo di apprendistato e lavoro a termine, ha concorso alla perdita di ulteriori 320 mila posti di lavoro e a un tasso di disoccupazione, specie giovanile, che da tempo non si riscontrava. Le aziende fanno sempre meno contratti, soffocate da burocrazia asfissiante e oneri inutili. Il contratto di apprendistato è affondato per l'aumento della contribuzione, per il vincolo di stabilizzazione e, per la verità, anche per i ritardi delle Regioni. Analoghe disavventure per il contratto a tempo determinato, grazie all'aumento della contribuzione, non riequilibrato dal premio di stabilizzazione e dalla possibilità di omettere il “causalone”.La reputazione delle collaborazioni e delle partite IVA era da tempo segnata (per la intrinseca pericolosità) da parte delle aziende, il contratto di inserimento è stato abrogato,le agevolazioni alle assunzioni femminili sono al palo per la solita non immediata attuabilità delle leggi italiane (da definire ancora territori e tipi di impiego). Poiché è aumentato il contributo per l'ASPI è diventato più costoso licenziare quindi si preferisce addirittura non assumere. Nè tanto meno le aziende sono propense a versare i contributi relativi ai fondi di solidarietà bilaterale e residuale.
Un capolavoro quindi cui oltre alla Fornero ha sicuramente concorso l'elite amministrativa del Ministero del Lavoro che ha fornito la propria preziosa consulenza tecnica a supporto del Ministro. Anche l'Italia pertanto possiede le sue armi di distruzione di massa. Come rimediare? Qui la confusione rischia di accentuarsi. Il PD è per una modifica della riforma, il PDL per abolirla, Monti (cioè Ichino) per sperimentare nuove soluzioni. Molto dipenderà da chi ricoprirà il posto di Ministro del Lavoro e dalle spinte che verranno, su un tema tanto sensibile, dalla sinistra estrema, dalla lega, dai grillini e, ovviamente, dalle associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro.
Dalla lettura delle varie posizioni in campo alcune osservazioni sono d'obbligo.
Il PD appare eccessivamente attardato in una visione ingegneristica del diritto del lavoro. L'impressione è che abbia difficoltà ad elaborare un modello coerente e compiuto e, probabilmente, sia intenzionato in futuro ad appaltare alla CGIL e alla Camusso , volta a volta, l'elaborazione di proposte da far proprie come governo in cambio di una pace sociale (e qui non sembra lecito attendersi uno scavalcamento da parte di CISL, UIL e UGL). Da un punto di vista tecnico è prevedibile che si ripropongano gli stessi errori compiuti quando si riformò la materia del lavoro pubblico. Un groviglio di circolari, decreti attuativi, protocolli di intesa che rischia di far diventare il diritto del lavoro italiano ancor più giungla di come lo sia attualmente. Unico sollievo: forse per un bel po' di tempo ci verrà risparmiata l'inutile polemica sull'articolo 18 (forse l'argomento che alle aziende interessa di meno, in quanto non a tutti è noto che le aziende non vogliono licenziare ma crescere, produrre e assumere alle condizioni più favorevoli possibili). Il PD non si occuperà di pensioni (non smetterà mai di ringraziare la Fornero per averci lavorato sopra sporcandosi fino al collo) se non per sanare la vicenda esodati effettivamente imbarazzante per l'elettorato di riferimento L'art. 8 di Sacconi per il PD è come l'alieno di Roswell di cui si debba fare l'autopsia: ancora non ha capito da dove cominciare,se la contrattazione aziendale è un rischio o un opportunità: poco male: saranno gatte da pelare per la CGIL....
L'uomo di punta per la Lista Monti è Ichino, uscito sconfitto anche lui dalle primarie del PD. Ovvio che per questo motivo e per la sua scelta di cambiare schieramento, nonché per una vecchia ruggine tra lui e l'Amministrazione del Lavoro, sarà difficile che la sua proposta possa essere influente, quanto meno nella prima parte della legislatura. Il professore è divenuto molto più prudente (il tritacarne in cui si è ficcata la Fornero ha spaventato molti studiosi) e pone l'accento sull'aspetto sperimentale della propria proposta perchè neppure lui sa se possa davvero funzionare nel caos del mondo del lavoro in Italia. Diversi sono i punti deboli della proposta. In sintesi:le imprese sono stanche di esperimenti: vogliono lavorare e in sicurezza, altrimenti vanno all'estero. Il rapporto di lavoro a tempo indeterminato (illusorio) rischia più di essere un dogma che una realtà. Forse è bene che si elaborino modelli alternativi in cui tutti, senza privilegi, possano cambiare lavoro nella vita in piena sicurezza. Il precariato non è sgradevole tanto per la durata determinata ma per essere sfruttamento sottopagato e ricattato. Più che la durata, qui il tema è la dignità delle condizioni di lavoro e la sufficienza della retribuzione. Quindi secondo noi, anche da parte di Ichino c'è un evidente ritardo interpretativo. Di ridurre il cuneo fiscale Ichino sa meglio di noi che non è aria, almeno finchè i costi della PA saranno a questi livelli. Ichino poi dovrebbe sapere che l'Outplacement in Italia il soggetto pubblico non sa farlo e quindi non sarebbe gratuito. E delude quando scomunica l'art. 8 di Sacconi in nome del totem CCNL. Ci saremmo aspettati un po' più di coraggio nel valorizzare la contrattazione aziendale, l'unica che può sparigliare il pluridecennale immobilismo dell'assetto sindacale italiano.
Quanto al PDL pesa su questo schieramento l'eredità della gestione Sacconi cui non si può non pensare in relazione alla credibilità delle intenzioni di modificare realmente, questa volta, il mercato del lavoro. Certo, non si può negare che la scelta sia chiara (abolire la riforma Fornero e tornare alla Legge Biagi) e che il quadro ideologico sia coerente. Il punto debole è nella dimostrata incapacità, in questi anni, di quella parte, di saper unire e non dividere il mondo del lavoro su una prospettiva condivisa. E in Italia la riforma del Lavoro o la si fa tutti assieme o non la si fa. Anche in questo caso, come per Ichino, il contrasto tra tempo indeterminato e precariato è posto in maniera non corretta e fuorviante, in maniera cioè poco moderna. Ovviamente la validità dell'art. 8 di Sacconi è ribadita ma ci sarebbe più piaciuta una netta presa di distanze da visioni dello stesso penalizzanti per le condizioni dei lavoratori. Bene abbattere il totem del CCNL ma per migliorare le condizioni di imprese e lavoratori , non per peggiorarle perchè non è così che l'economia cresce. Quanto al tema della liberazione del lavoro dai vincoli fiscali e burocratici, lo stesso è convincente come sempre ma in realtà è rimasto in questi anni una mera utopia nonostante le responsabilità di governo ricoperte.
In conclusione auguriamo a tutte le forze politiche, dopo le elezioni, di riuscire a realizzare qualcosa di buono e costruttivo per tutti i lavoratori italiani. Ne sentiamo veramente il bisogno.

Nessun commento:

Posta un commento