Il libro e il bilancio) di
Cottarelli
Diecimila sedi dello Stato
La spesa pubblica
che ci soffoca
Inefficienze, enti che si moltiplicano e
paradossi nel racconto del commissario alla revisione della spesa
«Ma se io avessi previsto tutto questo... forse farei lo stesso».
La frase è nella pagina bianca che apre il saggio di Carlo
Cottarelli La lista della spesa. La verità sulla spesa pubblica
italiana e su come si può tagliare . Un viaggio nel ventre della
Bestia che succhia le nostre risorse più preziose. La Bestia, è il
messaggio dell’ex direttore del dipartimento finanza pubblica del
Fondo monetario internazionale, chiamato nell’ottobre 2013 da
Enrico Letta per prendere il posto di commissario alla spending
review, già occupato da Enrico Bondi, non è invincibile. Certo,
nemmeno per lui dev’essere stato facile affrontarla. Dire che c’era
chi remava contro, per esempio, era un eufemismo. Basta dire che dei
17 gruppi di lavoro istituiti per 13 ministeri, oltre che Palazzo
Chigi, Regioni, Province e Comuni, ai quali erano state chieste
proposte di tagli, ben cinque non hanno mai completato il lavoro.
Della determinazione con cui Carlo Cottarelli ha affrontato per un
anno e dieci giorni il compito di commissario alla revisione della
spesa, dice tutto una strofa della canzone L’Avvelenata di
Francesco Guccini: «Ma sei io avessi previsto tutto questo... forse
farei lo stesso». La frase è nella pagina bianca che apre il saggio
di Cottarelli in libreria da domani, pubblicato da Feltrinelli. Un
libro, La lista della spesa. La verità sulla spesa pubblica italiana
e su come si può tagliare , semplicemente sorprendente. Non ha
sassolini da togliersi, l’ex commissario. Anche se un altro, dopo
la freddezza con cui l’attuale governo ha accolto la fine della sua
esperienza, l’avrebbe fatto eccome. Non lui.
Leggere il libro è
come fare un viaggio nel ventre della «Bestia» che succhia le
nostre risorse più preziose, ma condotti da una guida esperta che ne
ha già esplorato le viscere. Così bene da sfatare anche le
convinzioni più pessimistiche. La «Bestia», è il messaggio
dell’ex direttore del dipartimento di Finanza pubblica del Fondo
monetario internazionale chiamato nell’ottobre 2013 da Enrico Letta
per prendere il posto di commissario alla spending review già
occupato da Enrico Bondi, non è invincibile. Prima sorpresa...
Certo, nemmeno per lui dev’essere stato facile affrontarla. A
cominciare dai fondamentali. Dire che c’era chi remava contro, per
esempio, era un eufemismo. Basta dire che dei 17 gruppi di lavoro
istituiti per 13 ministeri, oltre che Palazzo Chigi, Regioni,
Province e Comuni, e ai quali erano state chieste proposte di tagli,
ben cinque non hanno mai completato il lavoro.
C’entra forse la caduta del governo Letta, che probabilmente ha
segnato anche il destino di Cottarelli. Forse. Ma di sicuro c’entra
anche la reazione della pubblica amministrazione. E di quello che
l’ex commissario chiama benevolmente il suo «complicato mosaico».
Cottarelli racconta di averne scoperto le dimensioni grazie a una
stima della Funzione pubblica. Da brivido.
Sapete quante erano alla fine del 2012 le sole sedi territoriali
dei ministeri? Circa 5.700. Numero al quale si devono però
aggiungere 3.900 uffici di enti vigilati dai ministeri. Per un totale
di 9.600. Senza però che in quelle quasi 10 mila sedi del solo Stato
centrale, per capirci una ogni 6.250 italiani, siano comprese le
migliaia di caserme della polizia e dei carabinieri.
Il fatto è, spiega Cottarelli, che lo Stato delle Regioni è
ancora organizzato sul modello delle 110 Province (abolite?) con i
loro 117 capoluoghi. Il ministero dell’Economia, per esempio, ha
103 commissioni tributarie, 102 comandi della Guardia di Finanza, 97
uffici dell’Agenzia delle Entrate, 93 Ragionerie territoriali dello
Stato, 83 uffici delle Dogane. La Giustizia, oltre a tribunali e
procure, ha 109 archivi notarili. Il Lavoro, 109 direzioni.
L’Istruzione, 104 uffici scolastici e 108 sedi del Consiglio
nazionale delle ricerche. L’Interno, 106 prefetture e 103 Questure.
Il Corpo forestale dello Stato, vigilato dall’Agricoltura, ha 98
comandi locali. Il ministero dei Beni culturali, 120 soprintendenze e
archivi di Stato. Lo Sviluppo economico vigila sulle 105 Camere di
commercio, che a loro volta hanno 103 Camere di conciliazione...
Le sovrapposizioni e le inefficienze sono incalcolabili. Basta
pensare alle cinque forze di polizia, che occupano 320 mila persone:
con un rapporto fra agenti in servizio e abitanti superiore a quasi
tutti i Paesi europei, inferiore soltanto a Cipro, Macedonia,
Turchia, Spagna, Croazia, Grecia e Serbia. Cinque apparati ognuno
dipendente da un ministero diverso, per una spesa che nel 2014 ha
toccato 21 miliardi. Cinque apparati, con cinque amministrazioni
diverse, cinque burocrazie differenti, cinque gestioni indipendenti
per acquisti, forniture, divise, manutenzioni. Cinque apparati, che
stampano e diffondono cinque pubblicazioni...
Per non dire delle diseconomie allucinanti che un sistema pubblico
così congegnato riflette negli acquisiti di beni e servizi. Ci sono
34 mila uffici che gestiscono ogni anno un milione 200 mila
procedure: ciascun bando costa da 50 mila a 500 mila euro.
E poi gli enti pubblici. La «migliore ricognizione» che
Cottarelli dice di aver trovato è un documento della Camera che ne
elenca 198, ma solo per quelli nazionali. Una lista nella quale
compaiono casi come quello dell’Aci, eletto dall’ex commissario a
simbolo dell’assoluta necessità di un intervento radicale in
questo campo.
La ragione è che l’Automobile club d’Italia gestisce il Pra
con un compenso pagato dagli automobilisti nella misura di 190
milioni annui attraverso le spese di immatricolazione e cambio di
proprietà dei veicoli. Peccato che il Pubblico registro
automobilistico altro non contenga, definizione di Cottarelli, che un
«sottoinsieme» delle informazioni dell’Archivio nazionale dei
veicoli del ministero dei Trasporti. Nonostante questo, non si è
ancora riusciti a unificare i due archivi: ed è la dimostrazione
delle difficoltà che si incontrano ogni volta che si cerca di
toccare un ente pubblico.
Per non parlare di un’altra fonte di sprechi e inefficienze.
Apparati pubblici tanto numerosi e ramificati vorrebbero un’attenta
gestione degli immobili, con una ristrutturazione radicale di spazi
antiquati e costosi. Il Regno Unito l’ha fatto: ha speso 7 miliardi
e mezzo di euro, ma ha ridotto gli immobili occupati del 45 per
cento, gli spazi del 35 per cento e ha dimezzato i costi.
Noi, niente affatto. Gli edifici sono vecchi, gli spazi si
sprecano. Eppure i costi «potrebbero essere enormemente ridotti con
un’adeguata ristrutturazione degli edifici. Solo di affitto si
spendono due miliardi l’anno...». Vero è, insiste l’ex
commissario, che «anche senza ristrutturazione qualche risparmio non
trascurabile si potrebbe ottenere con un po’ più di buona volontà
e attenzione per le risorse pubbliche». Racconta Cottarelli di aver
partecipato a una riunione al ministero dell’Agricoltura in una
bella giornata romana di sole. I termosifoni ancora accesi andavano
al massimo e faceva così caldo che si dovevano tenere le finestre
spalancate. Quando l’ha fatto notare, gli hanno assicurato «che
erano gli ultimi giorni di accensione...». E qui la Revisione della
spesa si scontra con qualcosa di veramente duro. Le abitudini
inveterate di un Paese nel quale, come ammoniva Tommaso
Padoa-Schioppa, «il denaro di tutti è considerato il denaro di
nessuno».
Per la cronaca, i diritti del libro di Cottarelli
saranno devoluti all’Unicef .