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martedì 29 dicembre 2015

LA BONA SCUOLA

AGL: bravo Rocco, anche noi sosteniamo la tua petizione!

fonte: www.change.org  


Educazione sessuale nelle scuole! Ci metto la faccia e l'esperienza #cipensarocco

Lettera a
Ministro dell'Istruzione Stefania Giannini (Ministro dell'Istruzione)
La pornografia dovrebbe essere intrattenimento, ma in mancanza di alternative è diventata uno strumento di apprendimento, soprattutto tra i giovani. Secondo voi è normale?

Il dialogo, l’ascolto, l’apertura mentale sui temi del sesso sono in Italia ancora lontani. Il sesso è in Italia ancora tabù, mentre in molti avrebbero bisogno di parlarne, aprirsi, essere ascoltati e ricevere risposte. Tanti giovani avrebbero voglia di soddisfare le proprie curiosità ma non sanno a chi rivolgersi.

L’educazione sessuale è obbligatoria in tutti i paesi dell’Unione tranne che in Italia, Bulgaria, Cipro, Lituania, Polonia, Romania e Regno Unito.

In Italia contiamo decenni di proposte sull’educazione sessuale e nessuna legge. Non esiste una legge, dunque, nonostante ci sia richiesta di formazione.

Sono un fiero porno attore e regista, protagonista di quasi 2000 film porno girati da attore e 450 da regista e fin da giovanissimo ho voluto dedicare la mia vita al sesso.

In occasione della giornata mondiale dell’orgasmo (22 dicembre), voglio lanciare questo appello, perché il sesso è una cosa bellissima. Ci metto la faccia e l'esperienza, offro la mia completa disponibilità a visitare le scuole italiane e a farmi promotore in prima persona di questa iniziativa.

Perché proprio io? Perché faccio il mio lavoro da 30 anni e ho acquisito abbastanza esperienza per assicurare che quello che faccio io non è educazione sessuale, bensì altro, pornografia appunto.

I ragazzi hanno il diritto di aprirsi, fare domande, avere risposte, ricevere una formazione su una delle cose più belle e importanti nella vita.

Cosa stiamo ancora aspettando? Educazione sessuale nelle scuole! #cipensarocco #Cometogether
PER FIRMARE LA PETIZIONE, CLICCA SUL SEGUENTE LINK:

lunedì 14 dicembre 2015

Papa Francesco: dare lavoro a tutti i giovani, non solo ai raccomandati

AGL: speriamo che le parole di Papa Francesco illuminino i parlamentari che stanno elaborando la riforma della Pubblica Amministrazione italiana...

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Fonte: http://it.radiovaticana.va/

Francesco: dare lavoro a tutti i giovani, non solo ai raccomandati

Fare di tutto per sconfiggere la disoccupazione giovanile. E’ l’appello levato da Papa Francesco nell’udienza ai partecipanti al Progetto Policoro, iniziativa per il lavoro giovanile nata vent’anni fa come frutto del Convegno ecclesiale nazionale di Palermo. Francesco ha incoraggiato i giovani a non rassegnarsi dinanzi alle difficoltà nel trovare lavoro e ha ammonito che il lavoro non deve essere un dono concesso solo ai raccomandati. Nell’occasione di questa udienza, il Papa ha incontrato anche un gruppo di detenuti della Casa di Reclusione di Sant'Angelo dei Lombardi. Il servizio di Alessandro Gisotti:
http://it.radiovaticana.va/news/2015/12/14/francesco_dare_lavoro_ai_giovani,_non_solo_ai_raccomandati/1194231



Il Progetto Policoro ci dimostra che anche per i giovani è possibile un lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale. Papa Francesco ha esordito così nel suo discorso tutto incentrato sulla dignità del lavoro, specie per i giovani. “Non perdiamo di vista l’urgenza di riaffermare questa dignità!”.
Troppi giovani sono vittime della disoccupazione
Ogni lavoratore, ha soggiunto, “ha il diritto di vederla tutelata, e in particolare i giovani devono poter coltivare la fiducia che i loro sforzi, il loro entusiasmo, l’investimento delle loro energie e delle loro risorse non saranno inutili”:
“Quanti giovani oggi sono vittime della disoccupazione! E quando non c’è lavoro, rischia la dignità, perché la mancanza di lavoro non solo non ti permette di portare il pane a casa, ma non ti fa sentire degno di guadagnarti la vita! Oggi sono vittime di questo”.
Il lavoro non vada solo a raccomandati e corrotti
“Quanti di loro – ha ripreso – hanno ormai smesso di cercare lavoro, rassegnati a continui rifiuti o all’indifferenza di una società che premia i soliti privilegiati – benché siano corrotti – e impedisce a chi merita di affermarsi”:
“Il premio sembra andare a quelli che sono sicuri di se stessi, benché questa sicurezza sia stata acquisita nella corruzione. Il lavoro non è un dono gentilmente concesso a pochi raccomandati: è un diritto per tutti!”
Voi, ha detto rivolgendosi ai giovani del Progetto Policoro, “rappresentate certamente un segno concreto di speranza per tanti che non si sono rassegnati, ma hanno deciso di impegnarsi con coraggio per creare o migliorare le proprie possibilità lavorative”. Il mio invito, ha detto, “è quello di continuare a promuovere iniziative di coinvolgimento giovanile in forma comunitaria e partecipata”. Spesso, ha constatato, “dietro a un progetto di lavoro c’è tanta solitudine: a volte i nostri giovani si trovano a dover affrontare mille difficoltà e senza alcun aiuto”. E, ha proseguito, “le stesse famiglie, che pure li sostengono – spesso anche economicamente – non possono fare tanto, e molti sono costretti a rinunciare, scoraggiati”.
La risposta della Chiesa è la testimonianza
Di fronte a questa situazione, ha esortato Francesco, la Chiesa è chiamata a dare una testimonianza, a “sostenere le nuove energie spese per il lavoro; promuovere uno stile di creatività che ponga menti e braccia attorno a uno stesso tavolo”, la Chiesa “accomuna tutti”. E ha messo in guardia da chi confonde la “realizzazione” della persona “con un certo modello di ricchezza e di benessere che spinge a ritmi disumani. Non sia così per voi”. “Alla scuola del Vangelo, dunque”, ha ribadito, troviamo “la via giusta”:
“È vero, Gesù non ha direttamente insegnato come inventarci possibilità lavorative: no, ma la sua parola non smette mai di essere attuale, concreta, viva, capace di toccare tutto l’uomo e tutti gli uomini. Oggi parla anche a noi: ci esorta a fare delle nostre idee, dei nostri progetti, della nostra voglia di fare e di creare una lieta notizia per il mondo”.
Prendersi cura dei giovani disoccupati, sono la carne di Cristo
“Il vostro lavoro – ha detto ancora – io l’ho molto a cuore, perché soffro quando vedo tanta gioventù senza lavoro, disoccupata”. Ed ha rammentato che in Italia, i giovani  fino a 25 anni soffrono quasi il 40% di disoccupazione. A volte, ha detto con un rammarico, un giovane disoccupato si ammala, “cade nelle dipendenze o si suicida”:
“Questi giovani sono la nostra carne, sono la carne di Cristo e per questo il nostro lavoro deve andare avanti per accompagnarli e soffrire in noi quella sofferenza nascosta, silenziosa che angoscia loro tanto il cuore. Vi assicuro la mia preghiera, vi sono vicino: contate su di me, per questo, perché questo mi tocca tanto”.

mercoledì 9 dicembre 2015

IL FUTURO DI PARTE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE ITALIANA? NELL'AGRICOLTURA

AGL: siamo pienamente d'accordo con l'autore di questo articolo e con il Prof. Ichino. Solo alcune precisazioni:

  1. ci sembra che sia venuto il momento, ormai che la frittata è fatta e gli altarini sono scoperti, che anche i Ministri Madia e Poletti dicano chiaro, perchè è questo che vuole il Paese (e a questo invece si oppongono i sindacati nemici del Governo) che per pubblici e privati debbano valere le stesse regole (e sarebbe grave se la riforma della PA andasse in direzioni diverse).Si operi quindi sulle norme esistenti per spazzare via questi dubbi.
  2. I rituali, continuati e noiosi piagnistei della FP-CGIL non commuovono nessuno. Ci mancherebbe altro che nella PA non venissero licenziati per giusta causa coloro che commettono reati. Il problema è che sarebbe ora che anche nel pubblico ci fossero i licenziamenti per gmo (giustificato motivo oggettivo). Che , in parole povere, è lo strumento per risolvere il problema che si crea quando un posto di lavoro non serve più o serve troppo poco (e non è questa la situazione addirittura di interi rami delle Pubbliche Amministrazioni?)
  3. E non è che se la sentenza della Cassazione è arrivata dopo due giorni dalla manifestazione per il contratto questa sia una rappresaglia del sistema. Come già da noi scritto, è la categoria, grazie a quei sindacati, che si è autocastrata da anni. Il blocco dei contratti è conseguenza di quel che pensa l'opinione pubblica dei pubblici dipendenti.
  4. Occhio però ai furbetti del posticino. Non è che ora che si sta per licenziare sul serio va fatta tornare di moda la ripubblicizzazione, che è cosa buona e giusta. E no, belli! Qui occorre una politica dei tre tempi. Prima ripuliamo la PA dai delinquenti e dai corrotti, poi la alleggeriamo dei fannulloni e degli inutili con licenziamenti mirati e poi, per non farla ri-pappare da CGIL,CISL, UIL, CONFSAL, UGL, ecc. la cambiamo, decontrattualizzandola e rilegificandola! Solo così certi giochetti finiranno una volta per tutte! E rilanceremmo l'attività agricola soprattutto al Meridione.




I dipendenti del pubblico impiego sono licenziabili come quelli del settore privato!


Il cosiddetto Jobs Act lascia aperti i dubbi di interpretazione sulla parità tra pubblico e privato e la Cassazione cerca di fare chiarezza sul tema. Seppure la sentenza faccia riferimento alla riforma Fornero del 2012 , la Cassazione ha ritenuto applicabile al riformato articolo 18, anche al pubblico impiego. Tale pronuncia apre ovviamente il capitolo dell’applicazione delle “tutele crescenti” anche al pubblico impiego e ciò proprio perché la riforma del lavoro di Renzi ha lasciato (volutamente?) dubbi di interpretazione. Con questa sentenza, che farà giurisprudenza, i licenziamenti nel pubblico impiego saranno finalmente parificati a quelli del settore privato. E’ una sentenza che contrariamente a quanto sostenuto dai Ministri Madia e Poletti, riguarda chiaramente il pubblico impiego.
La sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 24157 del 25 novembre 2015 ha stabilito, quindi, che l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, come modificato dalla legge Fornero, si applica anche ai dipendenti pubblici. I giudici della Cassazione hanno precisato che è innegabile che il nuovo testo dell’art. 18 legge come modificato dalla legge Fornero (art. 1 legge n. 92/2012,) trovi applicazione ratione temporis al licenziamento disciplinare per i dipendenti pubblici, eliminando molti dubbi interpretativi e avallando la tesi di chi, come il senatore Ichino, ha sempre sostenuto che la riforma dell’art. 18 si applicasse anche al pubblico impiego perché una norma speciale di esclusione non c’è mai stata. Ma i dubbi sul presente permangono, la sentenza non chiarisce affatto se il c.d. Jobs Act –  in realtà il decreto sul contratto a tutele crescenti – si estende anche ai dipendenti pubblici assunti dal 7 marzo in poi.  Ebbene, una precisazione è d’obbligo, il decreto sul contratto a tutele crescenti non modifica l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori che resta com’è e dov’è.
Il decreto n. 23/2015 introduce nuove regole per gli assunti dal 7 marzo in poi, senza abrogare l’art. 18 dello Statuto e delimitando all’art. 1, il campo di applicazione delle nuove regole. Infatti, il contratto a tutele crescenti si applica a operai, impiegati e quadri, un sistema di classificazione del personale proprio del lavoro privato, che potrebbe mascherare l’intento del legislatore di escludere i dipendenti pubblici. L’art. 1, d. lgs. n. 23/2015 non contenendo alcuna esclusione e nella formulazione operata dal legislatore, giustifica i dubbi sull’estensione di tali regole anche ai lavoratori pubblici, dubbi che permangono anche alla luce della sentenza della Cassazione del 25 novembre 2015. In realtà,  i tempi sarebbero maturi per il superamento delle disparità tra dipendenti pubblici e privati e per l’applicazione delle stesse regole che valgono per i lavoratori privati anche per i lavoratori pubblici. Trovo curioso che si parli di discriminazione tra dipendenti privati quando si tratta delle tutele crescenti e si dimentica la più grande delle discriminazione: quella tra  lavoratori pubblici e privati.
07/12/2015

domenica 29 novembre 2015

Revival anni '80 . La Camusso ieri a Roma per guardarsi Ufo robot, avvolta da uno scialle lavato con Furlan, con un Barbagallo appollaiato sulla spalla (e 26 sigle sindacali intorno a farle da Puffi)

AGL: con la manifestazione di ieri confederali e autonomi hanno iniziato a seppellire definitivamente le speranze di aumento stipendiale dei lavoratori pubblici. Non potrà esserci sciopero (se non per gli attivisti sindacali rimborsati) per evidenti vuoti nelle tasche dei lavoratori. La Camusso se la prende con Poletti dicendogli che non sa come è fatto il lavoro. Senonchè, quello è uno che negli ultimi anni il lavoro prima con il movimento cooperativo ora con il Jobs Act lo ha creato, la Camusso e gli altri suoi compari sono stati capaci solo di accompagnare al camposanto lavoratori e aziende con il corteo funebre della Cassa Integrazione. Proprio loro, invece, hanno dimostrato di non capirci più niente di lavoro e di pubblico impiego in particolare. Sognano ancora infornate di massa di disoccupati sindacalizzati da parte dello Stato (come fece la legge 285 negli anni '70 che molti oggi leggono come il de profundis della pubblica amministrazione italiana) ma non capiscono che non ci sono più i soldi per farlo (col debito pubblico) i referenti politici (il PCI delle grandi intese) le giustificazioni operative (con l'informatizzazione gli investimenti vanno indirizzati nelle tecnologie, non nel capitale umano). Povero Poletti costretto a inviare messaggi così avanzati a queste melanzane! Dovrebbe sapere che per questi qui gli obiettivi da raggiungere non sono risultati a favore dei cittadini utenti ma, nella Pubblica Amministrazione, la scusa per grattare compensi incentivanti maggiori per i rappresentanti sindacali interni in sede di ripartizione di retribuzione accessoria. Da anni e anni. Di quale mondo del lavoro parla la Camusso (a proposito, dove lavorava prima di iniziare la carriera sindacale)? Come può utilizzare l'ora lavoro come parametro per settori tra loro più diversi? Vada magari a lezione da Barbagallo che dopo anni di docenza all'Università del Pesce di Palermo ha elaborato le linee della Rivoluzione Industriale 4.0. Ma si sbrighi, prima che Cina , India o la Nasa ce lo portino via a suon di milioni...E poi la Furlan, che si scandalizza per i bassi aumenti che si delineano. Una non comunista come lei dovrebbe salutare positivamente il fatto che a livello sindacale si siano accettate le leggi del libero mercato. Ma se da anni, con le vostre scelte scellerate avete condotto fuori mercato il lavoro pubblico, come fate a sorprendervi del fatto che nessuno (lo Stato, i Governi di ogni colore, gli elettori in grande maggioranza) sia disposto a tirar fuori un euro per finanziarlo?
Ecco l'amara verità: il lavoro pubblico, in Italia, così com'è (grazie soprattutto a voi sindacati confederali e autonomi) non serve a nulla. Tutti i governi, non potendo licenziare in massa, hanno bloccato le uniche due cose possibili: il turn-over e gli aumenti di stipendio. C'è chi ve lo dice e chi non ve lo dice. Chi lo fa di nascosto e chi palesemente per prendere voti.
Il cittadino, quando ne avrebbe bisogno, salta, aggira, elude la Pubblica Amministrazione. Perchè non solo non serve a nulla ma può pure danneggiare o rovinare la tua vita.
Ognuno si faccia un esame di coscienza e verifichi se ciò, nella propria vita, è risultato vero o falso.
Landini poi è uno spettacolo. E' l'unico che chiaramente ti indica come uscire dalla crisi. Lui è l'unico che si capisca, quando parla, che ti dia una soluzione.Quale? Quella in base alla quale occorre proprio fare diametralmente il contrario di quanto lui dice. Pertanto: dare priorità alla qualità e non alla quantità del lavoro, Dare la possibilità a chi vuole di lavorare di più , per quanti anni vuole e lasciare a casa, con un assegno sociale, quelli che non ne hanno voglia o rimanendo fanno solo danni (soprattutto nella pubblica amministrazione). Decontrattualizzare e rilegificare il rapporto di lavoro di tanti settori del pubblico impiego, diminuire l'importanza del contratto nazionale e capovolgere la gerarchia delle fonti contrattuali. Spazio a contratti aziendali perchè i tempi sono cambiati: gli analfabeti e i ruffiani ci sono ancora, ma non tra i lavoratori bensì solo tra i rappresentanti sindacali confederali e autonomi.
Infine tre questioni su cui i sindacati sono sempre in difficoltà: il precariato, gli aumenti alle forze dell'ordine e i licenziamenti degli assenteisti.
Nulla è cambiato nelle classiche posizioni perdenti dei sindacati. Che sia un valore positivo il poter cambiare lavoro nella vita frequentemente e che non si possa diventare tutti impiegati statali (per i quali la stabilità tra un po' non esisterà più) ai leader sindacali non vuole entrare nel cervello nemmeno col trapano. Aspettiamo il XXII secolo , a questo punto. Che aumenti di stipendio abbiano solo un valore simbolico (5, 7 , 80, 150 euro che siano) non lo si vuole dire perchè altrimenti crollerebbe tutto il teatrino. Perchè , riguardo alle forze dell'ordine, il cui mantenimento in periodi come questi presenta costi proibitivi, a nessuno dei sindacati è mai venuto in mente di superare il problema, rimettendo in discussione il monopolio statale della sicurezza? Ma intanto, quanti posti di lavoro produrrebbe un incremento della fabbricazione di armi da difesa liberamente acquistabili da ogni cittadino (cambiando le leggi esistenti) così come possibile in USA? La CISL, per esempio, oltre a riprodurre nella propria bandiera le strisce di quella americana potrebbe promuovere queste novità. Licenziamenti degli assenteisti. E' vero, già possibili con le norme esistenti, non applicate però proprio per la connivenza e lo scambio di favori fra dirigenza e sigle sindacali. Ma qui il problema è un altro: ci vorrebbero licenziamenti per esuberi, nel Pubblico Impiego che in Italia sono stati sempre tabù. Ecco, i Sindacati facciano un elenco delle pubbliche amministrazioni e delle relative funzioni che non servono a niente. Vuoi vedere che sarebbe recuperato il valore di mercato del posto pubblico e il cittadino vedrebbe nella PA qualcosa di utile, meritevole di essere premiato con onerosi aumenti stipendiali?
P.S.: ci stavamo dimenticando dei Puffi, ossia delle 26 sigle sindacali di contorno. Non preoccupatevi. A Natale, quando si fa l'albero, vengono tirate fuori, dagli scatoloni, palle e pallette, stelle e nastrini. Vedrete che dopo le Feste tornerete al vostro posto (anche in base agli accordi sulla rappresentanza che i confederali stanno firmando a tutto spiano con i datori di lavoro) ... Non era proprio Barbagallo che ai tempi dello sciopero della scuola si era lamentato dicendo: ci hanno chiamato a un incontro alla Funzione Pubblica, come organizzazioni rappresentative e mi sono trovato intorno decine di sigle sindacali. E mi sono (e ho) chiesto: e questi chi sono?....

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Fonte: www.repubblica.it

Pubblico impiego, Camusso: "Sciopero? Decideremo come proseguire mobilitazione"

In piazza oltre 30mila persone, secondo gli organizzatori, per chiedere lo sblocco dei contratti nella Pa. La leader Cgil: "Poletti vuole apparire cone Ufo robot". Barbagallo: "Contratto entro l'anno"
ROMA - "L'idea" che emerge è quella di un "ministro che non conosce com'è fatto il lavoro" e "vuole apparire come Ufo robot, per risolvere tutti i problemi. Ma le condizioni non vanno che peggiorando". Così la leader Cgil, Susanna Camusso, ha commentato, nel corso della manifestazione del pubblico impiego, le parole del ministro Giuliano Poletti, che ieri aveva detto di non utilizzare solo l'ora-lavoro come riferimento per i contratti. "L'idea che ha il ministro - ha sottolineato Camusso - è che non ci siano più delle regole per i diritti dei lavoratori. Il ministro non conosce com'è fatto il lavoro, il rapporto che c'è tra la fatica e il tempo dei lavori. Vorrei vederlo a tradurre ciò che ha detto nella concretezza del lavoro quotidiano delle persone. Forse - ha evidenziato Camusso - un ministro del Lavoro dovrebbe sapere di cosa parla".
Critico anche il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo: "Il ministro del lavoro Poletti è entrato a gamba tesa sulla questione dei rinnovi contrattuali e questo non va bene. Io parlo da 6 mesi di rivoluzione industriale 4.0 e lui credo non sappia cosa sia. Se dobbiamo discutere seriamente - ha detto Barbagallo - noi siamo pronti, ma se pensano attraverso slogan giornalistici di fare un attacco ulteriore alla contrattazione per un neo liberismo selvaggio, hanno sbagliato tempo e modo". Poi, dal palco, ha aggiunto: "Se non si fa il contratto subito, entro l'anno, la prossima manifestazione non sarà né di sabato né di domenica".

"C'è voluta la Corte costituzionale per dire che il contratto è un diritto dei lavoratori, ma il governo fa finta di non sentire e offre 5 euro dopo sei anni, ma non c'è diginità in questo, si vergogni il governo",  ha detto il segretario generale della Cisl, Annmaria Furlan.

Di offesa nei confronti dei lavoratori parla il leader della Fiom, Maurizio Landini: "Sinceramente questa idea di superare l'orario di lavoro è un'offesa alle persone che invece, per quanto lavorano, sono retribuite troppo poco", ha detto commentando le parole del ministro del Lavoro. Per Landini il problema è che "l'orario di lavoro bisognerebbe ridurlo e redistribuirlo per aumentare l'occupazione": un'ipotesi però che appare lontana "in un paese in cui l'età di pensionamento è a 70 anni e l'orario di lavoro tra i più alti d'Europa". Metalmeccanici e lavoratori del pubblico impiego sono insieme in piazza oggi a Roma perché, spiega Landini, "il contratto è un diritto di tutti" anche se il governo "ha voglia di favorire al scomparsa del contratto nazionale". Cosa "inaccettabile perché resta uno strumento di tutela generale che invece va rafforzato, non indebolito o cancellato", conclude.


Più di trentamila in piazza. Il corteo dei lavoratori del pubblico impiego e della scuola per lo sblocco dei contratti nella Pa, circa 30 mila persone, secondo gli organizzatori, è partito da piazza della Repubblica a Roma. In testa, dietro lo striscione che è lo slogan della manifestazione 'Contratto subito', ci sono i leader di Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo, insieme ai segretari generali delle diverse categorie oggi in piazza. Dopo sei anni di attesa e due rinnovi persi, i sindacati chiedono un contratto "vero" per gli oltre tre milioni di lavoratori pubblici e oggi hanno cercato di dar voce al disagio dei 700 mila addetti di terzo settore e privato sociale.

Poco ottimismo. Camusso ha sottolineato che "con queste cifre è evidente che non si riesce a fare un rinnovo del contratto. Ma intanto si apra prima la discussione e si vedrà di conseguenza che c'è bisogno di cambiare le cifre", ha detto, parlando del rinnovo del contratto del pubblico impiego. Non sembra esserci spazio per l'ottimismo sulle prossime mosse del governo che, secondo il numero uno del sindacato, si è presentato "come il governo della modernizzazione, invece siete il governo dell'unilateralità come il pupazzo Ercolino sempre in piedi che oscillava, ma poi tornava sempre allo stesso punto; faceva giocare i bambini. ma non fa andare avanti il Paese". E ha proseguito: "Dopo 7 anni di blocco non si può immaginare di dare 7 euro ai lavoratori. Dopodiché il tema non è rincorrere le cifre, ma la volontà del governo di non aprire al rinnovo dei contratti", ha detto ancora Camusso, rinviando a una decisione prossima l'ulteriore proseguimento della mobilitazione. A chi chiede se si programma uno sciopreo generale, Camusso ha risposto: "Decideremo sulla base delle risposte che riceveremo". Una cosa è certa, ha proseguito la leader dal palco: il sindacato non si fermerà. "Non ci fermeremo se non mettete risorse in legge di stabilità". Se si arriva "al 15 dicembre" e nulla cambia, allora, aggiunge "avete sbagliato i conti", ha detto ancra, sottolineando che è necessario smettere di fare propaganda: "Si è utilizzato il superamento del precariato per dividere i lavoratori". Quanto alle forze dell'ordine, per Camusso "i problemi non si risolvono con un bonus, ma serve il contratto".

Assenze e licenziamenti. Non bisogna puntare l'attenzione solo sugli assenteisti, ma anche sui dirigenti che non fanno rispettare le regole. Di questo è convinta la leader della Cgil: "Il ministro ha un chiodo fisso", ha risposto ai giornalisti che le hanno chiesto un commento alle dichiarazioni del ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, sui licenziamenti dei lavoratori pubblici assenteisti. "Il ministro dovrebbe porsi la domanda di perché succedono cose di questo tipo e dove stavano dirigenti ed amministratori. Bisogna chiedersi - ha concluso - perché non applicano le regole che ci sono".
 

sabato 28 novembre 2015

PD E MOVIMENTO 5 STELLE, DOPO DUE ANNI, FANNO PROPRIO UN CAVALLO DI BATTAGLIA DELL'AGL, FIN DAL 2013: PREMI E GARANZIA DELL'IMMUNITA' AI DIPENDENTI PUBBLICI CHE DENUNCIANO IL MALAFFARE INTERNO

AGL: noi lo dicemmo e lo proponemmo sin dalla nostra (recente) nascita, in tanti articoli. Finalmente qualcuno ci ha ascoltato.E qui sarà interessante vedere cosa faranno i sindacati del Pubblico Impiego. Sicuramente avranno difficoltà ad avallare una norma che distrugge il castello di interessi sul quale hanno prosperato per decenni e in nome del quale hanno portato alla rovina economica i loro assistiti.

fonte: www.ilgiornale.it

Il fisco incoraggia i delatori: premi a chi denuncia i corrotti

Alla Camera la proposta di legge che invita i dipendenti pubblici a fare la spia sulle violazioni dei capi. Garantiti anonimato e bonus in denaro. Ed è allarme tra gli esperti


venerdì 27 novembre 2015

IL VANGELO SECONDO GIULIANO (CHE HA RAGIONE)

AGL: Bravo Ministro. Presa di posizione chiara e netta. Era ora che fosse detta la verità. Nulla a che vedere con Monti e la Fornero che avevano semplicemente insultato i giovani. Qui il Ministro indica una alternativa, un diverso criterio di giudizio. Anche la laurea non è indispensabile, non lo sono i bei voti. Conta ciò che uno sa e sa fare. Dovrebbero capirlo quei giovani del Meridione che ricevono un falso aiuto con voti superiori alle medie del nord Italia. Falso perchè può servire per superare i concorsi (ecco perchè la dirigenza pubblica è in gran parte meridionale) ma non per trovarsi bene, bensì frustrati nella vita (ed ecco uno dei motivi per i quali la PA italiana non funziona).L'ideale sarebbe abolire il valore legale del titolo di studio. Rendere elettive tante funzioni pubbliche e generalizzare lo Spoils-system. Significativo poi che tale punto di vista sia espresso da una persona proveniente da un'area culturale (la sinistra) che sui temi della scuola ha sempre sbagliato tutto. Forse è anche grazie a Poletti che la Scuola e l'Università italiana potranno emanciparsi: da assumifici e diplomifici, da pascoli per baroni e parentadi annessi a fattori di competitività e di messa in discussione di valori superati. E anche il Sud dovrebbe ringraziarlo.


 

Fonte: www.ansa.it

Poletti, 110 e lode a 28 anni non serve a un fico

Frase ministro scalda social. Finita idea lavoro in un posto solo

"Prendere 110 e lode a 28 anni non serve a un fico, è meglio prendere 97 a 21". Il ministro del lavoro Giuliano Poletti non ha usato perifrasi per dire come la pensa sui percorsi universitari dei giovani italiani. Incontrando gli studenti al salone 'Job&Orienta' della Fiera di Verona ha messo in chiaro che il mercato del lavoro non aspetta sempre chi si laurea a 30 anni.

E l'affermazione, che ha tra l'altro ricordato l'antipatico "choosy" (schizzinosi) con cui ministro Elsa Fornero aveva etichettato i ragazzi italiani, ha subito scatenato reazioni e polemiche sui social. "Lui aveva risolto così il problema: non s'è laureato" scrive qualcuno su Twitter. Ma c'e anche qualcun altro che ha difeso l'uscita a gamba tesa dell'ex presidente della Lega Coop - "È di moda insultare i potenti di turno, e spesso se lo meritano, ma penso che #Poletti abbia detto una cosa oggettivamente vera" dice un altro tweet. Perchè è meglio laurearsi con 97 a 21 anni? Perchè così, ha aggiunto Poletti, "un giovane dimostra che in tre anni ha bruciato tutto e voleva arrivare". "In Italia - ha sottolineato - abbiamo un problema gigantesco: è il tempo. I nostri giovani arrivano al mercato del lavoro in gravissimo ritardo. Quasi tutti quelli che incontro mi dicono che si trovano a competere con ragazzi di altre nazioni che hanno sei anni meno di loro e fare la gara con chi ha sei anni di tempo in più diventa durissimo". "Se si gira in tondo per prendere mezzo voto in più - ha insistito il ministro - si butta via del tempo che vale molto molto di più di quel mezzo voto. Noi in Italia abbiamo in testa il voto, non serve a niente". Il voto è importante solo perché fotografa un piccolo pezzo di quello che siamo; bisogna che rovesciamo radicalmente questo criterio, ci vuole un cambio di cultura".

E a proposito di cambi culturali, Poletti, dialogando con gli studenti delle superiori, ha cercato di sfatare altri 'miti'. "La storia secondo cui per 20 anni si studia, per 30 anni si lavora e poi si va in pensione è una storia finita" ha detto. "La storia secondo cui c'è un posto dove si va a lavorare, la fabbrica, è finita. Il lavoro - ha concluso - non si fa in un posto: il lavoro è un'attività umana, si fa in mille posti".
 

martedì 26 maggio 2015

AGL: AFFAMARE LA BESTIA? NON BASTA.MEGLIO UN BEL BY-PASS GASTRICO PER FARLE PERMANENTEMENTE PERDERE PESO.DISTRIBUENDO I SUOI 3 MILIONI E TRECENTO MILA KG. IN GIRO PER LA NAZIONE, IN IMPIEGHI PIU' PRODUTTIVI.E PER FARLA TORNARE AL PESO DEI SUOI VENT'ANNI

Dal sito www.corriere.it

Il libro e il bilancio) di Cottarelli

Diecimila sedi dello Stato
La spesa pubblica che ci soffoca

Inefficienze, enti che si moltiplicano e paradossi nel racconto del commissario alla revisione della spesa


«Ma se io avessi previsto tutto questo... forse farei lo stesso». La frase è nella pagina bianca che apre il saggio di Carlo Cottarelli La lista della spesa. La verità sulla spesa pubblica italiana e su come si può tagliare . Un viaggio nel ventre della Bestia che succhia le nostre risorse più preziose. La Bestia, è il messaggio dell’ex direttore del dipartimento finanza pubblica del Fondo monetario internazionale, chiamato nell’ottobre 2013 da Enrico Letta per prendere il posto di commissario alla spending review, già occupato da Enrico Bondi, non è invincibile. Certo, nemmeno per lui dev’essere stato facile affrontarla. Dire che c’era chi remava contro, per esempio, era un eufemismo. Basta dire che dei 17 gruppi di lavoro istituiti per 13 ministeri, oltre che Palazzo Chigi, Regioni, Province e Comuni, ai quali erano state chieste proposte di tagli, ben cinque non hanno mai completato il lavoro.
Della determinazione con cui Carlo Cottarelli ha affrontato per un anno e dieci giorni il compito di commissario alla revisione della spesa, dice tutto una strofa della canzone L’Avvelenata di Francesco Guccini: «Ma sei io avessi previsto tutto questo... forse farei lo stesso». La frase è nella pagina bianca che apre il saggio di Cottarelli in libreria da domani, pubblicato da Feltrinelli. Un libro, La lista della spesa. La verità sulla spesa pubblica italiana e su come si può tagliare , semplicemente sorprendente. Non ha sassolini da togliersi, l’ex commissario. Anche se un altro, dopo la freddezza con cui l’attuale governo ha accolto la fine della sua esperienza, l’avrebbe fatto eccome. Non lui.
Leggere il libro è come fare un viaggio nel ventre della «Bestia» che succhia le nostre risorse più preziose, ma condotti da una guida esperta che ne ha già esplorato le viscere. Così bene da sfatare anche le convinzioni più pessimistiche. La «Bestia», è il messaggio dell’ex direttore del dipartimento di Finanza pubblica del Fondo monetario internazionale chiamato nell’ottobre 2013 da Enrico Letta per prendere il posto di commissario alla spending review già occupato da Enrico Bondi, non è invincibile. Prima sorpresa...
Certo, nemmeno per lui dev’essere stato facile affrontarla. A cominciare dai fondamentali. Dire che c’era chi remava contro, per esempio, era un eufemismo. Basta dire che dei 17 gruppi di lavoro istituiti per 13 ministeri, oltre che Palazzo Chigi, Regioni, Province e Comuni, e ai quali erano state chieste proposte di tagli, ben cinque non hanno mai completato il lavoro.
C’entra forse la caduta del governo Letta, che probabilmente ha segnato anche il destino di Cottarelli. Forse. Ma di sicuro c’entra anche la reazione della pubblica amministrazione. E di quello che l’ex commissario chiama benevolmente il suo «complicato mosaico». Cottarelli racconta di averne scoperto le dimensioni grazie a una stima della Funzione pubblica. Da brivido.
Sapete quante erano alla fine del 2012 le sole sedi territoriali dei ministeri? Circa 5.700. Numero al quale si devono però aggiungere 3.900 uffici di enti vigilati dai ministeri. Per un totale di 9.600. Senza però che in quelle quasi 10 mila sedi del solo Stato centrale, per capirci una ogni 6.250 italiani, siano comprese le migliaia di caserme della polizia e dei carabinieri.
Il fatto è, spiega Cottarelli, che lo Stato delle Regioni è ancora organizzato sul modello delle 110 Province (abolite?) con i loro 117 capoluoghi. Il ministero dell’Economia, per esempio, ha 103 commissioni tributarie, 102 comandi della Guardia di Finanza, 97 uffici dell’Agenzia delle Entrate, 93 Ragionerie territoriali dello Stato, 83 uffici delle Dogane. La Giustizia, oltre a tribunali e procure, ha 109 archivi notarili. Il Lavoro, 109 direzioni. L’Istruzione, 104 uffici scolastici e 108 sedi del Consiglio nazionale delle ricerche. L’Interno, 106 prefetture e 103 Questure. Il Corpo forestale dello Stato, vigilato dall’Agricoltura, ha 98 comandi locali. Il ministero dei Beni culturali, 120 soprintendenze e archivi di Stato. Lo Sviluppo economico vigila sulle 105 Camere di commercio, che a loro volta hanno 103 Camere di conciliazione...
Le sovrapposizioni e le inefficienze sono incalcolabili. Basta pensare alle cinque forze di polizia, che occupano 320 mila persone: con un rapporto fra agenti in servizio e abitanti superiore a quasi tutti i Paesi europei, inferiore soltanto a Cipro, Macedonia, Turchia, Spagna, Croazia, Grecia e Serbia. Cinque apparati ognuno dipendente da un ministero diverso, per una spesa che nel 2014 ha toccato 21 miliardi. Cinque apparati, con cinque amministrazioni diverse, cinque burocrazie differenti, cinque gestioni indipendenti per acquisti, forniture, divise, manutenzioni. Cinque apparati, che stampano e diffondono cinque pubblicazioni...
Per non dire delle diseconomie allucinanti che un sistema pubblico così congegnato riflette negli acquisiti di beni e servizi. Ci sono 34 mila uffici che gestiscono ogni anno un milione 200 mila procedure: ciascun bando costa da 50 mila a 500 mila euro.
E poi gli enti pubblici. La «migliore ricognizione» che Cottarelli dice di aver trovato è un documento della Camera che ne elenca 198, ma solo per quelli nazionali. Una lista nella quale compaiono casi come quello dell’Aci, eletto dall’ex commissario a simbolo dell’assoluta necessità di un intervento radicale in questo campo.
La ragione è che l’Automobile club d’Italia gestisce il Pra con un compenso pagato dagli automobilisti nella misura di 190 milioni annui attraverso le spese di immatricolazione e cambio di proprietà dei veicoli. Peccato che il Pubblico registro automobilistico altro non contenga, definizione di Cottarelli, che un «sottoinsieme» delle informazioni dell’Archivio nazionale dei veicoli del ministero dei Trasporti. Nonostante questo, non si è ancora riusciti a unificare i due archivi: ed è la dimostrazione delle difficoltà che si incontrano ogni volta che si cerca di toccare un ente pubblico.
Per non parlare di un’altra fonte di sprechi e inefficienze. Apparati pubblici tanto numerosi e ramificati vorrebbero un’attenta gestione degli immobili, con una ristrutturazione radicale di spazi antiquati e costosi. Il Regno Unito l’ha fatto: ha speso 7 miliardi e mezzo di euro, ma ha ridotto gli immobili occupati del 45 per cento, gli spazi del 35 per cento e ha dimezzato i costi.
Noi, niente affatto. Gli edifici sono vecchi, gli spazi si sprecano. Eppure i costi «potrebbero essere enormemente ridotti con un’adeguata ristrutturazione degli edifici. Solo di affitto si spendono due miliardi l’anno...». Vero è, insiste l’ex commissario, che «anche senza ristrutturazione qualche risparmio non trascurabile si potrebbe ottenere con un po’ più di buona volontà e attenzione per le risorse pubbliche». Racconta Cottarelli di aver partecipato a una riunione al ministero dell’Agricoltura in una bella giornata romana di sole. I termosifoni ancora accesi andavano al massimo e faceva così caldo che si dovevano tenere le finestre spalancate. Quando l’ha fatto notare, gli hanno assicurato «che erano gli ultimi giorni di accensione...». E qui la Revisione della spesa si scontra con qualcosa di veramente duro. Le abitudini inveterate di un Paese nel quale, come ammoniva Tommaso Padoa-Schioppa, «il denaro di tutti è considerato il denaro di nessuno».
Per la cronaca, i diritti del libro di Cottarelli saranno devoluti all’Unicef .



giovedì 14 maggio 2015

IL VIDEO INTEGRALE DEL MESSAGGIO DEL PRESIDENTE RENZI SULLA SCUOLA

AGL: non è possibile, contemporaneamente, professare cultura e mandare i propri cervelli all'ammasso. A vantaggio di chi, poi? Di sindacalisti-pifferai che, in questi anni, hanno creato le liste dei precari per fare tessere sindacali in cambio di ricorsi al TAR agevolati.Sfruttando i sogni e le speranze di giovani laureati di un Sud tenuto nella miseria per fungere da serbatoio elettorale e di clientelismo sindacale, truffando soldi allo Stato con l'assenteismo e i trasferimenti, cercando di evitare l'insegnamento con la carriera e i distacchi sindacali. C'è ancora tempo (poco) per capire quali compagni di viaggio (politici e sindacali) conviene scegliersi. Poi sarebbe davvero preoccupante sapere che i nostri figli possano avere come guida persone così disorientate e ingenue. Allora davvero non potremmo più lamentarci della definitiva perdita di credibilità della scuola pubblica a vantaggio di quella privata con conseguenti futuri aggiustamenti della Costituzione. Perchè la scuola (come la Pubblica Amministrazione) è di tutti e non solo di coloro che arrivatici prima, vi hanno creato il proprio orticello o la propria bottega.

domenica 3 maggio 2015

SCIOPERO GENERALE SCUOLA 5 MAGGIO: VEDRETE CHE GLI SCHETTINI A CAPO DEI SINDACATI ITALIANI RIUSCIRANNO NELL'OBBIETTIVO DI FAR SALTARE L'ASSUNZIONE ANCHE DEI 100.000 PRECARI

L'ultima trovata di CGIL-CISL-UIL e degli autonomi: sciopero generale della scuola. Cosa otterranno i lavoratori?
Vediamo i precedenti grandi risultati in questi anni (specie dal 1993 in poi) dei sindacati confederali e dei loro “concorrenti” autonomi:

  • gli stipendi e i salari più bassi dell'Occidente capitalistico
  • pensioni da fame risultato delle riforme fatte da loro passare
  • il blocco ultra decennale dei contratti del pubblico impiego
  • uso stupido degli ammortizzatori sociali, col risultato di aver azzerato in Italia ogni ricollocazione , ogni mobilità da un posto all'altro, ogni risorsa per provare qualcosa di nuovo nel mondo del lavoro
  • aver convinto l'opinione pubblica che i risultati delle lotte degli anni settanta siano un danno per il Paese
  • incapacità a impedire gli scioperi selvaggi nei servizi pubblici
  • esclusione dei lavoratori dalla partecipazione agli utili d'impresa e dal coinvolgimento nelle politiche aziendali e industriali
  • mancanza in Italia di un reddito di cittadinanza che contrasti la povertà
  • avere fatto perdere alla scuola pubblica la sfida, di immagine e competitività, nei confronti della scuola privata e di quella religiosa

Oggi loro , responsabili nell'aver indirizzato anni fa decine di migliaia di ormai ex giovani, prevalentemente meridionali, verso la scuola e l'insegnamento, intesa come valvola di sfogo occupazionale e , attraverso la mitizzazione dell'intellettuale organico, come strumento di fallita egemonia culturale nella società italiana, si trovano a dover dare alla scuola le ultime risposte urgenti a loro disposizione, senza avere più ministri disposti a fare da sponda e con migliaia di stabili e precari che già di fatto si sono tramutati in “insegnanti-massa” e quindi, prima o poi, destinati a finire in bocca a movimenti populisti che propongano loro finte rivoluzioni.

L'UNICO RISULTATO CHE SI OTTERRA' CON LO SCIOPERO DEL 5 MAGGIO SARA' DI RENDERE DEFINITIVO L'ISOLAMENTO POLITICO DEGLI INSEGNANTI STABILI E DEI PRECARI. L'ALTERNATIVA E' DIALOGARE E COLLABORARE CON CHI NON HA RESPONSABILITA' PER I DISASTRI PASSATI E SI SFORZA DI PROPORRE QUALCOSA DI NUOVO PER LA SCUOLA, PER RENDERLA ALL'ALTEZZA DELLE SFIDE DI OGGI (E NON DI QUELLE DEGLI ANNI OTTANTA) . E DI MOLLARE QUEI SINDACATI CAPACI SOLO DI DIRE DEI NO E CHE, COME SCHETTINO, SOLO UNA COSA RIESCONO A FARE BENE: ORGANIZZARE SPETTACOLI (SCHETTINO SULLA NAVE, I SINDACATI IN PIAZZA SAN GIOVANNI) PRIMA CHE LA BARCA AFFONDI.